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"Borghetto del libro". Ritornare a incontrarsi in presenza all'insegna della qualità

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Borghetto del Libro.
Festa dell’editoria di qualità

4-6 giugno 2021
Borghetto sul Mincio

 

È una vera gioia per gli appassionati di libri (un po’ meno per i loro portafogli) poter tornare a incontrare autori e case editrici in presenza, specie se questo avviene in contesti accoglienti, che paiono fatti apposta per dar spazio al dialogo. A Borghetto sul Mincio, realtà già di per sé meritevole di visita, ha avuto luogo nei giorni appena trascorsi quella che è stata definita una “festa dell’editoria di qualità”. Ventisette case editrici indipendenti sono state scelte infatti per portare, oltre agli stand con i propri libri, anche la propria competenza e la propria specifica visione del mondo (e del mondo del libro in particolare), condividendola con il pubblico dei lettori. Il modo migliore per fruire della rassegna è allora forse proprio affidarsi a loro, agli appassionati, che raccontano volentieri a chiunque si fermi e abbia voglia e tempo di ascoltare qual è la filosofia della loro produzione editoriale, quali sono i titoli di punta e, senza tema di far danno, ti convincono che quei libri devono essere acquistati tutti e subito, con buona pace della pila ormai traballante in attesa sul tuo comodino. Per comprendere meglio il senso dell’iniziativa, abbiamo fatto qualche domanda ai direttori artistici, lo scrittore e critico Angelo Di Liberto e Gianmaria Finardi, editore di Prehistorica, promotrice di “Borghetto del libro”.

Il festival letterario di Borghetto punta molto sulla selezione dei partecipanti tra i piccoli e medi editori “di qualità”. Perché, in un mondo editoriale sempre più affollato, questa ricerca è necessaria?
ANGELO DI LIBERTO. Perché abbiamo sempre puntato sulla bibliodiversità. Una pluralità di saperi e punti di vista alternativi non possono che arricchire l’esperienza dei lettori e delle lettrici. Ma c’è di più. Mi riferisco alla difesa delle minoranze. In un mondo editoriale costellato da colossi si rende necessario far emergere talenti, voci potenti della letteratura che altrimenti rimarrebbero nell’ombra.

Quali sono quindi le caratteristiche a cui bisogna guardare?
GIANMARIA FINARDI. Nessun compromesso con la Qualità: questo è il primo principio, che ci ha guidato nella selezione delle case editrici. La selezione ha poi tenuto conto di un’esigenza: garantire un’offerta quanto più variegata possibile si lettori. Nella prossima edizione, con tempistiche più distese, punteremo ad ampliare il numero degli editori partecipanti.

Quali momenti e iniziative, all’interno del festival, consentono di valorizzare i testi più significativi per portarli all’attenzione dei lettori?
GIANMARIA FINARDI. Incontri con gli autori e con i traduttori, reading, letture collettive per i più piccoli. “Borghetto del Libro” si vuole innanzitutto una festa consacrata alla Bellezza, da condividere con tutti.
Gli acquisti dei redattori (foto di Marta Olivi)

Lo svolgersi dell’evento in presenza lancia un messaggio di speranza di cui c’era bisogno, dopo tanti mesi di sospensione di incontri analoghi. Quanto ha risentito il mondo dei libri di questa sospensione? Quanto è importante, per tornare a metterlo al centro della scena, puntare su eventi che valorizzino le buone produzioni rispetto a quelli più mainstream?
ANGELO DI LIBERTO. Abbiamo bisogno di riconnetterci, di riappropriarci di esperienze collettive, di ricongiungerci. Thomas Mann dice “di fronte alla verità lo scrittore deve essere vero”. Dunque noi puntiamo a passare da una ricerca di significato a un’esperienza del significato. Ecco il senso del tema della manifestazione “Connessioni”. Per farlo abbiamo scelto la diversità, il difforme. Se l’eccessiva semplicità è d’ostacolo alla conoscenza, la produzione “di cassetta” non scardina l’appiattimento al consumo di libri che non parlano al lettore ma che, al contrario, sono ruffiani. Per potere disarcionare l’acquiescenza al quotidiano sopravvivere c’è bisogno di una spinta propulsiva che induca chi legge a cercare forme di vita nuova.

Le parole degli organizzatori non fanno che confermare l’impressione di scambio e accoglienza nel momento in cui si entra nello spazio riservato al festival, un grande parco, con le sedie per le presentazioni disposte tra gli alberi e il fiume che scorre a un passo.
Una piccola menzione, nel campo degli incontri con l’autore, va al generoso Peppe Millanta, che ha presentato con leggerezza e ironia un volume uscito in realtà nel 2018, Vinpeel degli Orizzonti (recensito da David qui), che pare incarnare perfettamente il senso dello stesso Festival. La storia parla infatti di un mondo chiuso da cui pare impossibile uscire e dello slancio verso l’esterno di chi non riesce a smettere di sognare. Accompagnato dall’editore Neo, Francesco Coscioni, l’autore ci parla di un paese bloccato, di persone paralizzate nel loro presente per aver perso l’occasione della felicità. Uno spunto malinconico, apparentemente, legato a tutti quei momenti in cui “non riusciamo a darci attraverso il dirci” e abbiamo l’impressione che proprio quell’occasione persa fosse un unicum che non si ripeterà, condannandoci a un’esistenza di vuoti e rimpianti. Invece, ci ricorda Millanta, se si presta attenzione si ripresentano immancabilmente altri appuntamenti che possono essere colti. Il “pensiero digressivo” dell’autore diventa la cifra di ricchezza della presentazione, che riesce a parlare di ciò che circonda il libro molto più che del libro, facendo venire comunque voglia di comprarlo. Soprattutto perché quello di cui c’è bisogno in questo momento sono proprio racconti che “vibrino in maniera positiva”, che ci spingano a uscire dal confine delle nostre paure e a celebrare la vita e la felicità che ci attende dietro l’angolo. Nel momento in cui Peppe Millanta ha preso la chitarra e ha iniziato a cantare “Grazie alla vita”, nella versione italiana che riprende l’originale di Violeta Parra, mi sono predisposta con una certa rassegnazione a comprare il primo libro della giornata.

Carolina Pernigo