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Con Mark Haber e il suo "L'abisso di San Sebastiano": tra ironia, nonsense e ossessione una presentazione goliardica nei meandri di una scrittura geniale

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L'abisso di San Sebastiano
di Mark Haber
Marcos y Marcos, aprile 2025

Traduzione di Marco Zapparoli

pp. 184
€17.00 (cartaceo)
€9,99 (ebook)

Torino, 25 settembre ore 18:00. Arrivo dinanzi alle bellissime vetrine della libreria La Gang del pensiero. Impossibile non rimanere incantati davanti all'assortimento incredibile e minuziosamente curato che si apre ai miei occhi. Sempre con la mia inconfondibile timidezza mista ad entusiasmo entro e ad accogliermi ci sono subito i Big: Andrea Bertelli, il padrone di casa, Marco Zapparoli, il fondatore della casa editrice Marcos y Marcos (organizzatrice della serata) e naturalmente lui, l'autore Mark Haber. Descrivere questa incredibile presentazione non è facile perché sono stata sopraffatta da un turbinio di emozioni, tutte assolutamente positive. Ma partiamo con ordine.

L'abisso di San Sebastiano è un'opera unica nel suo genere perché è come una matrioska. Ha così tanti livelli che farne una recensione precisa diventa arduo. Il romanzo infatti presenta una sua circolarità narrativa caratterizzata da nonsense, ironia e satira. Due critici d'arte, il Narratore (di cui non sapremo mai il nome) e Schmidt, quando erano dei giovani studenti di Oxford, scoprirono per caso un minuscolo quadro dall'imponenza artistica indescrivibile. Letteralmente, indescrivibile

L'abisso di San Sebastiano
di Mark Haber
Marcos y Marcos, aprile 2025

Traduzione di Marco Zapparoli
pp. 184
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

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Il quadro, il ripetutissimo L'abisso di San Sebastiano, diventa infatti fonte di studio unico dei due protagonisti che passano l'intera esistenza a studiarne ogni simbolismo e sfumatura. L'autore di questo dipinto, tale conte Hugo Beckenbauer, è poi un personaggio così surreale e pittoresco da essere egli stesso una vera macchietta grottesca. Da qui tutta la storia si dirama in molteplici riflessioni e considerazioni con al centro il già tanto menzionato dipinto. 
L'intera esistenza dei due protagonisti è volta infatti alla contemplazione dell'opera. Questo li porta ad allontanarsi dalla realtà, tanto che il Narratore verrà lasciato non soltanto dalla prima, ma anche dalla seconda moglie. Se da un lato c'è la severa e beffarda critica alla critica d'arte, dall'altro lato troviamo il binomio di amicizia e rivalità che anima i due studiosi d'arte. 
Il racconto prosegue poi di pagina in pagina in un crescendo di curiosità circa l'orribile cosa detta dal Narratore ai danni di Schmidt, che scopriamo fin da subito, essere in punto di morte. La fluidità con cui Haber ci racconto lo svilupparsi della sua narrazione è sorprendente: più si procede nella lettura, più ci si ritrova in un vero e proprio abisso da cui sembra impossibile uscire, se non grazie alle risate irriverenti che l'autore ci regala. La sua scrittura ricorda infatti l'ironia di Campanile e i paradossi di Beckett, risucchiando il lettore in un vortice di incredulità che la rende tanto ossessiva quanto geniale.
L’abisso di San Sebastiano, come tutti i capolavori, ha molte sfaccettature. È intriso di colore e insieme ne è del tutto privo. Non è un paesaggio, eppure è pastorale. Non è religioso, eppure è pieno di simbolismi religiosi: apostoli, iconografia, l’asino santo, un cielo squarciato da lampi divini. Tentare di descrivere a parole L’abisso di San Sebastiano è totalmente futile, da qui il fascino che L’abisso di San Sebastiano esercitò sudi me e sul giovane Schmidt quando ci imbattemmo in una piccola riproduzione dell’Abisso di San Sebastiano occultata nel nostro libro di testo a Oxford, alla Ruskin. Appollaiati su banchi adiacenti, Schmidt e io chiacchieravamo della fine del mondo mentre sfogliavamo quel libro di testo, un noioso tomo che dedicava un po’ troppa attenzione a Tiziano e all’Ermitage. Mi imbattei nella riproduzione dell’Abisso di San Sebastiano rintanata in fondo alla pagina e lì mi fermai, anche se a Schmidt piace sostenere di essere stato lui a imbattersi e soffermarsi per primo su quella riproduzione. (p. 43)

