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Disturbi alimentari, rapporti omosessuali e ebraismo: un mix esplosivo tra due donne alle prese con appetiti e regole ferree in "Affamata" di Melissa Broder

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Affamata
di Melissa Broder
NNE, settembre 2023

Traduzione di Chiara Manfrinato

pp. 286
€ 18 (cartaceo)

Ero stata travolta e posseduta da qualcosa, da una sorta di fantasma che doveva avermi trasmesso Miriam, oppure da un demone che si era risvegliato all'improvviso dopo essere rimasto acquattato per anni. Non perdevo il controllo da quando avevo sedici anni. Credevo che quel demone fosse morto. (p. 62)
Casualmente, questo agosto è stato un mese all'insegna delle letture a tema: ho iniziato da Philip Roth con i suoi patemi intorno all'appartenenza alla religione ebraica per finire con questo testo di Melissa Broder, autrice statunitense molto conosciuta e prolifica, dal titolo Affamata (in inglese, Milk Fed).
Anche le due protagoniste di questo intenso romanzo sono ebree: la prima Rachel, riformata, mentre la seconda, Miriam, appartenente a una famiglia ebrea ortodossa praticante.
Questo particolare sarà di grande importanza all'interno della narrazione, perché lo scontro tra l'ironia e la causticità di Rachel e le rigide regole della famiglia di Miriam metterà i bastoni tra le ruote al loro rapporto.

Rachel lavora per un agente dello spettacolo a Los Angeles e soffre di un disturbo alimentare: conta ossessivamente le calorie di tutto ciò che mangia e beve, scandendo le sue giornate in modo rigido e meccanico in base ai pasti che si concede. Intanto è bersagliata da una madre instabile che le ha trasmesso la paura per il cibo e per le persone in sovrappeso. Cerca di controllare la sua vita e il rapporto madre/figlia attraverso l'assillo delle calorie, e ci riesce egregiamente, pur soffrendo come un cane, fin quando non incontra Miriam.
Eppure, in un certo senso, sembrava muoversi nel mondo più liberamente, magari non era proiettata in avanti, ma di certo andava più in profondità e più in alto, come in una serie di infiniti crescendo. mentre io pedalavo con foga verso il nulla, lei compiva la sua orbita senza affannarsi [...] Forse mi stava rimodellando a sua immagine e somiglianza, O forse ci stavamo rimodellando a vicenda. (p. 158)
Miriam è tutto ciò che non è Rachel: burrosa, un tripudio di curve, sicura di sé, ironica, leggera, spensierata. Mangia quando vuole, come vuole, e non si cura dell'opinione altrui. Di fatto, è obesa, e Rachel, incredibilmente per lei, verrà attratta proprio da questa sua caratteristica fisica: il pensiero di tuffarsi in quelle curve morbide e bianche (attributo che tornerà spesso nella descrizione del desiderio di Rachel nei confronti di Miriam, teniamo a mente il titolo originale del libro che si traduce, tra le altre cose, con "allattata", "nutrita di latte") scatenerà in lei una passione incontenibile. A forza di assaggi di yogurt, di cene in ristoranti cinesi kosher e di vecchi film al cinema, Rachel s'innamorerà perdutamente.

Il secondo cambiamento a cui Rachel andrà incontro riguarderà il suo rapporto col cibo: la presenza di Miriam la "costringerà" a nutrirsi in modo più sregolato, spezzando quel circolo malato in cui era incastrata, un circolo fatto di privazioni, punizioni e sudori freddi. A dire la verità, cadrà nell'eccesso opposto.

Il suo diventerà un flusso di coscienza: il rapporto tossico con la madre, col cibo, con i colleghi di lavoro, col proprio corpo, e persino con la famiglia di Miriam che la accoglierà come una figlia salvo tirarsi indietro appena avrà sentore del rapporto equivoco tra le due, è reso in modo molto realistico. 
Particolarmente focose sono le pagine dedicate all'amore fisico lesbico: Rachel e Miriam, lentamente ma inesorabilmente, finiranno a letto insieme e la descrizione delle "sette notti" è probabile che faccia venire le caldane a qualcuno (le ho trovate un po' E. L. James style, un po' troppo cinematografiche, ma di grande effetto, senza dubbio).
A condire il piatto, ci mettiamo anche incursioni del subconscio, bambole voodoo e sogni premonitori che sembrano frutto di un massiccio consumo di funghi allucinogeni. 

La scrittura di Melissa Broder è divertente, provocatoria, impregnata di desideri contrastanti. Un plauso alla traduttrice Chiara Manfrinato, che ha reso la sua voce, come dice lei stessa, fresca e corrosiva, candida e cinica. 
Il testo s'inserisce a pieno titolo nella collana "Le Fuggitive" di NN Editore: ne consiglio la lettura a chi ha visto Shiva baby, film disponibile su Mubi, oppure Unorthodox su Netflix (di cui esiste anche un libro di Deborah Feldman), o ancora a chi ha letto Il lamento del prepuzio di Shalom Auslander edito da Guanda e Grandangolo di Simone Somekh di Giuntina.

Deborah D'Addetta