[…]Oggi il mondo mostra una certa giustizia,una certa umanità,il loro grido è la mia vocee il loro sangue è il miobolle come la mano di una bambina amputata sulla terra.Siamo un buon mondo,governato da demoni bianchiPerché non diventiamo un solo mondo?Perché non cresciamo insieme?La mia voce, la vostra vocee il mio sangue, se accresce la vostra rabbia,ora è vostro.Insegnate ai vostri figliche il corpo della terra è uno,che i confini della terra sono un’invenzionee chi non rifiuta di uccideresarà ucciso facilmente.Fermate il fuoco sui nostri petti,fermate il fuocoperché possiamo seminarela nostra terrae nutrirvi.(pp. 97-99)
Questa è la poesia del giovane poeta palestinese Haidar al-Ghazali, che ha ispirato il titolo alla raccolta Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza edita dalla casa editrice Fazi. In questi versi scelti, così come negli altri componimenti del volume, possiamo sentire tutto il dolore, la rabbia e la speranza di un popolo che, in seguito agli attacchi israeliani in risposta al terribile atto terroristico di Hamas il 7 ottobre 2023, ha perso tutto, ma non la dignità e il bisogno di parlare attraverso le poesie. «Il loro grido è la mia voce» (p. 97) dichiara al-Ghazali, che si fa portavoce di un intero popolo ferito e sporco di sangue e di sabbia che chiede al mondo di fermare la distruzione e insegnare a tutti, in particolare ai figli dei «demoni bianchi» (cit.) - i potenti dell’Occidente, USA in primis - che la terra è una, non ha confini e siamo tutti uguali. È un grido di denuncia e di pace, perché non c’è altra via da percorrere se non quella della convivenza pacifica.
Come giustamente ricorda lo storico israeliano Ilan Pappé nella Prefazione, «La poesia è sempre stata una delle manifestazioni più importanti della cultura araba, sia alta sia popolare» (p. IX). La poesia ha una tradizione millenaria nel mondo arabo e riveste una funzione centrale nella cultura, molto più che nelle altre tradizioni letterarie. Nel mondo arabo la poesia è vista non solo come un’arte, ma come una forma di resistenza, di testimonianza e di comunicazione, è veicolo di memoria e di identità. Persino durante il periodo pre-islamico i poeti erano considerati delle vere e proprie celebrità e avevano un’influenza enorme sulla società. In un contesto come quello di Gaza, dove la vita è minacciata giorno e notte dalla violenza e dai bombardamenti, attraverso queste voci raccolte da Antonio Bocchinfuso, Mario Soldaini e Leonardo Tosti, la poesia diventa ancora più fondamentale. Leggendo queste poesie percepiamo la loro viva urgenza di lanciare questo “grido” per ricordare a tutti noi che sono umani, siamo umani. Le voci dei poeti gazawi sembrano provenire dall’inferno in terra. Scrive la poetessa Ni’ma Hassan, scrittrice nata a Rafah, ormai cumulo di macerie:
Una madre a Gaza non dorme…Ascolta il buio, ne controlla i margini, filtra i suoni uno ad unoper scegliere una storia che le si addica,per cullare i suoi bambiniE dopo che tutti si sono addormentati,si erge come uno scudo di fronte alla morteUna madre a Gaza non piangeRaccoglie la paura, la rabbia e le preghiere nei suoi polmoni,e attende che finisca il rombo degli aerei,per liberare il respiroUna madre a Gaza non è come tutte le madriFa il pane con il sale fresco dei suoi occhi…e nutre la patria con i suoi figli. (p. 19)
Ci sono poesie che parlano come e forse meglio delle immagini che vedo ogni giorno sui social da oltre un anno: lontane dal linguaggio dei giornali, queste parole sono testimonianza vissuta, parlano la lingua della sofferenza umana, del dolore fisico, di bambini che cercano di ricomporre il corpo del genitore saltato in aria con le bombe, di madri distrutte dal dolore, di nottate buttati in mezzo ai cadaveri martoriati. Sono esperienze estreme vissute da poeti e poetesse gazawi e dalla gente comune che vivono una realtà dolorosa e tragica oltre l’umana comprensione. I temi toccati dai testi sono molteplici: la perdita dei cari, la distruzione dei propri sogni e delle proprie case, il pianto per le giovanissime vite spezzate dai raid, il bisogno della memoria e l’importanza della propria identità. In questa tragedia ancora in corso, c’è ancora spazio per la speranza?
