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«Erano brave persone, no?»: la penna tagliente di Sara Mesa a servizio di una famiglia "normale"

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La famiglia
di Sara Mesa
La Nuova Frontiera, febbraio 2024

Traduzione dallo spagnolo di Elisa Tramontin

pp. 224
€ 17,50 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)


Quando si erano conosciuti, lei era fiera di lui. In effetti lo era ancora, a tratti. Le sembrava un uomo integro, intelligente, di sani principi e con una promettente carriera davanti. Questa, quella della promettente carriera, era un'espressione che Laura ripeteva ovunque, le suonava proprio bene. Grazie a lui, lei ora aveva la possibilità di emergere. Spiccare, tirar su la testa, erano altri modi per dirlo. (p. 47) 

Che romanzo! Apro così l'articolo, perché sappiate subito, se siete impegnati e avrete tempo di leggere solo la prima parte di questa recensione, che questo è uno dei romanzi sulla comunicazione e sui rapporti famigliari più brillanti, sconvolgenti e dolceamari usciti negli ultimi anni. Imprescindibile, insomma, se andate in cerca di storie che scavano nelle dinamiche famigliari, e le rappresentano senza spiegarci niente, lasciando a noi lettori il compito di analizzarle. 

Questo è un libro che non ha bisogno di titoli roboanti: La famiglia, Un amore (La Nuova Frontiera, 2021, con la traduzione di Elisa Tramontin) e Cicatrice (Bompiani, 2017, con la traduzione di Sara Cavarero) sono titoli tematici di grandi sobrietà, perché Sara Mesa fa della semplicità stilistica un'arma straordinaria per incidere storie nei nostri ricordi. 

Al centro, come dicevo, la comunicazione all'interno di una famiglia borghese: non è detto che i sentimenti, i pensieri e addirittura le parole rivelino davvero ciò che i personaggi sentono. La verità viene manipolata, perlopiù per sopravvivenza: 

Rosa raccontò la verità, se con verità si intende la realtà dei fatti esposti. Ma non fu del tutto sincera. Un alone di falsità ricoprì le sue parole, banalmente per il modo in cui le usò, per ciò che mise in risalto e ciò che occultò. Non era una manipolazione malevola: cercava consolazione come poteva, maldestramente. (p. 90) 

Perché l'ambiente domestico è rigido e poco accogliente, ma soprattutto perché si cerca l'approvazione del capofamiglia, benché ogni personaggio viva una fortissima lotta interiore e un moto di ribellione alle imposizioni di Damián, nominato perlopiù Padre. Se vista dall'esterno, la famiglia del romanzo pare legata dall'affetto e dalla condivisione di parecchio tempo insieme. Ma cosa direbbero gli altri, se sapessero che persino l'amore è dato per scontato dal capofamiglia, Damián, che ha un Progetto con tanto di maiuscola, ovvero un modello di famiglia a cui bisogna tendere, a costo di snaturare il proprio carattere? Così il tempo passato insieme in salotto, senza la televisione, non nasce dal naturale desiderio dei figli di trascorrere qualche ora coi genitori, ma da un'imposizione. E chi vorrebbe andarsene e fare altro, non può che tenere a bada il proprio desiderio, peraltro facendo i conti col senso di colpa. Perché tutto ciò che Padre sostiene è fatto "per il loro bene" e, dunque, chi desidera discostarsene si sente inadeguato.  

Ecco allora che se il primogenito, chiamato Damián come Padre, acquista peso, bisogna ingaggiare una lotta contro il suo girovita, senza alcun tatto. Se Rosa desidera leggere qualcosa, deve sempre trattarsi di un libro istruttivo e adatto alla sua età, non certo di un romanzo. Se l'ultimogenito, Aquilino, è un disegnatore di talento e ama fare buffe caricature, è necessario contenere la sua ironia, perché Padre pensa che questa sua propensione alla satira sia pericolosa (in realtà, non la capisce fino in fondo). E la nuova arrivata, la figlia adottiva Martina, deve subito essere introdotta alle abitudini famigliari: se vuole tenere un diario, non deve certamente chiudere il quaderno con un lucchetto; anzi, perché non scrive in salotto, insieme ai suoi fratelli e ai nuovi genitori?! 

Questi sono solo alcuni episodi che ci fanno capire quanto sia claustrofobica la vita dei figli; sappiate che  anche la consorte di Damián, Laura, non ha maggiore libertà, ma si è adattata più o meno alla visione del marito. Laura, detta perlopiù Madre, ha scelto di restare un passo indietro a Damián, di non fare carriera, e lascia che lui la ritenga sempre inferiore, secondo una concezione di famiglia lontana da qualsiasi idea di parità tra i coniugi. E, se dopo il primo figlio ha provato a sottrarsi alle sue attenzioni sessuali (più meccaniche, perché rispondenti al Progetto di avere più figli, che passionali), Laura a un certo punto si è arresa. E da un rapporto che aveva ben poco di consensuale è arrivata Rosa, la secondogenita. 

Se state provando un'istintiva pelle d'oca, sappiate che vi capiterà spesso durante la lettura, se anche voi sentite repulsione per un controllo genitoriale accentratore, impositivo e talvolta finemente manipolatorio. L'apparente generosità di Damián, che devolve parte dei suoi guadagni in beneficienza, ha ricadute importanti sullo stile di vita pieno di privazioni che impone alla famiglia. E nessuno può ribellarsi. Senza giusto mezzo, senza mai abbassare la guardia o cedere su una sua posizione, convinto che sia l'unica strada per raggiungere l'obiettivo di diventare una famiglia elegante e rispettabile. 

A rendere ancor più efficace la narrazione, Sara Mesa decide di attraversare gli anni raccontando singoli episodi significativi (senza mai rischiare di cadere nel romanzo a tesi, sia chiaro), affidati alla focalizzazione e alla narrazione di uno dei personaggi-chiave: si avvicendano un figlio dopo l'altro, la madre, ma anche una famiglia che abita lì vicino. La prospettiva plurima, che trasforma il romanzo in una storia corale, rifrange perfettamente il caleidoscopio di emozioni - molte scomode - che avvincono i personaggi e che non li rendono davvero liberi di essere figli, individui in crescita, adulti pacificati un giorno. E questo gioco di lasciare i personaggi liberi di esprimersi, senza che mai si cada nel giudicante, rende senza mediazioni autoriali la quieta irrequietudine e la disperazione soffocata dei protagonisti. 

GMGhioni