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Quando Shakespeare può sanare un dolore: "No boys play here" di Sally Bayley

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No boys play here
di Sally Bayley
Edizioni Clichy, 2022

Traduzione di Fabio Cremonesi e Micaela Uzzielli

pp. 240
€17,00 (cartaceo)
€8,10 (ebook)

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Il parallelismo tra vita e teatro è un tema che abbraccia svariate opere della letteratura ed è stato declinato nei modi più vari, al punto che risulta difficile trovare una chiave narrativa che non sia già stata utilizzata. È proprio per questo che dobbiamo dare merito a Sally Bayley per avere ideato un libro, scorrevole e leggero, in cui non soltanto il tema viene affrontato, ma diventa la base della struttura narrativa per un risultato finale di indiscussa originalità.

No boys play here è la seconda parte di La ragazza con la colomba, storia di formazione con la quale Sally Bayley aveva già conquistato migliaia di lettori. E in questo nuovo libro l’autrice raggiunge un livello di maturità ulteriore, riuscendo a realizzare in maniera vincente un connubio insolito ma felice: l’accostamento fra il tema dell’adolescenza, che richiama i romanzi di formazione più classici, e quello della potenza della letteratura. Si possono mettere vicino un’adolescente e Shakespeare? Sally Bayley ci dice di sì, ricordandoci che spesso gli adulti peccano di presunzione e sottovalutano la frenetica attività che si svolge nella mente degli adolescenti. Ecco perché abbiamo come protagonista una giovane ragazza che annovera fra le sue doti una straordinaria capacità di immaginazione e una naturale sintonia con i grandi classici della letteratura.

Per Shakespeare il mondo è un palcoscenico dove ognuno recita la sua parte, così scrive nel Mercante di Venezia. Ebbene, in questo libro è la mente della protagonista a diventare un palcoscenico luminoso e imprevedibile. Prima di parlare del contenuto dell’opera bisogna fare un passo indietro e ricordare che Sally Bayley ha alle spalle una storia personale molto particolare che emerge con potenza (e a volte con dolore) in questo libro. Affidata ai servizi sociali all’età di 14 anni, l’autrice ha dovuto fare i conti fin troppo presto con i vuoti lasciati nella sua vita da coloro che avrebbero dovuto proteggerla. Nasce così un memoir in cui Bayley ripercorre non tanto gli eventi della propria vita, quanto le strategie che la sua mente di bambina prima e adolescente poi ha messo in atto per fronteggiarli. La storia che ci racconta sembra dirci che per quanto la vita a volte sembri troppo difficile per le nostre forze, sta a noi deviare i colpi e incanalare le energie verso qualcosa di costruttivo (non dimentichiamo che Sally Bayley è diventata poi docente di inglese a Oxford).

Basta il titolo per fornire al lettore qualche suggerimento: No boys play here è una storia che parla di uomini, ma uomini che non ci sono, appaiono e si ritirano come figure evanescenti. Quando decidono di mostrarsi, portano con sé qualcosa di negativo, e in ogni caso rappresentano una velata minaccia. E quando si avverte una minaccia, la reazione non può che essere quella di armarsi e trovare il modo di resistere alla realtà o perlomeno provare a decifrarla. Più che il desiderio di evasione, è infatti la volontà di capire che spinge la giovane Sally ad avvicinarsi a Shakespeare: se i classici parlano a tutti, perché non dovrebbero essere in grado di fornire delucidazioni a una ragazzina alla disperata ricerca di strumenti per decifrare la propria quotidianità? Orientarsi nel mondo secondo i suggerimenti di Shakespeare diventa all’improvviso l’unica strada percorribile per non lasciarsi risucchiare dalla voragine lasciata dall’assenza degli uomini della sua vita.

Il risultato è un racconto che inevitabilmente strappa un sorriso. Si comincia con la presentazione del “cast”, ossia una breve descrizione dei personaggi che si incontreranno nel corso del libro (a partire dai Bayley, “la famiglia più strana che vi capiterà mai di vedere”) per arrivare a scene strutturate come vere e proprie rappresentazioni teatrali, in cui le parole di Shakespeare e quelle dei nostri personaggi si fondono in una combinazione ironica e brillante. Un’ironia spesso tagliente, che non si sforza in alcun modo di nascondere la sofferenza che i fatti si trascinano dietro. La letteratura non risolve, ma ammortizza e difende, e il lettore non può che lasciarsi avvolgere dalla tenerezza per una ragazza che si affida a personaggi di carta per proteggersi dal male. Certamente è un libro denso di riferimenti e citazioni che, se non si conosce molto bene Shakespeare, potrebbero destabilizzare. Forse in alcuni punti la lettura rischia di diventare macchinosa per questo motivo, ma in linea di massima la scrittura di Bayley scorre in modo fluido. Un libro senza dubbio imperdibile per chi vuole ripercorrere alcuni dei più celebri passi di Shakespeare osservandoli sotto una luce completamente nuova.

Alessia Martoni