in

"E l'amore anche ha bisogno di riposo": il nuovo romanzo mitteleuropeo di Drago Jančar

- -
E l'amore anche ha bisogno di riposo


E l'amore anche ha bisogno di riposo
di Drago Jančar
La nave di Teseo, gennaio 2022

Traduzione di Darja Betocchi

pp. 400
€ 20 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Sonja lo fa un tentativo, magari riesce ad ottenere quello che desidera, si avvicina all’ufficiale e attira la sua attenzione chiamandolo con il suo nome in sloveno. Parlare in sloveno era vietato sin dall’occupazione tedesca di Maribor del '41, tutti gli abitanti del paese dovevano imparare e parlare solo tedesco. Anche la sua città di nascita non ha più il suo nome originario, ora è Marburg an der Drau, le insegne delle vie, dei negozi sono state tutte cambiate. Sonja conosce perfettamente il tedesco, lo parla fluentemente, lo ha studiato al liceo, ma questa è la sua unica opportunità per attirare l’attenzione di Ludek e salvare Valentin, il suo amato, rinchiuso in prigione per cospirazione. Ludek si volta sentendo chiamare il suo nome, è in divisa, in quell’uniforme grigia dei reparti delle SS. Risponde in modo secco, in tedesco, con aria di rimprovero verso questa iniziativa di Sonja del tutto fuori luogo. Anche la sua amica l’aveva esortata a compiere questo gesto sfrontato, fermare un ufficiale delle SS e per lo più parlargli in sloveno poteva portarla direttamente in prigione. Ma Sonja sa che carta deve giocare: il suo ricordo d’infanzia sulla neve del Pohorje con suo papà, Ludek lì l’aveva aiutata a rialzarsi dalla neve quando era bambina e ora vorrebbe essere nuovamente aiutata da questo ragazzo. L’amore per Valentin l’ha spinta forse un po’ troppo oltre alle sue reali possibilità. Ludek non è più il suo nome, ora è Ludwig. Ludwig si presterà a tale richiesta? Potrà mai davvero mettere in discussione la sua fedeltà al Reich solo perché una ragazza che ha aiutato in passato gli ha chiesto aiuto? Non è uno che si fa distrarre facilmente, è un ufficiale delle SS a disposizione del servizio di sicurezza SD a Maribor, un fervido nazista che non si fa scrupoli a segnare il destino delle vite dei prigionieri con una crocetta sui protocolli per decidere se uno di loro deve essere destinato alla fucilazione o alla deportazione in un lager. Tuttavia, Ludwig fa un pensiero alla proposta di Sonja, si sono incontrati in un locale, lei ha sfoderato il suo tedesco fluente, hanno parlato del padre e di quel giorno sulla neve. Il fascicolo di Valentin però non è mai passato per le sue mani, non conosce il motivo della sua presenza in prigione. Anche Valentin non riesce a comprendere perché Johann lo tortura per avere informazioni, perché è rinchiuso in una cella fredda, senza bere e mangiare, perché il suo amore per la sua nazione lo ha portato lì. Non aveva detto a nessuno che aveva iniziato a far parte della lotta partigiana, solo Sonja ne aveva ricevuto un indizio: tra i tanti scambi di lettere, colme di versi di poeti come Mácha, Rimbaud, Goethe, le lasciò scritti proprio i versi di quest’ultimo.
Ich ging im Walde            Nel bosco tanto per fare
so vor mich hin                da solo me ne andavo
und nichts zu suchen        e non cercare niente
das war mein Sinn            questo era il mio scopo
(p. 191)
Un giorno però, Valentin sente dei passi vicino alla sua cella, che non appartengono a Johann, non riesce a ricollegare il suono ai soliti rumori che sente ogni giorno, no, quel giorno sono diversi. L’indomani Valentin è libero, è libero di vivere la sua nuova vita, ma la prigionia non lo ha cambiato, deve giungere fino al Pohorje e imbracciare il fucile al fianco di Polde, combattente partigiano esperto. Sonja è sempre nei pensieri di Valentin, anche se dubita della sua influenza dopo la sua liberazione.
Era stanco ma leggero, pervaso da una sorta di euforia. Era così leggero e così libero che avrebbe potuto spiccare il volo e volare attraverso quello spiraglio tra le chiome degli alberi, sopra la valle, sopra l'ampio fiume, sopra la città, sopra la distesa di colline, sopra i vigneti dall'altra parte. (p.165)
In Valentin si potrebbero trovare somiglianze con l’autore stesso, Drago Jančar, nato a Maribor, è stato incarcerato durante il regime jugoslavo per la sua attività di editore e giornalista, ha poi vissuto in Germania, rientrando poi in Slovenia per sostenere l’indipendenza del suo paese. Queste sue esperienze caratterizzano questo romanzo, che ruota attorno anche alla lotta contro il totalitarismo, alla necessità di combattere per la libertà.

