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Tra le anime rotte della Germania Est: perdersi dentro il "Labirinto Stasi" di Gianluca Falanga

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Labirinto Stasi
Vite prigioniere negli archivi della Germania Est
di Gianluca Falanga
Feltrinelli, 2021

pp. 416
€ 22,00 (cartaceo)
€ 12,99 (ebook)





Quando alla fine del 1991 guadagnarono l'agognato diritto di accedere agli archivi della Stasi, i cittadini dell'ex Germania Est poterono finalmente consultare i dossier che il Ministero per la Sicurezza di Stato aveva negli anni prodotto su di loro. Si ritrovarono davanti milioni di pagine e di vite annotate, origliate, spiate e in moltissimi casi distrutte da quella che vanta il primato della più estesa e vigile polizia segreta dell'età moderna. Fu un momento di drammatica consapevolezza, un grido collettivo dopo decenni di violenze e di silenzio: i cittadini tedeschi che ebbero il coraggio di entrare negli archivi si riappropriarono in un certo modo di quanto era stato loro rubato. Molti non riuscirono e non riescono tuttora a farlo perché è un gesto che porta con sé troppo dolore, tanti altri invece non possono più farlo perché la Stasi li ha trascinati via con sé da tempo.
Gianluca Falanga, studioso di storia contemporanea che vive e lavora a Berlino, già autore tra gli altri di Non si può dividere il cielo. Storie dal Muro di Berlino (Carocci, 2009) e Il Ministero della Paranoia, Storia della Stasi (Carocci, 2012), scrive ora la storia di tre fra questi cittadini che per primi lessero la sceneggiatura della propria vita ripresa dall'occhio del potere. Come sia vivere questa esperienza il lettore può solo immaginarlo. Noi che abbiamo il privilegio di vivere liberi non potremo mai a fondo capirne il significato. 

Labirinto Stasi ci permette l'ingresso nel vorticoso sistema di sorveglianza di una società socialista che è stata spiata e controllata per quarant'anni.
L'immagine del labirinto è l'idea che percorre tutta questa storia. Labirinti erano le esistenze dei cittadini della Repubblica Democratica Tedesca, sequenze di cunicoli senza luce e somma di impreviste direzioni scelte da un occhio invisibile e malvagio, e labirinti sono i luoghi in cui oggi si parla di tutti loro.
111 chilometri lineari di file cartacei, 41 milioni di schede personali, una quantità enorme di altri materiali fotografici, audio e video, oltre 15 mila sacchi ricolmi di documenti stracciati e parzialmente distrutti che oggi si cerca di ricostruire: questi sono alcuni numeri degli archivi della Stasi. Incalcolabile il costo in termini di vite, di fiducia e di futuro. 
In una serie di incontri e conversazioni avvenuti alla fine del 2019 tra Jena e Berlino, Falanga ha raccolto le vicende di Baldur, giovane tipografo della Turingia che nel 1958, a diciannove anni, è stato imprigionato per aver ricevuto e letto 1984 di George Orwell; Andreas, ventenne di Potsdam che nel 1986 è stato catturato dopo un tentativo di fuga dal Paese; Gilbert, nato a Görlitz, condannato al carcere per aver lavorato a uno studio sui punk di Berlino Est. Tre uomini, tre vite come tante, che qui spiccano per la loro paradigmatica testimonianza.
Nell'alternanza dei capitoli che li riguardano, l'autore costruisce un romanzo corale sulla vita nella Repubblica Democratica Tedesca raccontandone tutti gli aspetti chiave, dall'indottrinamento dei giovani ai metodi capillari di sorveglianza, dal reclutamento delle spie e dei delatori al controllo sulla cultura e gli intellettuali, dai traumatici effetti psicologici di questo sistema alle forme interne di ribellione. Il saggio mette in luce soprattutto le svariate forme di intrusione dello Stato nella vita del singolo attraverso sottili ma distruttive continue azioni di indebolimento dell'autonomia e della volontà. Danneggiamento della reputazione, insinuazioni, dubbi e sospetti reciproci, rottura degli equilibri familiari, generazione di insuccessi professionali: la polizia era programmata per distruggere l'esistenza in ogni sua dimensione, fino a fare smarrire le persone nel labirinto del controllo

Le tre testimonianze indignano il lettore e sono scritte con una propria impronta distintiva che non risulta tanto un tratto di stile, quanto più una forma di rispetto della singolare parabola umana di ciascuno.
La vita di Baldur si riflette nel capolavoro orwelliano in un gioco di specchi che meraviglia e sconvolge, quella di Andreas è per me la più commovente perché indaga nel profondo gli effetti del controllo statale e poliziesco sulle famiglie (negli archivi, infatti, lui scoprirà di essere stato spiato dal padre), quella di Gilbert è illuminante perché nelle parole e nell'azione di uno studioso rileggiamo tante delle espressioni più significative di quel tempo distopico. Ognuna dimostra i confini sottilissimi tra le vittime e i carnefici e ci insegna a coltivare la memoria e le sfumature di giudizio.
La lettura di questo saggio è labirintica a sua volta perché dopo ogni angolo c'è una potenziale nuova svolta buia e apparentemente si fatica per vedere la luce. In realtà alla fine si comprende come ogni pagina sia illuminata da una luce propria che è quella della lotta al male in nome di un'umanità che la letteratura e l'atto della testimonianza hanno sempre difeso. 
Dentro le anime rotte dalla Stasi c'è tutto l'orrore di cui è capace il potere umano, ma c'è anche la speranza di vincere la paura resistendole. 


Claudia Consoli