Il cimitero delle storie non dette
di Julia Alvarez
Bompiani, 2025
pp. 272
€ 19 (cartaceo)
€ 11,99 (e-book)
Se fai emergere ciò che è dentro di te, ciò che è dentro di te ti salverà. Se non fai emergere ciò che è dentro di te, ciò che è dentro di te ti distruggerà. (p. 18)
Un cementerio, storie non dette, donne forti ma apparentemente fragili. Siamo a Santo Domingo nella terra natia di Alma, professoressa e scrittrice di successo che, dopo una brillante carriera e una promessa fatta a un'amica, decide di abbandonare la sicurezza degli Stati Uniti in cui ha vissuto per tutta la sua esistenza, per tornare alle origini. Il motivo che la spinge a cambiare così profondamente la sua vita è aprire un cimitero.
Un cimitero per umani o per animali? Questo si domandano gli abitanti del suo paese. Ma quello che Doña Alma intende costruire è più che altro un desiderio: quello di dare voce e spazio alle storie non dette. Le storie che l’hanno sempre accompagnata (a volte addirittura tormentata) e che non ha mai osato raccontare o scrivere, per paura di non dar loro il giusto spazio e il giusto tempo. Ma queste storie si rivelano essere, in fondo, quelle di ciascuno di noi. Il lettore diventa spettatore e ascoltatore, e pagina dopo pagina conosce e si affeziona ai tanti personaggi che rendono questa storia intrisa di realismo magico, un gioiellino di narrazione.
Il lettore fa quindi la conoscenza di Alma e delle sue tante sorelle, con cui lei non ha un rapporto così profondo, tant'è che si vedono solo in videochiamata; conosce l'eccentrica Brava, artista e vecchia amica della scrittrice che realizza le statue da esporre nel cimitero; poi incontra Perla e Filomena, altre due sorelle con un passato ingombrante che le ha schiacciate e divise per trent’anni. I fili narrativi sono tanti, come in un gomitolo destinato a srotolarsi e a trovare una sua linearità. I personaggi maschili sono per lo più dipinti come figure meschine, autoritarie, subdole e incapaci di amare. Le figure femminili, di contro, hanno invece una grande forza d'animo, che le spinge oltre i confini umani nel disperato tentativo di ricevere per una volta nella loro vita, un senso di equilibrio e stabilità che fin da piccole è stato loro negato. Perché le storie non dette non si rivelano a tutti ma solo a chi nel silenzio le sa davvero ascoltare.
L'autrice, Julia Alvarez, racconta con estrema umanità gli intrecci narrativi del suo romanzo, presentando personaggi in conflitto perenne tra ciò che è giusto e ciò va fatto. Nessuno è perfetto, ma tutti sono autentici, reali. I paesaggi dominicani anche grazie alla fedele traduzione di Marta Barone, fanno vivere al lettore i profumi, i gusti e le amarezze di quei luoghi, trascinandolo in un viaggio circolare quasi onirico, sospeso tra la finzione e la realtà.
Finire dove aveva iniziato avrebbe dato alla sua vita una piacevole simmetria. Avrebbe lasciato perdere la scrittura e sarebbe rimasta a mani vuote [...] lasciando che le paure e i turbamenti la attraversassero, cosa non facile per una persona con un mestiere così radicato che a non praticarlo le sembrava già di essere scomparsa. (p. 27)
Volgendo al termine della lettura tutto torna, anche i personaggi che ci sembravano più lontani e meno collocabili all'interno della narrazione, trovano un posto: il perfetto incastro. Per questo, personaggi come Papi o come Bienvenida, trovano spazio in una narrazione così fitta e ricca di caratteri e caratterizzazioni, tipiche della letteratura latinoamericana. Un'eco che ricorda gli sventurati protagonisti di Macondo in Cent'anni di solitudine di Gabriel García Márquez e che rimanda alla forza delle mujeres dei racconti di Isabel Allende. La famiglia, o meglio il sentimento che ci lega ad essa, qui è più che mai parte attiva del romanzo: tutto ruota attorno ad essa, alle sue sfaccettature e a come il destino a volte ci giochi brutti scherzi. Raccontare queste storie è come accudire un figlio, anche se non lo si ha mai avuto, e lo sanno bene le nostre anti-eroine, che proteggono la memoria anche a costo della vita.
Cosa resta di questa lettura? Resta un forte senso di gratitudine per la vita che abbiamo, per le possibilità che ci offre e per chi ogni giorno sceglie di raccontarcelo, a modo suo.
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