Sullo sfondo della Seconda guerra mondiale si intrecciano così le storie di Sonja, Valentin e Ludwig, uniti dalla sorte dettata da una guerra che ha straziato tante nazioni. Drago Jančar racconta la storia mitteleuropea di questi tre giovani personaggi seguendoli nelle loro scelte, destinati a combattere questa guerra, chi schierato con il nemico e chi non, esaminando le loro paure, le loro gioie, le più piccole sfumature dei loro animi.
La paura fracassa il guscio del mondo, la volta celeste della sicurezza, fa fuggire gli angeli, la paura irrompe nel tuo spazio, penetra fino al centro del tuo corpo, ti si accoccola sulla bocca dello stomaco, ti s'incunea nel cuore e ti rode dentro. Era così, quando chiamavano per nome, cuore e testa vuoti dalla paura. (p. 239)
L’incipit del romanzo segue una fotografia in bianco e nero di una strada di Maribor, dove sono visibili le insegne modificate dallo sloveno al tedesco. Lungo questa strada, tra la folla, passeggiano due ragazze, una con una gonna a scacchi e l’altra con i capelli raccolti in due lunghe trecce, in un angolo della fotografia si scorge una figura in uniforme, un ufficiale delle SS. Sfruttando questa immagine l’autore dipinge le caratteristiche di Maribor, ma anche dei primi personaggi introdotti nelle prime pagine: Sonja, la sua amica e Ludwig. Creando una cornice fondata su una documentazione della Seconda guerra mondiale, Jančar sottolinea così la feroce realtà della storia che sta per raccontare.

Attorno ai protagonisti girano poi le figure del padre di Sonja, Belak, dottore che, come può, aiuta un’infermiera donandole strumentazioni per aiutare i partigiani feriti; la madre di Ludwig, segnata dal trauma della perdita del marito, che rovescia tutto il suo amore materno nei confronti del figlio, lo aspetta la notte per assicurarsi che rientri per potergli servire la cena calda. L’amore è il filo rosso che collega i protagonisti di E l'amore anche ha bisogno di riposo, l’amore per la propria famiglia, l’amore romantico, l’amore per la patria, per un partito, per i propri ideali.
Non ci capisco più nulla, mormorò, cos'è giusto e cosa non lo è, cos'è il bene e cos'è il male. Se almeno venisse Sonja, lo chiederei a lei, lei mi ha salvato la vita. Pochi anni fa era tutto così semplice. Adesso invece è complicato. È necessario compiere il male per sconfiggere il male? È necessario. Se è amore quello che ha fatto Sonja, allora anche l'amore è una cosa atroce. Se non avessi amore, sarei... cosa? L'amore è terribile. Uccide. L'amore per la patria? Anche. Anzi, ancora di più. E cos'è alla fine tutto questo se non amore per la morte? (p. 306)
Così Jančar scopre i mille veli che avvolgono il complicato sentimento dell’amore, l’amore è anche spaventoso, guida i cuori a compiere atti spregevoli, ad uccidere senza rimorsi. Anche l'amore deve poter riposare e lasciare più leggero l’animo persuaso dalla passione.


Barbara Nicoletti