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Scrittura, esperienza umana e ricerca cosmica: "Il telescopio della letteratura" di Alessandra Grandelis

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Il telescopio della letteratura
di Alessandra Grandelis 
Bompiani, 2021

pp. 176
€ 15,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Senza la letteratura forse la scienza avrebbe faticato un poco di più nel concepire e realizzare quegli strumenti e quei mezzi che avrebbero permesso all'uomo di staccarsi dal suolo terrestre, di arrivare all'atmosfera e poi a oltrepassarla per atterrare sulla Luna e mostrarla in diretta al mondo grazie alle telecamere in dotazione al modulo lunare. Le immagini, mediaticamente studiate, percorrono distanze siderali e approdano nelle case terrestri. (pp. 18-19)

Staccarsi dal suolo terrestre per approdare altrove è una tensione che l'uomo ha sempre nutrito in sé, coltivandola non solo attraverso le sperimentazioni scientifiche, ma anche attraverso le più disparate forme del pensiero artistico.
La letteratura è una di queste. Dai tempi più antichi dialoga con i mondi che stanno oltre la Terra permettendo all'essere umano di spingersi oltre, in una sovrapposizione di piani spaziali e temporali che moltiplica la nostra esperienza rendendola al contempo così umana e così cosmica
Il rapporto fecondo tra letteratura e scienza è al centro del saggio di Alessandra Grandelis, che svolge un'attività di ricerca sulla letteratura italiana contemporanea all'Università di Padova, occupandosi in particolare dello studio dell'opera di Alberto Moravia. 
Il telescopio della letteratura - l'affascinante titolo del volume - è quello che da secoli gli scrittori rivolgono verso gli spazi immensi del cielo alla ricerca di qualcosa che c'è ma non si vede a occhio nudo: altri pianeti, universi, forme di esistenza. 

In un fertile scambio di strumenti e mezzi espressivi, arte letteraria e scienza hanno insieme guardato oltre, lanciandosi nell'immensità del cosmo, a volte con slancio fiducioso, altre con sguardo dubbioso. 
Il saggio di Grandelis si concentra sulla letteratura del Novecento costruendo un ideale viaggio à rebours dallo spazio alla Terra in compagnia di alcuni dei grandi autori che si sono mossi, ognuno a proprio modo, alla conquista del cielo: Tommaso Landolfi, Dino Buzzati, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Primo Levi, Italo Calvino, Sergio Solmi, Andrea Zanzotto, Vincenzo Consolo, Gianni Rodari, Paolo Volponi e Guido Morselli. Se a loro sono dedicati i capitoli del libro, tanti altri nomi (da Ariosto a Parise, da Fruttero & Lucentini a Piovene...) compaiono tra queste pagine fitte di richiami intertestuali a simboleggiare come, strato dopo strato e influenza dopo influenza, i telescopi dei letterati abbiano comunicato gli uni con gli altri nell'indagine di un oggetto tanto cruciale quanto inafferrabile: l'altrove

Prendendo in esame il periodo che va dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta, di fatto la prima fase dell'era spaziale avviata nel 1950 con il primo congresso internazionale di astronautica di Parigi e conclusasi con l'ultima missione lunare sovietica del 1976, Grandelis mette a fuoco un momento fondamentale nella storia contemporanea.
La corsa allo spazio riflette i cambiamenti chiave e le nuove coordinate di un mondo che da un lato era lanciato con euforia verso la conquista di nuove prospettive, dall'altro era comprensibilmente dubbioso di fronte all'ignoto. È quanto mai vero, come scrisse Hannah Arendt nel 1963, che ogni passo avanti della scienza, fin dai tempi di Copernico ha avuto come risultato una diminuzione della statura dell'uomo. Gli uomini e le donne che nel cuore del Novecento presero a mirare lo spazio vi proiettavano, proprio come i loro antenati più lontani, decisivi interrogativi di natura antropologica: il senso della vita e della morte, la sopravvivenza dell'intera nostra specie, l'origine misteriosa di tutte le cose. Si avverte l'eco del pirandelliano Il fu Mattia Pascal, nel quale si legge che la Terra è solo "un granellino di sabbia impazzito che gira e gira e gira, senza sapere perché". 
In questa "storia e controstoria" della letteratura dello spazio (che secondo una certa corrente critica ha dei forti punti di connessione anche con la nascita del Postmoderno), nella quale naturalmente trova un ruolo decisivo l'allunaggio del 1969 (momento topico e mitico), prendono corpo come in unico canto tutti i cambiamenti della cultura e della società che si sedeva davanti ai neonati apparecchi televisivi per vedere per la prima volta ciò che fino a quel momento era stato invisibile. E i letterati erano lì, a raccontare l'invisibile.

