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La conferma del talento di un autore amato da pubblico e critica statunitense, l'invenzione letteraria che si intreccia alle pagine più oscure della storia: "La terra d'ombra", di Ron Rash

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La terra d'ombra
di Ron Rash
La Nuova Frontiera, settembre 2022

Traduzione di Tommaso Pincio

pp. 256
€  18 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)


Ron Rash è un gigante della letteratura statunitense contemporanea e una delle voci più intense della narrativa del panorama attuale, capace di cimentarsi con risultati eccellenti in forme espressive differenti, forte di una grande capacità di storytelling e una voce autoriale ben salda. Scrittore molto apprezzato in patria da critica e pubblico, dallo scorso anno il suo nome si sta facendo strada anche in Italia grazie alla lungimiranza de La Nuova Frontiera e a Tommaso Pincio, suo traduttore, e di questo non potremmo essergli più grati. Più leggo Rash più mi è chiaro perché il suo nome stia di buon diritto accanto ai maestri della Southern Literature e, in generale, alle voci fondanti della letteratura statunitense, la cui tradizione è ben radicata nella scrittura e nell’immaginario di questo autore originario della Carolina del Sud.
C’è nelle sue opere il respiro dell’epica narrativa dei grandi romanzieri del Novecento, una tradizione cui Rash attinge per farla propria; la scrittura è vibrante, tesa tra lirismo e asprezza, velata di una profonda malinconia, scarna e misurata, i dialoghi quasi sempre essenziali, dove più delle parole sono i gesti a fare la narrazione.

Alcuni elementi si rincorrono come un fil rouge a legare le diverse narrazioni, tra romanzi, racconti, poesie: il ritratto di un’umanità dolente, spezzata, le piccole comunità e i segreti che custodiscono, l’ignoranza e l’emarginazione; il rapporto con la terra, l’asprezza del lavoro; l’acqua, che copre e cela per sempre segreti e colpe. Dopo il bellissimo Un piede in paradiso – che all’epoca dell’uscita avevo definito «un romanzo perfetto» e di cui sottoscrivo nuovamente ogni parola entusiasta della recensione – La nuova frontiera porta ora in libreria La terra d’ombra (The cove, il titolo originale), pubblicato per la prima volta negli Usa nel 2012 e che valse a Rash il Grand prix de littérature policière: sulle etichette di genere applicate a questo romanzo non mi ritrovo fino in fondo, ma di certo i libri di Rash meritano ogni riconoscimento possibile.

La storia di Lauren e del fratello veterano di guerra, confinati in una valle oscura ed emarginati da una comunità ignorante e ostile, si inserisce perfettamente nella produzione letteraria di Rash, tra occorrenze di tematiche e spunti e scrittura ben riconoscibile resa ancora una volta perfettamente dalla traduzione di Pincio. Racchiusa tra i monti Appalachi, adombrata dalla roccia che la sovrasta, c’è la valle in cui la famiglia si è trasferita molti anni prima in cerca di fortuna, ma l’ombra che avvolge quasi perennemente ogni cosa, insieme alle disgrazie che presto colpiscono gli Shelton, danno adito a sospetti e paure:
Nient’altro che una terra d’ombra, le aveva detto sua madre, convinta che non ci fosse posto più lugubre in tutta Blue Ridge. Un posto anche maledetto pensava gran parte della gente che viveva nella contea, maledetto da molto prima che il padre di Laurel acquistasse la terra. (p. 27)
Al di là dell’oceano la Grande Guerra incombe, la città è divisa tra veterani, reduci che al fronte hanno perso molto, e coloro che indossano una divisa per convincere altri a partire e combattere. La valle è «un posto maledetto», come maledette sono le persone che lo abitano, almeno secondo la gente della cittadina vicina; ed è soprattutto nei confronti di Laurel che si concentrano il sospetto, la cattiveria, l’ignoranza: additata come strega, maledetta, per via di quella voglia violacea che ha sulla pelle, per via del luogo dove abita, delle dicerie.
[…] la valle aveva impresso quel marchio su Laurel per dire che gli apparteneva. (p. 28)
Una malignità che si riversa su di lei fin da bambina, vessata dai compagni e costretta a lasciare la scuola dopo le proteste dei genitori, vittima di scherzi crudeli a ogni occasione in cui si presenta in città, isolata e guardata con sospetto. Più clemente la gente nei confronti del fratello Hank, almeno dopo che è tornato dal fronte francese come un eroe, segnato nello spirito e nel corpo, ora che ha un’occasione per cambiare la propria vita. Rimasti orfani, Laurel e Hank sono stati da sempre rifugio e appoggio l’uno per l’altra, contro il mondo che li ha odiati, contro la solitudine schiacciante delle loro vite. Ma ogni cosa sta per cambiare e il fragile equilibrio su cui si posano le loro vite viene messo in discussione, a partire dalle scelte che si presentano ad Hank e che ha rimandato a lungo di rivelare alla sorella.

