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Aprirsi al mondo, senza rinunciare a una nuova possibilità di essere felici: "L'eleganza del riccio" di Muriel Barbery

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L'eleganza del riccio
di Muriel Barbery
Edizioni E/O, 2014

Traduzione di Emanuelle Caillat e Cinzia Poli

prima edizione originale: 2006
pp. 318
€ 10,90 (edizione tascabile)
€ 8,99 (ebook)


È vero che i numeri non sono tutto, ma sarebbe da sciocchi non domandarsi cosa abbia generato  quei tanti zeri che accompagnano il numero di copie vendute di questo romanzo: oltre due milioni. Vero e proprio caso editoriale a livello internazionale, basta fare una ricerca veloce per scoprire che l'Eleganza del riccio ha già avuto più di 50 ristampe. E dire che questo è un bestseller sui generis, perché per tematiche e scelte stilistiche è tutt'altro che un romanzo da "cassetta". Eppure... Eppure il passaparola, i premi letterari, i librai che hanno creduto fortemente in Barbery, così come le case editrici in tanti Paesi hanno favorito la divulgazione di questo romanzo, che aveva già meriti letterari intrinseci. Vediamo cosa lo rende così lontano da qualsiasi accusa di banalità. 

LAVORARE COME PORTINAIA: UNA SPLENDIDA COPERTURA

Renée Michel sa bene che nessuno, nel palazzo alto-borghese parigino dove lavora, immagina la sua natura di intellettuale autodidatta: appassionata soprattutto di filosofia e di letteratura, non disdegna alcun libro che faccia pensare. Odia invece la televisione, eppure la lascia accesa, perché nessuno nel palazzo si possa far venire il dubbio di avere a che fare con una portinaia che rompa gli stereotipi del suo ruolo. Per loro è solo Madame Michel, una donna di aspetto non gradevole, sulla cinquantina, grigia e non degna di un secondo sguardo attento. Così, con questa copertura, Renée si sente libera di vivere nascostamente la sua passione per la cultura, ma anche di criticare la società, di sbeffeggiare con un po' di sarcasmo i vari condomini, di accarezzare il suo gatto in pace e di scegliere con chi aprirsi un po' di più. Ma sempre con grande circospezione.

UNA DODICENNE TANTO INTELLIGENTE QUANTO SOPRAFFATTA DALLA VITA

Tra gli inquilini, si distingue una seconda voce narrante, che si alterna a quella di Renée: è la piccola Paloma Josse, figlia di un Ministro della Repubblica. Sentendosi profondamente diversa dalla sorella Colombe, da cui vuole prendere nettamente le distanze, Paloma ha deciso che si toglierà la vita il giorno del suo compleanno, uscendo di scena a modo suo, con la speranza che gli altri capiscano ciò che non hanno capito fino ad ora. Che capiscano il suo valore, viene da sussurrare al lettore, mentre legge i suoi sfoghi. Molto sola ma profondamente interessata alla cultura, Paloma si informa su qualsiasi cosa, dallo strutturalismo alla cinematografia, ma la sua più grande passione è quella per il giapponese, lingua che sta studiando anche solo per leggere in lingua originale i suoi manga preferiti. Insomma, avrete già capito che Paloma è una sorta di specchio adolescenziale di Renée, e in effetti i parallelismi non mancano, sebbene le due, all'inizio del libro, non sappiano di avere così tanti aspetti in comune. 

LA SVOLTA VIENE DALL'ORIENTE 

In questa quotidianità che si reitera, ritmata dalle letture delle due protagoniste, irrompe una figura inattesa: nel palazzo di Rue de Granelle numero 7, dopo quasi trent'anni finalmente un appartamento viene venduto. E il nuovo proprietario è un uomo giapponese, Kakuro Ozu. Fin da subito Kakuro si mostra diverso dagli altri abitanti del palazzo: non è frivolo come la madre di Paloma, né si mostra scostante come la maggior parte degli inquilini. Generoso nell'offrirsi di tenere conversazioni in giapponese con Paloma, Kakuro mostra particolare interesse per Madame Michel: Kakuro capisce bene che dietro quella donna apparentemente scostante si nasconde un intero mondo, molto profondo, tutto da conoscere. Ma che c'è anche molto dolore in lei, e non solo per la morte del marito, avvenuta ormai alcuni anni prima.  

UNO SGUARDO SULLE DISUGUAGLIANZE SOCIALI

Mentre assistiamo a come questi tre personaggi principali si incontrano, dialogano ora su argomenti pratici ora su arte, cultura, cucina e varie discipline, Muriel Barbery trova infiniti trucchi per mettere in rilievo le disuguaglianze sociali tra i diversi personaggi del romanzo. Anche i personaggi secondari vengono sempre tratteggiati prestando attenzione alla loro estrazione sociale, alla situazione economica e alle prospettive per il futuro. Molte volte, l'autrice fa questo adottando un escamotage che evita qualsiasi rischio di moralismo, ovvero lascia che sia lo sguardo ironico, qualche volta sarcastico di Madame Michel a posarsi sui diversi personaggi e a connotarli. Ecco che così facendo il gioco di inquadramento avviene senza forzature, ma anzi con un sorriso dolceamaro nel rilevare come certi ruoli sociali siano immediatamente incasellati dall'opinione pubblica. Emblematica, a riguardo, la scena in cui Madame Michel, vestita di abiti costosi e bene agghindata, non viene riconosciuta dalle inquiline del palazzo. 

MURIEL BARBERY NON FACILITA LA VITA AI SUOI LETTORI (E IO LA RINGRAZIO)

Mi è capitato di chiedermi: davvero sta parlando di Kant? Di Tolstoj? Di fenomenologia? Insomma, all'interno del romanzo capita spesso di affrontare passi nettamente argomentativi, godibilissimi per i lettori che accettano di affrontare un romanzo ibrido, che lascia spazio alle dissertazioni tra sé e sé di Renée o ai pensieri profondi di Paloma. In parte questo deriva probabilmente dalla formazione di Muriel Barbery, che è docente di filosofia, ma a mio parere la scelta risponde a un deliberato divertimento per l'argomentazione spinta, anche provocatoria, spiazzante per i lettori. E io ringrazio Muriel Barbery, che ha saputo arricchire una trama già di per sé deliziosa in un romanzo a più strati, che attraversa i generi con la leggerezza di chi sa, con la sua penna, di potersi permettere qualsiasi cosa. 

E ora aspettiamo con ansia l'uscita di Un'ora di fervore, in libreria il 20 settembre per le edizioni e/o. 

GMGhioni