Gatto immaginava che gli astronauti avrebbero trovato sulla Luna una montagna a forma umana per ricordare all'uomo i suoi limiti ma anche il suo potenziale. E sognava di vedere poi navigare sul Mare della Tranquillità, vicine dentro un'unica barca, tutte le persone a lui più care.
Moravia parlava della Luna come "meta finita e insieme infinita", ragionando anche sull'influenza del modello americano e sulla sua potenziale omologazione sovranazionale. 
Nel 1959, riflettendo sulla ricerca dei nuovi spazi, Landolfi scriveva che "se dopo Copernico gli uomini si sentivano tremare la terra sotto i piedi, oggi se la sentono sfuggire e dileguare" e Pier Paolo Pasolini ci consegnava negli anni Sessanta i commoventi Cantos del Cosmonauta:

Con questa furia conoscitiva,
nel cuore, io
volerò, astronauta,
nel mondo della Tecnica, 
nella Nuova Preistoria, 
dove l'uomo, finendo, ricomincerà [...]
Io sarò giunto oltre la Luna
intanto, oltre i pianeti del Sistema solare,
eternamente giovane, in altre Galassie, 
ai confini dell'Universo. 

Le vie della terra, che Pasolini definì "interrotte, o chiuse, o sanguinanti", si aprivano timidamente al cosmo, e sulle stesse strade si muoveva Calvino, intento a costruire la sua cosmogonia.
Le Cosmicomiche (1965) segnano un ulteriore salto in avanti nell’appropriazione di nuovi universi immaginativi e linguistici, mescolando astronomia, fisica relativistica e teoria dell'evoluzione. Dato scientifico e invenzione letteraria si uniscono in modo straordinario. 
Sempre a proposito di immaginazione, Gianni Rodari - padre della Fantastica come arte dell'inventare -  scriveva di pulcini cosmici in missione sulla Terra, cavalli di legno che diventano veicoli spaziali e signore che si trasformano in satelliti artificiali. Grandi e piccoli si lasciavano così vincere dallo stesso stupore.

Il telescopio della letteratura è una lettura suggerita senz'altro agli amanti e agli studiosi di critica letteraria, anche perché in certi suoi passi presuppone un substrato di conoscenze che sono importanti per cogliere riferimenti, prospettive, legami evidenziati nel testo. Nondimeno può essere utile anche a chi queste conoscenze non le possiede ancora, perché funge da mappa di orientamento in un cielo popolato da tante stelle e opere, fornendo spunti per poi approfondire. 
Il libro ha un altro importante elemento di interesse: nell'era della nuova Space Economy, mentre assistiamo a un nuovo Rinascimento spaziale governato soprattutto dall'intraprendenza dei privati, riflettere sulle implicazioni più profonde del nostro ricercare è cruciale per comprendere che cosa vorremmo trovare. Per noi stessi e per le generazioni che verranno. 
Se è vero che ogni corsa allo spazio è storicamente connotata, la tensione che vi è sottesa è astorica, perpetua. Siamo sempre fratelli e sorelle di Galileo che nel 1609 puntava il cannocchiale verso il cielo, nel nostro animo siamo le creature che fortemente desiderano. E, come ci ricorda l'etimologia latina, il desiderio punta sempre alle stelle. 

Claudia Consoli