La presentazione del libro è stata all'insegna della goliardia. Marco Zapparoli, in veste anche di traduttore dell'opera, ha infatti anche brillantemente mostrato al pubblico in sala i prodigi creati dal romanzo, come l'acqua dell'Abisso di San Sebastiano e la "promessa" di pubblicare anche gli innumerevoli saggi scritti dai due critici protagonisti, tra cui spiccano Espiazione in paradiso, Il velo dell'asino (inedito) e I vangeli del conte Hugo

Una serata goliardica, ma anche molto curiosa. È stato bello infatti scoprire i più svariati retroscena della nascita e creazione di quest'opera, perché oltre alla finzione narrativa nel testo ci sono moltissimi riferimenti ad autori e pittori realmente esistiti. Conoscere l'autore, una persona squisitamente sarcastica, è stato poi un immenso piacere e con la sua infinita disponibilità mi ha anche concesso la breve intervista che segue.

L'abisso di San Sebastiano è un'opera pittorica immaginaria, eppure nel libro sembra reale: quanto conta, per lei, che il lettore creda nell'esistenza del quadro?

«Questa è una bella domanda. Nel libro ci sono, diciamo, due livelli di narrazione: una che è completamente legata all'immaginazione, l'altra che è invece legata alla realtà. Con questa storia ho cercato di farle coesistere al punto da intrecciarle simultaneamente. Il lettore quindi, anche se sa che il quadro non esiste nella realtà, è come se credesse che ci fosse realmente. Una sorta di paradosso».

L'arte, nel romanzo, non è mai solo arte, ma si fa critica, discorso, mito. C'è anche un forte  e contrastato legame di amicizia tra i due protagonisti, il Narratore e Schmidt. Crede che la rivalità sia un motore inevitabile tra intellettuali e artisti o un veleno che poteva essere evitato?

«Credo che la natura umana sia sempre molto competitiva. Certo dipende poi da individuo a individuo, ma nel mondo letterario così come in quello artistico, inevitabilmente c'è molta competizione. Il rapporto di amicizia che lega invece i miei due protagonisti è fatto di amore e odio: li definirei frenemies».

Il lettore percepisce la presenza ingombrante di questo piccolissimo quadro, ma visivamente è impossibile riprodurlo. Eppure, nonostante ci siano tantissimi dettagli legati ad esso, come l'asino, ad esempio, non si capisce realmente come sia dipinto. Nella sua mente è ben delineato?

«Ritengo che il quadro sia qualcosa di stranamente oscuro. Una contraddizione di elementi e colori che però cattura l'interesse dei due studiosi d'arte. Non l'ho mai realizzato fisicamente ma è stato molto divertente descriverlo e non descriverlo affatto».

Amicizia, sarcasmo, rimpianto e ossessione. Quanto c'è di Mark Haber nel suo romanzo?

«C'è molto di me in questo romanzo, per tantissimi aspetti e spero che il lettore abbia percepito anche un po' di Mark tra le pagine della narrazione».

Questa esperienza mi ha fatto capire quanto sia importante nella vita non prendersi troppo sul serio, ma invece imparare ad accettare i nostri limiti senza fossilizzarci su ciò che non conta. Per tutto il resto, basta una risata.

Carlotta Lini

Ringraziamo la casa editrice per l'invito all'evento e l'autore per la generosità nel concederci tempo.