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E se si conducessero ancora indagini "Alla vecchia maniera"? Il caso del commissario Botero di Paolo Roversi

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Alla vecchia maniera




Alla vecchia maniera. Il primo caso dell’Ispettore Botero
di Paolo Roversi
Giallo Mondadori, giugno 2023

pp. 224
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

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Paolo Roversi ci presenta il suo nuovo commissario, Luca Botero, che arriva dopo ben diciotto romanzi, molti dei quali premiati e in ordine di apparizione, dopo il giornalista Radeschi e la Profiler Gaia Virgili. Il primo giallo di questo commissario “sui generis” si svolge in un luogo molto caro allo scrittore: Milano.


La città, raccontata nei giorni dell’Expo del 2015, è ancora una volta sfondo e pretesto per un delitto, che stavolta colpisce indistintamente fasce sociali più alte e qualche habitué del crimine. Una Milano insolita, perché svuotata da un evento che catalizza l’attenzione fuori dal centro e mette in risalto il silenzio surreale, quello che una volta doveva appartenere anche alla città che non dorme mai. Su questo gioco di contrasti, sul passato e sul futuro, su ciò che abbiamo perso, ruota tutta la struttura del romanzo.


La vittima è l’avvocato Lobascio, figlio a suo volta di un illustre avvocato. A questo omicidio ne seguirà un altro: un cliente coinvolto in loschi affari, che era appena stato assolto. Il movente dei due omicidi sembra lo stesso, ma sarà solo il fiuto e l’acuta capacità di osservazione di Botero a risolvere il mistero.


Cosa rende Botero così speciale? Il suo completo disinteresse verso tutto ciò che è tecnologico, la sua tecnofobia, che lo fa vivere come uno yuppie degli anni Ottanta, eccezion fatta per la vita sociale, totalmente assente, compensata dal grande amore per il suo fidato Duca, il cane con cui Botero intesse serrate conversazioni e a cui è dato l’onore di assistere alla preparazione dei suoi pranzi. 


Il resto della sua vita si svolge in una sezione staccata della squadra anticrimine, dove è bandito ogni mezzo tecnologico e sembra di tornare indietro nel tempo. Non a caso la sezione ha un nome speciale, Squadra Alfa, e a comporla sono colleghi che si tengono anch’essi lontani dalla tecnologia, ad eccezione della nuova collega, Carlotta Farina, che viene momentaneamente affidata all’insolito gruppetto, per svolgere un ruolo di raccordo con la questura. 


Il soprannome con cui viene apostrofato Botero è l’Amish, proprio per la sua estraneità ai metodi moderni e la sua rigida fede nei sistemi intuitivi di un tempo, in ossequio - probabilmente - al grande Sherlock Holmes e agli investigatori della narrativa di genere più canonica.


L’impostazione del giallo è da manuale, con un omicidio in apertura, grande cura al dettaglio, una figura di poliziotto con caratteristiche affascinanti e un passato controverso, un’aiutante scettica ma ben disposta, una serie di indizi disseminati in modo da dare ritmo al racconto. 


Nella vita di Botero c’è un prima e un dopo: prima dell’incidente causato da un pericoloso serial killer, ancora a piede libero, e che ha quasi ucciso il commissario, la vita dell’Amish era quella di un qualsiasi poliziotto del suo tempo. Risvegliatosi dal coma però, non ricorda più nulla, ogni cosa è andata perduta, a parte il suo cane, il suo amico Domenico e la fedele collega Roberta, che nutre per Botero sentimenti molto forti. Sono questi i suoi pilastri e anche coloro che hanno dovuto aiutare il commissario a ricostruire la sua nuova vita, ancora intrappolata nel passato.


Ancora una prova da maestro per Roversi, che nel solco della Milano criminale di Scerbanenco si conferma un giallista di razza e ci regala un’indagine che sa di Amarcord, che si svolge tutta alla vecchia maniera, rispondendo un po’ alla domanda che in molti oggi si pongono: Come si arrivava alla soluzione dei vecchi casi senza la tecnologia? La risposta sembra scontata, ma non lo è. C’erano i poliziotti di intuito e si studiavano le prove, si faceva caso alla sostanza delle cose e non alle facili interpretazioni e soprattutto c’era la qualità del materiale umano e su questo si basavano gli scrittori in grado di valorizzare l’indagine e il suo svolgimento, come lo stesso Roversi ci dimostra.


Samantha Viva