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Di incubi, rimorsi e ricordi: l'ultimo romanzo di Patrick McGrath, "La lampada del diavolo"

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La lampada del diavolo
di Patrick McGrath
La Nave di Teseo, 2021 

Traduzione di Carlo Prosperi

pp. 272
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

 

 

La creatura nel letto scoppia a ridere. Io ansimo seduto sulla bergère. Non riesco a immaginare come potrò di nuovo dormire in quel letto. (p. 88)

Patrick McGrath, ormai è risaputo, è un abile scrittore quando si tratta di scandagliare l’animo umano. I suoi romanzi e i suoi racconti si concentrano intorno a tematiche quali l’alienazione, le ossessioni, l’introspezione psicologica, i ricordi. Nel complesso, ha uno stile chiaro ma ricercato, che raramente manca il segno.

La lampada del diavolo, sua ultima opera portata in Italia dalla Nave di Teseo (ci sarebbe da aprire una discussione sulla traduzione dell’originale titolo Last Days in Cleaver Square ma non è questo il luogo), è un romanzo che, nel pieno stile di McGrath, tratta del ricordo e del rimorso. Nelle prime pagine troviamo il vecchio Francis McNulty che, prossimo alla morte, viene più volte visitato dal fantasma del dittatore Franco, anch’egli giunto al termine della propria vita nel 1975. Buona parte della narrazione trascorre nel tentativo di convincere gli altri personaggi (principalmente la figlia Gillian), e con essi il lettore stesso, della reale presenza del fantasma di Franco nell’abitazione di Francis.

E qui arriva il primo punto debole del romanzo: circa metà del libro, se non di più, viene letteralmente spesa in scaramucce fra il vecchio Francis e la figlia Gillian: quest’ultima insiste nell’affermare che il padre stia perdendo il senno, mentre il primo sostiene di essere tormentato dallo spettro del dittatore spagnolo. Ciò che poteva essere risolto in poche pagine viene trascinato per lungo tempo, al punto che viene da chiedersi quando la trama prenderà il decollo. Quando poi le cose si mettono in movimento, la domanda che sorge è perché un autore capace come McGrath sia ricorso a un espediente tanto blando e frivolo per rimandare di qualche pagina l’avvio della narrazione. Da lettori, non c’è realmente alcun motivo per credere che il vecchio Francis sia perseguitato dallo spettro di Franco, mentre più immediato è pensare che l’anziano provi rimorso per qualcosa accaduto tempo addietro, e che l’approssimarsi della morte del dittatore sia l’occasione per tirar fuori la polvere nascosta sotto al tappeto.

La trama principale, che di fatto ruota intorno allo scoprire gli eventi accaduti durante la guerra civile spagnola, occupa l'ultima parte del romanzo. Il resto viene speso in anticipazioni, rimandi, flashback, che tuttavia dopo la prima volta non aggiungono nulla alla storia, anzi il continuo ripetersi di informazioni sempre uguali risulta a tratti tedioso e frustrante. La diluizione della trama e la dispersione degli eventi fa sì che, quando si arriva al finale, l’impatto della rivelazione abbia perso di mordente. Difficile risulta a quel punto empatizzare, e tutti gli sforzi fatti per creare tensione risultano inconsistenti. D’altronde è inevitabile: nel mezzo della ricerca della verità, il lettore viene subissato di informazioni secondarie quali un matrimonio laterale, il continuo ricordare al lettore che, ai tempi, Francis McNulty è stato un discreto poeta, che durante la guerra ha salvato la vita a una bambina e che ora quella bambina vive in casa del protagonista. Questo è il tenore degli eventi che vengono riproposti come se fossero fondamentali per la trama quando, in verità, non lo sono affatto. Il romanzo funziona bene (anzi: funzionerebbe meglio) anche senza di loro.

In coda, una nota di carattere editoriale. Qualche refuso di troppo, un passaggio in cui la dimensione del carattere varia senza reale motivo e ben due occorrenze nelle quali l’impaginazione è saltata e il testo viene interrotto per poi essere ripreso qualche pagina, fanno pensare a una non molto felice cura. Come si dice in questi casi: ai posteri l’ardua sentenza.


David Valentini