Ogni poesia riporta il testo tradotto in italiano a fronte e i poeti e le poetesse, tranne Abu Nada e Alareer uccisi nel 2023, «sono tuttora impegnati a sopravvivere all’assedio di Gaza» (p. 11). Sono proprio di Abu Nada i seguenti, toccanti versi, scritti nella notte dell’8 ottobre 2023 e che voglio trascrivere qui:
La notte della città è buia, tranne che per il bagliore dei razzi,silenziosa tranne che per il suono dei bombardamenti,spaventosa tranne che per la serenità della preghiera,nera tranne che per la luce dei martiriBuonanotte, Gaza. (p. 65)
È assordante il silenzio del mondo di fronte al massacro che si sta consumando a Gaza dopo il 7 ottobre, ripreso dopo una brevissima tregua: il dramma palestinese sporca di sangue una delle pagine più nere della storia mondiale. Nelle mie recensioni non ho voluto usare la parola genocidio - Pappé nella Prefazione non esita a usarla più e più volte - per le implicazioni politiche che essa comporta, pur riconoscendo la gravità della situazione. Credo che un linguaggio meno politicizzato aiuti a mantenere il focus sulle vittime e sulla necessità urgente di un intervento umanitario e di pace. La speranza di questa raccolta è quella di scuotere le coscienze dei potenti e della gente comune ancora tiepida di fronte al massacro di civili palestinesi, bambini e donne soprattutto: queste poesie sono dedicate a quei lettori che forse guardano i canali di informazione tradizionali i quali non mettono ben in luce il disastro che si sta consumando in Medioriente.
La bambina il cui padre è stato uccisomentre portava un sacco di farinasulla schienacontinuerà a gustareil sangue di suo padrein ogni pane.
È ancora al-Ghazali a scrivere, ma ci sono tantissime poesie degne di essere lette e che, giustamente, non possono trovare tutte spazio in questa recensione. Chiudo però con il pensiero degli autori di questa raccolta, Bocchinfuso, Soldaini e Testi:
La devastazione di Gaza continua a consumarsi nella totale assenza della stampa internazionale, ed è più gravemente silenziata dalla sistematica, minuziosa eliminazione di giornalisti e operatori del luogo. Incarcerati, rimossi, uccisi, i preziosi narratori di quel piccolo angolo di mondo sono vittime di un’oppressione tutt’altro che accidentale. […] Chi, da laggiù, trova ancora la forza di tenere una penna tra le dita merita tutta la nostra attenzione. […] Prendi queste pagine, tu che puoi: sfoglierai l’anima del mondo in frantumi. Prendila, ma con dolcezza, perché tra le tue braccia ti sorriderà (…). (pp. 9-10)
Forse queste poesie non serviranno a scuotere le coscienze dei potenti, chissà, ma esse parlano a noi. Sono testimonianza che impediscono al dolore di essere cancellato, che trasformano la sofferenza in memoria condivisa.
Questo volume è parte integrante di una lodevole iniziativa della casa editrice Fazi: ogni lettore che vorrà una copia contribuirà, comprandola, a sostenere l’ONG Emergency che sta assistendo la popolazione della striscia di Gaza con supporto medico e logistico. Anche per questa importante iniziativa abbiamo fatto un'eccezione trattando di poesia, pur avendo chiuso la rubrica apposita anni fa.
Marianna Inserra
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