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Il processo ad Adamo e all'umanità: il racconto di Piero Scanziani in "Libro bianco" per Utopia Editore

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Libro bianco
di Piero Scanziani
Utopia Editore, gennaio 2023

pp. 312
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)


Recensire un libro come questo non è compito facile. E quindi questa non sarà una vera e propria recensione, ma più un racconto di ciò che Piero Scanziani, scrittore svizzero che ha un posto speciale nel catalogo di Utopia Editore, ci ha voluto dire.
Libro bianco pubblicato per la prima volta nel 1980, è la storia di un uomo, Pablo, e di altri milioni di uomini e donne che si ritrovano d'improvviso in un campo verde sterminato, nudi, soli, in attesa del grande Giudizio. Pablo in particolare, insieme a Ling ed Esel, rispettivamente un asiatico decrepito e una giovane donna africana, sarà chiamato in qualità di difensore di Adamo, Primo Uomo, davanti a un tribunale misterioso composto da cinque maschere. 
Non appena sveglio, lo smarrimento è grandissimo: Pablo sa di essere stato ucciso dal fidanzato della sua amante, ma non capisce se il luogo in cui è giunto sia un limbo, o il paradiso, o l'inferno. Sa solo che deve difendere Adamo dalle accuse della corte. Ma perché proprio lui? Perché è stato scelto tra la moltitudine? Mentre cerca di capirci qualcosa, scorrono le vite di molti personaggi, che raccontano i propri tormenti in vita, come sono morti, come hanno vissuto, provando a chiedersi perché sono finiti lì: avremo allora la principessa, il marinaio, il soldato, l'imperatore, il frate, la prostituta; tutti affranti, confusi, eppure fieri ognuno a modo proprio.
Attraverso la scrittura colta, aulica e barocca di Scanziani, la narrazione procede in due parti: la prima che segue Pablo e la moltitudine, la seconda che dà voce ad Adamo, costretto a difendersi davanti al tribunale e dunque a raccontare tutto ciò che è successo appena dopo la cacciata sua e di Eva dall'Eden.
Adamo affermava che soltanto le bestie possono morire, ma non l'uomo, figlio di Dio, destinato a ritornare nel paradiso perduto. (p. 149)
Ci viene dipinto un Adamo sciocco, cieco e stupido, che ha come unica missione di vita quella di tornare all'Eden. Ma Eva lo sa, sa che non c'è via di ritorno, che sono condannati a restare sulla terra, landa di dolore e sofferenza. Così li vediamo entrambi "vergini", ingenui, a fronteggiare un mondo sconosciuto, dove si ha fame, freddo, sete, dove ci si ferisce, dove gli animali non rispondono alle carezze, dove i frutti sono amari. Allo stesso modo Pablo ascolterà ciò che è successo: la nascita di Caino e Abele, il susseguirsi delle stagioni, la scoperta della morte e, contemporaneamente, della vita, la necessità di procacciarsi acqua e cibo, di fronteggiare bisogni, passioni indicibili nei confronti del sangue del proprio sangue, l'angoscia e l'assenza di Dio. 
Pablo, ascoltando il racconto della vita di Adamo, empatizzerà sempre più con lui, perché ha sofferto, perché ha amato, perché tutto ciò che desiderava era tornare a casa. Ling ed Esel, da parte loro, cercheranno di far aderire questo racconto alla propria vita, ed Esel soprattutto, che in vita era stata Vergine della foresta, agirà in modo sorprendente, quasi ribaltando la situazione.
Intanto la moltitudine si compatta, si separa, piange e ride, ma soprattutto cerca risposte e un viso amico. 
Non resistette all'angoscia, uscì dalla corrente [...] e si precipitò verso l'edificio, l'unico luogo ove avrebbe potuto comunicare con gli altri, magari con la maschera rossa, il luogo ove poteva sentire prossimi Ling, Esel, Adamo, Eva il solo luogo dove cessavano la solitudine e la moltitudine. (p. 78)
Si potrebbe dire che la parte del racconto intimo di Adamo sia quasi una parafrasi della Genesi, o meglio, un sequel: cosa sappiamo effettivamente di ciò che è successo dopo che Eva fu tentata dal Maligno? Scanziani cerca di darci una risposta, dando una voce e una personalità ben definita a ciascuno di loro, ad Adamo stesso, dipinto come un ignavo, a Eva, coraggiosa e madre, a Caino, il cacciatore violento, ad Abele che vede gli angeli, a Vea ed ad Ave, loro sorelle (i cui nomi sono anagrammi del nome Eva) le quali scateneranno le passioni dei fratelli, giusto per non smentire la questione che la donna sia innatamente tentatrice.
La fascinazione è grande: seguire le loro avventure da primi uomini e donne sulla terra è un viaggio anche per noi stessi. E ci chiediamo nel frattempo cosa deciderà la corte, se quel giudizio sia sul capo solo di Adamo o di tutti, cosa voglia dire quel "bianco" che il titolo cita. Scanziani spesso usa attributi come "pallido", "bianco" oppure parla di "bianchezze" e ovviamente lo fa quando ci descrive il paradiso, l'Eden, ma non solo: con questo aggettivo parla anche della madre di Pablo, figura sublimata dal personaggio e tanto amata, parla della sua voce mentre cerca di difendere Adamo, e del pallore della carne sua e di quelli come lui, alla ricerca dei propri simili, di un viso familiare, di un conoscente o, semplicemente, di qualcuno che parli la sua stessa lingua.
Allora il "bianco", a mio avviso, è il colore dello smarrimento, del ricordo, della comunione tanto ricercata e mai trovata. 
Scanziani scrive in modo forbito, molto elegante, e la lettura è per forza di cose più lenta, ma questo non è assolutamente un minus: è un testo che va centellinato, perché di libri così non se ne scrivono più molti.

Deborah D'Addetta