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La buona società non è per niente buona e decade senza onore e senza grazia: "Un matrimonio non premeditato" di Rebecca West

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Rebecca West Matrimonio non premeditato

 
Un matrimonio non premeditato
di Rebecca West
Fazi editore, ottobre 2021
 
Traduzione di Stefano Tummolini
 
pp. 398
€ 18,50 (cartaceo) 
€ 9,99 (ebook)

Non si è mai al sicuro dove sono i ricchi. (p. 238) 
Isabelle è una vedova americana: di origini francesi, dopo la morte del marito Roy, spericolato aviatore, è tornata a Parigi per vivere in quel bel mondo che le appartiene di diritto in virtù della sua straordinaria bellezza e del favoloso patrimonio. Non ci vuole molto perché lei venga risucchiata dall'ordalia di relazioni sessualmente appaganti, ma tossiche, dai pettegolezzi che soffocano la rete di scambi e favori e dalla generale volgarità di un mondo decadente. Per ripicca nei confronti dell'uomo che credeva di amare, concede la sua mano a Marc Sallafranque, industriale dell'automobile, e che è disposto a tutto pur di compiacerla. La tossicità del loro status che, quando va bene, è solo improntato alla noia e, quando va male, alle più dannose macchinazioni mostrerà a entrambi quando debole sia la natura umana e che nonostante la loro ricchezza non hanno modo di sfuggire a questa verità. L'essere umano, d'altronde, non è altro che una canna al vento, debole, anche se pensante.
Man is a reed, the weakest of nature, but he is a thinking reed. It is not necessary that the entire universe arm itself to crush: a vapor, a drop of water suffices to kill him. But if the universe were to crush him, man would still be nobler than what kills him. (Blaise Pascal, Thoughts)  
Il titolo in traduzione del romanzo di Rebecca West – il cui originale è The Thinking Reed – potrebbe trarre in inganno in merito all'argomento trattato. Un matrimonio non premeditato, da poco edito da Fazi Editore, ha nel matrimonio – quello tra Isabelle e Marc – la spinta d'avvio per una più ampia riflessione sulla società francese degli anni Venti, sul sistema economico che sembra vivere una spinta ascendente infinita a pochi anni dal crollo del '29 e sul vago, ma sempre presente, timore dell'ombra Rossa che si allunga dalla Russia.
Uomini e donne con cui la natura e la sorte erano state generosissime si ritrovavano a gareggiare ogni mattina sulle piste da pattinaggio, da sci o da toboga, dirottando ogni vitalità dal cervello ai muscoli. In quell'aria così corroborante, potevano passare ore e ore a scongiurare il rischio che un solo pensiero li attraversasse. (p. 146)
Attraverso la voce di Isabelle, Rebecca West non è tenera verso il mondo di privilegio e ricchezza di cui anche lei faceva parte. Una società popolata da donne pronte a svendere il proprio corpo al più ricco presente nella sala con offerte molto esplicite, come Petina, donna inglese dalla mente volgare e dal suo entourage di lady brutali quanto lei, pronte a richiedere qualunque tipo di favore e magheggio ogni volta che ne intravedono l'opportunità. Oppure languidi donnaioli come André de Verviers – con il quale anche Isabelle ha avuto una relazione – convinto che il suo fascino e la sua ricchezza gli possano consentire qualunque comportamento tossico in una relazione.
«Sei bella. La tua bellezza trascende a tal punto i confini del ragionamento, che di certo non mi servirà altro tempo per riflettere, prima di votarmi a quest'opinione. Dunque dichiaro qui, e adesso, che tu e io siamo lo stesso genere di persona, e che potremmo essere felici insieme». (pp. 27-28)
Così dice con uno sguardo ardente André a Isabelle. Quello che è importante, in questa società dedita al piacere e molto spesso sopraffatta dalla noia visto che le situazioni si ripetono uguali dalla Costa Azzurra ai salotti parigini con gli stessi pettegolezzi e gli stessi attori, è che tutto rimanga sotto la superficie; che non ci siano esplosioni volte a turbare lo status quo di questo Primo Stato che ricorda gli eccessi della corte di Versailles.
Lezione che Isabelle impara a sue spese perché, per quanto appartenente di diritto a quel mondo, ha spesso guizzi di insofferenza e l'unica possibilità di evasione è data da gesti quasi folli che non hanno però mai le conseguenze desiderate. Quando decide di rompere la relazione con André, calpesta pubblicamente le rose che le ha mandato suscitando, in lui, un moto di orrore per questa rottura della patina del loro mondo di bellezza e in Laurence Vernon, che lei sperava di sposare, ribrezzo morale. Quando, per salvarlo dal demone dell'alcol e del gioco d'azzardo, accusa Marc di una relazione extra coniugale, la scenata si risolve nel più tragico dei modi. 
Perché Isabelle ha davanti a sé un costante memento di quanto avviene quando la forbice sociale si allarga in maniera incolmabile: Luba, principessa Couranoff, è riuscita a scappare dalla Russia della rivoluzione portando con sé la nostalgia per le feste il mondo privilegiato della nobiltà russa e si è ritrovata senza mezzi di sopravvivenza se non lo sfruttamento della propria bellezza al servizio del ricco amante di turno. Così nobile d'animo e delicata, quasi fuori dal tempo, Luba sembra una messaggera di quanto avverrà da lì a poco quando i grandi capitali si ritroveranno sbriciolati dal crollo del '29. 
Attorno a Isabelle e Marc si stringe sempre di più il cerchio di una società al tramonto e preme la nuova classe sociale, i self made men senza alcun retaggio come Monsieur Campofiore, funzionario di governo che tiene in scacco le aziende di Marc e non può impedirsi di provare risentimento verso chi ha tutto e non fa niente per meritarselo.
E che, per quanto s'impegnasse, la merce tra cui poteva scegliere sarebbe stata di second'ordine, e la migliore sarebbe rimasta al padrone. (p. 109)
Riflette Isabelle notando con che cupidigia il funzionario ammira la sua perfetta bellezza. Osservazione che non ha nulla dell'autocompiacimento, perché la sua bellezza – o il ben apparire – è solo uno degli elementi che servono per essere parte di quel mondo. Come se qualcuno volesse partecipare a una gara di scherma senza avere il fioretto.
Molto più concreto in termini di eventi e di storia di Harriet Hume (trovate qui la recensione), Un matrimonio non premeditato non delude gli amanti dello stile raffinatissimo di Rebecca West che costruisce tutta la narrazione sull'uso di similitudini pungenti, adatte a descrivere la situazione e a mostrare squarci ironici nell'osservazione del mondo. Non si salva nemmeno la religione visto che
le diedero uno sguardo da mercante, solenne e mellifluo insieme, come se fosse stata una bara che bisognava portare giù alla svelta da una scala a chiocciola, ma che non rischiava di subire scossoni durante il percorso, essendo loro dei professionisti impeccabili, con infinita esperienza in materia. (p. 72) 
così la guardano i preti prima del matrimonio con Marc. Religione che si fa anche similitudine dell'ipocrisia visto che i loro amici del bel mondo, quando sono costretti a cambiare casinò per giocare d'azzardo sono
come dei fedeli che pur costretti a cambiare chiesa, mai contemplerebbero l'idea di saltare la messa. (p. 101) 
Una società in cui il matrimonio è un'altra convenzione, una necessità dettata dallo status o dalle ristrettezze economiche e che, esattamente come i sistemi economici, non garantisce sicurezza nemmeno ai belli e ricchi, parte integrante e fondamento di un mondo in declino.

Giulia Pretta