Il Tevere brucia
di Daniel López Valle
Blackie Edizioni, marzo 2025
Traduzione di Sara Papini e Valeria Possi
pp. 256
€ 18,90 (cartaceo)
€ 11,90 (ebook)
Immaginate di avere un amico – uno di quelli che non si limita a scambiare banalità, ma che vi rapisce con aneddoti storici sorprendenti, raccontati con la naturalezza di chi sorseggia una birra al pub, o durante una passeggiata apparentemente noiosa. Ma, diciamolo: non tutti sopporterebbero a lungo la compagnia di un intellettuale che, tra un sorso e l’altro, ci racconta che il commodoro della Marina degli Stati Uniti Matthew C. Perry sbarcò in Giappone nel 1853 e cambiò per sempre il destino del Sol Levante, o che la poetessa Anna Achmatova sopravvisse alla Prima Guerra Mondiale solo grazie alla poesia. Eppure, Daniel López Valle con Il Tevere brucia si rivolge a tutti, senza esclusioni, perché qui la storia non è un sermone, ma un invito a lasciarsi sorprendere dalla realtà, con la leggerezza e la profondità di una chiacchierata tra amici.
L’autore, noto per la sua passione sconfinata per la Storia e le storie, ha costruito un’opera che supera la mera cronaca o l’accumulo di dati. López Valle ci guida in un viaggio attraverso imprese dimenticate, momenti fatidici e capricci della storia che hanno cambiato l’umanità, ma lo fa con uno stile semplice, scorrevole e accattivante, capace di coinvolgere anche il lettore meno avvezzo alla saggistica storica.
Il fascino del libro risiede proprio nella sua capacità di rendere accessibili e vivide le vicende di personaggi illustri e meno noti, tutti accomunati da una straordinaria umanità, da epoche remote a quelle più recenti. C’è Marziale, poeta insoddisfatto, che si lamenta della sua sorte con un sarcasmo che ancora oggi ci parla. C’è Edda van Heemstra, meglio conosciuta come Audrey Hepburn, che nell’Olanda nazista danza ribelle, sfidando il buio con la leggerezza di chi sa che la vita è resistenza. E ancora, la faraona Hatshepsut, cancellata dalla memoria ufficiale, ma che sfidò le convenzioni del suo tempo. La genesi del detto “il dado è tratto”, che ci riporta al momento in cui Cesare, varcando il Rubicone, cambiò la storia con un gesto e una frase che «non se la sarebbe inventata nemmeno il miglior sceneggiatore di Hollywood», dice Lopez Valle a El Pais (El Pais, articolo di Xavi Sancho del 03 aprile 2024).
López Valle non si limita a narrare: costruisce un mosaico di vite e di eventi, dove l’assurdo e il tragico si intrecciano con l’epica e il grottesco rendendo Il Tevere brucia un’opera capace di emozionare e far riflettere. Come nella storia dei due dentisti, Peter King e Leslie Cuthbertson, che, stanchi della noia nell’esercito britannico, decidono di partire per la Francia per combattere i nazisti. O quella di Roald Dahl che, futuro maestro della letteratura per l’infanzia, parlò al telefono con Albert R. Broccoli, produttore dei film di James Bond. O ancora lo scozzese Aleksander Keith, considerato il pioniere del terrorismo moderno ma che voleva solamente truffare un’assicurazione, e quella dei due piloti che si combattevano in cielo ma, da amici, si abbracciavano sulla terra. Ogni episodio è una finestra aperta su un passato che non è mai davvero passato, ma che ritorna, sorprende, diverte e commuove. «La realtà è assurda e non ha senso, ma è reale perché la vivi», dice ancora l’autore a El Pais, e questa è la cifra della sua scrittura: un realismo poetico che non si accontenta della cronaca, ma cerca il dettaglio che illumina il senso profondo dell’esistenza.
Nato a Elche nel 1983, López Valle è un narratore atipico, un divulgatore che rifugge la retorica e la mitizzazione della storia. Collabora con Blackie Edizioni già per i celebri “Quaderni di compiti delle vacanze per adulti”, dove l’apprendimento si fa gioco e curiosità.
Se c’è un limite nell’architettura de Il Tevere brucia, è forse la sua stessa ricchezza: la successione rapida di storie, la varietà di toni e registri possono disorientare chi cerca una narrazione lineare o un filo conduttore unico. Ma è proprio questa frammentazione a restituire il senso autentico della storia, fatta di mille voci, di mille destini che si incrociano e si perdono. L’autore non si preoccupa di “demitizzare” la storia – come lui stesso afferma, «la storia si demistifica da sola» – ma di restituirle la sua vitalità, la sua imprevedibilità, il suo essere, in fondo, un grande romanzo collettivo.
Inoltre, la prefazione di Massimo Polidoro aggiunge un ulteriore valore, inquadrando il libro in un contesto più ampio di riflessione sul senso della storia e della memoria, e sottolineando l’importanza di non dimenticare le storie minori che, in fondo, compongono il grande affresco dell’umanità.
Leggere Il Tevere brucia è come camminare lungo un fiume che, a ogni ansa, rivela un paesaggio nuovo: ora tragico, ora comico, ora meraviglioso. È la celebrazione dell’umano nella sua interezza, con le sue grandezze e le sue miserie.
Un libro che non solo si legge, ma si ascolta, si racconta, si porta con sé, come si fa con le storie migliori.
Olga Brandonisio
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