Possibilità e scelte che sembrano essere sempre mancate nella vita di Laurel, emarginata e guardata con sospetto, isolata in quella fattoria a prendersi cura prima del padre invalido, poi rimasta sola mentre il fratello era al fronte.
Credo che non ci sia mai stata la possibilità di una scelta nella mia vita. Per la maggioranza delle persone non è così, qualche possibilità di scelta gli viene data o sbaglio? (p. 106)
Se per un attimo c’era stato nella sua vita un barlume di speranza, la possibilità di immaginare una vita diversa lontana da lì grazie alla sua predisposizione allo studio, ogni opportunità è spazzata via dal suo allontanamento dalla scuola; le lunghe ore solitarie, la durezza del lavoro alla fattoria condiviso con Hank, l’idea sempre più radicata di non avere scelta, sono messe in dubbio dall’arrivo nelle loro vite di un uomo misterioso, uno sconosciuto che non proferisce parola, ferito e in fin di vita. L’uomo sembra non possedere altro che un flauto d’argento, un poco di denaro e qualche oggetto misterioso. Laurel, da sempre abituata all’ostilità degli altri, prova pena per lo sconosciuto in difficoltà e non esita a prendersene cura e accoglierlo nella loro casa, nonostante l’iniziale sospetto di Hank. È l’increspatura sulla superficie, il dettaglio che smuove ogni cosa. Al lettore il piacere di scoprire una trama densa di segreti e colpi di scena, che si fa via via più urgente e drammatica, fino allo scioglimento dei misteri.

Il tono della storia narrata da Rash è già chiaro nel prologo – similmente a quanto avveniva in Un piede in paradiso – e l’acqua, decenni dopo sommergerà per sempre i segreti, le colpe, gli atti violenti di cui la valle è stata testimone muta.
Fissò le montagne e pensò a quanto fosse insignificante e fuggevole una vita umana. Quaranta o cinquant’anni, un batter di ciglio per quelle montagne, e non sarebbe rimasto alcun ricordo di ciò che era successo nella valle. (p. 231)
Ma nel momento in cui si svolgono i fatti, per le persone che sono coinvolte, tutto è prepotentemente importante e vivo, tutto ha un significato e le possibilità che si spalancano dinanzi a loro sul punto di realizzarsi. Con una scrittura tesissima che apre a squarci lirici e struggenti, Rash intreccia invenzione letteraria e fatti storici, che vanno dall’orrore della guerra, il clima di sospetto e violenza che avvolge gli Stati Uniti dell’epoca e alcune fra le pagine più ignobili della loro storia. È, ancora una volta, un nucleo di ignoranza e paura, sentimenti che si mischiano e che la storia anche recente purtroppo insegna hanno spesso esiti drammatici e violenti.

La terra d’ombra è un romanzo intenso, denso di metafore e spunti, tra cui risalta la brutalità degli esseri umani, e l’ombra non è solo della valle oscurata dalla roccia ma quella che sembra prevalere nel cuore di molti uomini, nelle conseguenze di certe scelte, nel peso della colpa e dei segreti che restano sommersi dall’acqua. Difficile fin da principio immaginare possa esserci consolazione per coloro che dalla valle tentano di allontanarsi e, ancora, l’ombra della paura e della superstizione resiste salda anche a distanza di decenni dai fatti narrati.
Ma tra quelle montagne, l’eco della scrittura potente di Rash ci ammalia, da un lato all’altro dell’Atlantico.

Di Debora Lambruschini