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Émile scuote la testa: niente ricetta. Lei insiste, vuole del laudano. Lui tace, riflette un momento, alla fine le rivolge quel sorriso disarmante, sincero e commerciale che più tardi sarà il suo marchio di fabbrica. La voce è dolce, le chiede di aspettare un secondo. Nel retrobottega prende acqua distillata, zucchero, colorante. Sulla bottiglia scrive parole difficili, dosaggi. Torna, porge il flacone alla signora, attenzione è molto pericoloso, due gocce al massimo. Il giorno dopo, la donna è di nuovo lì, vuole solo ringraziarlo, il rimedio è una meraviglia. (p. 36)
Il rimedio è uno specchio per le allodole, ma la signora si autoconvince che funziona. E in quel momento che Émile comincia a riflettere sulla forza dell'autosuggestione e a costruire un metodo che possa migliorare le vite delle persone. Il confine fra inganno e pensiero positivo è labile, e per questo Émile decide di non chiedere soldi per il suo metodo e naturalmente di non occuparsi di malattie gravi e patologie che potrebbero solo illudere chi le sta affrontando. Ma il suo metodo, dopo i primi incontri nel capanno della sua casa, diventa un vero e proprio successo. La famiglia è contraria, suo padre non capisce perché il figlio si sia messo in questa strana occupazione, ma non Lucie, che invece lo appoggia incondizionatamente. Lo ama e vede in lui un uomo che può migliorare la vita delle persone. Anche quando il lutto del primo e unico figlio li travolge, il loro rapporto resiste e diventa sempre più forte. Ma il metodo di Émile è una sua invenzione e quindi va sperimentato e costruito insieme ai suoi pazienti. Questi sono dapprima pochi e mal fidati; nel tempo crescono fino a farlo diventare una star.
Una, due, tre settimane. La porta si apre, il passo esita, si domanda a bassa voce, è qui? Le cose si mettono in moto. [...] Quattro, cinque persone al massimo, spesso sempre le stesse, quelle per cui polveri e pozioni sono troppo costose. Ma proprio per questo Émile si sente utile. E avverte l'affetto attorno a sé, più che mai. (p. 49)
Gli anni passeranno e il farmacista di Troyes diventerà, per l'epoca, una vera e propria personalità delle conferenze sull'autosuggestione. Ma qual è il suo metodo? E perché ha tanto successo? Semplicemente: ripetere una serie di frasi pensate per situazioni specifiche e che possano generare una reazione positiva, forte, intensa da parte di coloro che la stanno vivendo. Ma il farmacista va oltre, immagina un sistema che costituisce un percorso di automotivazione. Scrive un paio di libretti che stampa a sue spese e viene invitato ovunque, sia in Francia che all'estero. Anche Buckingan Palace si interessa alle sue cure, soprattutto il futuro Giorgio VI che è affetto da un imbarazzante balbuzie.
Ha sessantaquattro anni. È una star. La sua vita, ormai, è una lunga seri di conferenze, viaggi, malati in fila davanti a casa. Ogni giorno gli arrivano decine di lettere. Risponde. Incoraggia. Spiega. Ordina. (p. 126)
Successo inarrestabile fino alla morte. E il romanzo della sua vita, dall'inizio alla fine, ce lo racconta Étienne Kern, scrittore affermato, già vincitore del premio Goncourt con Il sarto volante, edito in Italia da L'Orma. Kern non entra nel merito dell'efficacia del metodo di Coué, ma svolge un compito ancora più delicato, ci racconta la sua vita, aprendoci le porte sulla visione di un uomo pieno di speranza e di spirito positivo. La sua personalità, descritta da Kern con il fascino della biografia un po' inventata, ci coinvolge fino a quando non arriviamo a pensare che il pensiero positivo e l'autosuggestione siano, in effetti, due possibili metodi per il nostro benessere. Poi ci accorgiamo che non sappiamo nulla di questo metodo, che lo abbiamo sentito in mille modi differenti, spesso superficiali; che vogliamo o meno approfondirlo, ci rimane una descrizione mirabile di un uomo davvero particolare.
Fulvio Caporale
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