in

L'uomo come cibo del tempo: "Cronorifugio", il nuovo romanzo di Georgi Gospodinov

- -



Cronorifugio
di Georgi Gospodinov
Voland, 2021

Traduzione di Giuseppe Dell'Agata

pp. 320
€ 19 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)



Uno dei più straordinari racconti di Jorge Luis Borges, Funes, o della memoria, parla di un personaggio dalla memoria vertiginosa, infinita. Funes vive immobile dentro una stanza ma la sua percezione e la sua innata capacità di trattenere il mondo dentro il proprio ricordo lo spingono sempre al di là dell'orizzonte spaziale in cui si trova. Di tutto ha memoria e tutto contiene in sé. Non riesce a dimenticare. La sua è come una lunga notte insonne in cui il ricordo è talmente travolgente da non lasciare spazio a nessuna forma di riposo. Quando ho cominciato la lettura di Cronorifugio, il nuovo romanzo di Georgi Gospodinov, ho avuto subito l'impressione che il testo dialogasse nell'intimo con quello di Borges. E infatti, dopo qualche pagina, eccolo lì nominato: Funes. Perché l'autore lo dichiara anche nei ringraziamenti finali: "Si pensa di scrivere in solitudine, ma, nella nostra testa, siamo in continua conversazione con altre persone e altri libri."
Cosa hanno in comune il racconto di Borges e il nuovo romanzo di Gospodinov? Molte cose, ma la prima di queste è la costruzione letteraria del tempo come piano infinito. E su questo piano che scorre senza sosta si muove anche il lettore, in un progredire che a volte lo esalta, altre lo spaventa. Proprio come fa il tempo. 

Cronorifugio racconta la storia di Gaustìn, un bizzarro personaggio che i lettori di Gospodinov ricorderanno (impossibile dimenticarlo) e che attraversa le epoche come un viaggiatore errante. 
Ossessionato dal tempo e dall'effetto che ha sugli uomini, Gaustìn decide di inaugurare in Svizzera una clinica riservata a coloro che hanno perso la memoria. La clinica è il luogo in cui queste persone possono riappropriarsi di ciò che avevano e che poi gli è sfuggito tra le mani.
Nel luogo protetto di quest'istituto impossibile si crea un rifugio per chi è stato espatriato e condannato dal tempo a un altrove senza profondità, perché senza ricordi perdiamo spessore e umana tridimensionalità
L'io dell'autore, che ancora una volta entra ed esce dalla storia, segue Gaustìn - il personaggio da lui creato - in un rocambolesco viaggio tra i tempi del mondo. Ma mentre lo scrittore rimane in qualche modo estraneo, Gaustìn va a curiosare tra le dimensioni temporali riuscendo ad abitarle tutte. 
Come già nell'intenso Fisica della malinconia, Gospodinov tende verso il lettore un filo che somiglia a quello di Arianna: deve guidarci nel labirinto. A ogni angolo della memoria - o meglio della perdita di memoria - si spalanca una storia. A volte è la storia di un popolo, altre di un uomo, di una bambina, altre ancora di un libro o di una città (Sofia, New York, Sarajevo, Zurigo e tutte le altre "città invisibili"). Tutte insieme, queste storie, si legano in un processo non lineare che i lettori dello scrittore bulgaro riconosceranno come sua cifra narrativa distintiva. 
Eccolo di nuovo, Gospodinov, lo scrittore della malinconia e delle scatole cinesi ("Tutte le storie che sono accadute si somigliano, ogni storia non accaduta non è accaduta a modo suo").

Cronorifugio è un'ode al passato nelle sue varie dimensioni: come ricchezza e come condanna. Ci dice che dobbiamo essere un po' spietati nei confronti del passato perché lui lo è spesso con noi. Ci infetta, tira e ci fa male come una ferita che non guarisce.
Ma ci dice anche che per molti il passato è salvezza, è l'unico tempo possibile, il solo a essere sincrono rispetto al proprio ticchettio interiore. Da qui il rifugio del tempo, una stanza in cui questi esuli si possano sentire ancora a casa. 
In un ribaltamento speculare rispetto a Borges, Gospodinov racconta di personaggi che hanno una perdita di memoria che è infinita perché ha in sé tutta la malinconia e la perdita del mondo. 
Siamo creature fatte di memoria e quando il tempo ci scappa, noi scappiamo a noi stesse: 
Ci si rende improvvisamente conto di quanta memoria uno porti nel proprio corpo, cosciente e inconscia, a tutti i livelli. Il modo in cui le cellule si riproducono è anch'esso memoria. (p. 111)
Siamo "fabbriche di passato", scrive l'autore. Anche quando l'uomo se ne va il suo passato rimane.
Ma dove vanno poi a finire tutti questi passati? Dove vanno i giornali vecchi, i mobili delle case delle nostre infanzie, gli abbracci e gli amori consumati? Dove vanno a finire tutte le storie accadute e quelle non accadute? Queste sono le domande che sorreggono un libro pieno di meraviglia e di malinconia, altra cifra - questa volta stilistica in senso lato - di Gospodinov. 
Ancora una volta c'è tra le righe un invito potente all'empatia.
Cronorifugio sembra ricordarci che mentre il tempo ci mangia (letteralmente) a noi non resta che stringerci in un abbraccio, familiarizzando con l'esperienza degli altri e con la loro infelicità. Tra le pagine più commoventi ce n'è proprio una che parla dell'infelicità come dello stato che ci permette di creare l'epica, di costruire i palazzi, di cantare le nostre esistenze. Troia assediata, Orlando che sanguina, Ulisse che sogna Itaca, le armate che scendono in battaglia. Quanto è costruttiva l'infelicità degli uomini quando si sposa con il loro sentimento del tempo. 

Pagina dopo pagina il libro ci porta dentro le stanze della clinica, tra chi ha perso la memoria e chi la ricostruisce a modo suo. Tutti insieme questi piccoli uomini "cibo del tempo" formano una grande Biblioteca di storie (e sì, somiglia a quell'universo eccezionale che è la Biblioteca di Borges). Ancora una volta leggere Gospodinov mi regala quello stato in bilico tra il sogno e la veglia, quando tutto è disordine:
I romanzi e le storie danno un falso conforto di ordine e di forma. Sembra quasi che qualcuno tenga tutti i fili dell'azione, conosca l'ordine e la conclusione, quale scena viene dopo un'altra. Un libro davvero audace, audace e sconfortante allo stesso tempo, sarebbe quello in cui tutte le storie, accadute e non accadute, fluttuino intorno a noi nel caos primordiale, gridino e sussurrino, preghino e sghignazzino, si incontrino e separino nel buio. (p. 307)
Questo rappresentano la clinica della memoria di Gaustìn e il labirinto del Minotauro malinconico. Luoghi pieni di audacia dove si tocca con coraggio la materia scottante del tempo, dell'abbandono, dell'amore. 

Claudia Consoli