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Se "l'anomalia" mette alla prova l'umanità tutta: il romanzo di Hervé Le Tellier

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L’anomalia
di Hervé Le Tellier
La nave di Teseo, 2021

pp. 362  
€ 20,00 (cartaceo) 
€ 9,99 (ebook)
 
Titolo originale: L’anomalie
Traduzione di Anna D’Elia


Ci sono certi libri per cui sarebbe bello non esistesse la quarta di copertina: libri da scoprire pagina dopo pagina, per valorizzarne l’intreccio, capire solo progressivamente l’intenzione autoriale. Così è per L’anomalia di Hervé Le Tellier, un volume stratificato, la cui complessità è impossibile restituire in poche righe e in cui la chiave del mistero, l’anomalia che sta alla base della trama, è un disvelamento continuamente rimandato. Nella prima sezione del volume iniziamo infatti a conoscere i protagonisti, immortalati in diverse tappe della propria singolare esistenza, più o meno rilevanti, ma in egual modo collocate in un periodo compreso tra il marzo del 2021 e la fine di giugno dello stesso anno, quindi in un presente che sa già di futuro prossimo. In comune, queste vite hanno un volo transoceanico da Parigi a New York avvenuto il 10 marzo, da tutti ricordato per una spaventosa quanto imprevista turbolenza, che ha fatto temere a passeggeri ed equipaggio per la propria sopravvivenza. Eppure l’aereo è atterrato felicemente al JFK di New York e ciascuno è andato avanti per la propria strada, pur non dimentico di quelle ore di paura.
L’opera si configura attraverso una serie di tasselli tenuti insieme da un filo inizialmente sottile e poi sempre più evidente, man mano che le sorti dei personaggi si intersecano intorno a un evento inspiegabile, l’anomalia del titolo. Niente di meno del resto ci si aspetta dall’autore, presidente dell’OuLiPo, che gioca sapientemente con il materiale narrativo muovendosi su più piani, attraverso diversi punti di vista, e costruendo un romanzo articolato e intellettualmente sfidante per il lettore.
La domanda primaria che sta alla base della narrazione è solo apparentemente semplice, e non è di natura scientifica: quanto può cambiare la vita di un essere umano in centosei giorni? Ci sono amori che finiscono e relazioni che nascono, sfide lavorative che vengono colte, famiglie che entrano in crisi, bambini che nascono, malattie che consumano, c’è anche chi sceglie di togliersi la vita, preda di un’improvvisa insensatezza. Centosei giorni non sembrano nulla, nell’arco di un’esistenza, sicuramente non nei tempi lunghi del cosmo. Eppure possono essere un tempo bastante per una divergenza, per un cambiamento seppur minimo di rotta, che allontana il soggetto irrimediabilmente dal punto di partenza. Questa discrepanza emerge a livello narrativo quando, il 24 giugno, tre mesi dopo la prima volta, sui radar del JFK ricompare il volo Air France 006, con lo stesso equipaggio e i medesimi passeggeri del 10 marzo, e chiede nuovamente di atterrare – inconsapevole del tempo passato, di una duplicazione che ha del fantascientifico. Per chi si trova a bordo, il tempo non è mai passato. Duecentoquarantatrè passeggeri aspettano di rientrare, nel mese di marzo, nella propria quotidianità, di tornare alle proprie famiglie.
L’anomalia verificatasi, alterando l’ordine naturale delle cose, mobilita innumerevoli interrogativi, coinvolge diversi campi d’indagine: la sicurezza nazionale e la politica, l’antropologia e la psicologia, la fisica, la matematica e l’astronomia, finanche la religione, considerando il pool di ministri di tutte le fedi convocato per trovare un punto di vista unitario – ma anche una legittimazione teologica e morale – dell’accaduto. Nell’esplorare tutti i diversi scenari, Le Tellier riesce a contaminare i generi, sfruttando con intelligenza lo strumento dell’ironia per disinnescare a tratti il dramma potenziale; basta pensare al ritratto caricaturale, costruito per somma di dettagli abilmente disseminati nel testo, del Presidente degli Stati Uniti, che si trova immancabilmente, di fronte ai diversi aggiornamenti, “a bocca aperta, mostrando una notevole somiglianza con una grossa cernia dotata di parrucca bionda” (p. 176). L’incontro telefonico tra i tre presidenti (americano, cinese e francese) è un capolavoro di satira sottile sulle relazioni diplomatiche internazionali.
Al tempo stesso, non si rinnega mai nel testo la serietà del problema di fondo: quello per cui l’umanità viene messa a confronto con se stessa e con le ragioni del proprio esistere e, in uno scenario troppo al di sopra delle sue possibilità di comprensione, deve fare i conti con la propria limitatezza, la propria fallibilità, le debolezze intrinseche del proprio senso etico.
Di fronte a una situazione inconcepibile, non è data un’unica possibilità di reazione: le soluzioni sono tante quante sono i personaggi coinvolti, e il libro sceglie di mostrarci le sorti di solo alcuni dei passeggeri del Boeing 787. Ciascuno affronta in modo unico l’incontro con il proprio doppio: chi ne è affascinato, chi si sente minacciato, chi finalmente si riconosce, chi vede una via di fuga da una realtà che calzava troppo stretta. In tutti i casi, il confronto con l’altro – che in questo caso coincide con un incontro intimo con se stessi, con uno specchio che assume improvvisamente un ingombro inedito – diventa occasione di rivelazione di aspetti di sé altrimenti ignoti e potenziale punto di rottura o di svolta esistenziale.
La forza del romanzo sta proprio nella scelta dell’autore di non dare risposte univoche e definitive, che del resto non potrebbero che essere poco plausibili. L’opera mostra un frammento dell’infinità variabilità dell’umano – e al tempo stesso chiama in causa la società nel suo complesso, indagandone le capacità di reazione all’incongruo. Formichina insignificante in un progetto che lo trascende, l’uomo può forse cavarsela in quanto individuo, scegliere per il meglio sulla base del proprio sistema di valori, ma non è detto che la collettività in quanto tale riesca a fare lo stesso. Lo dimostrano, nel romanzo, gli effetti (in alcuni casi drammatici, estremi) sull’opinione pubblica della notizia di un potenziale cambiamento di status dell’uomo nel mondo (addirittura nell’universo che crede di abitare), l’impatto di una “verità inedita, che rimette in discussione tutte le nostre illusioni” (p. 338).
L’anomalia, non a caso vincitrice del Premio Goncourt 2020, è un’opera dotta, piena di riferimenti letterari e culturali in senso lato che strizzano l’occhio al lettore avveduto, ma anche attenta alla descrizione del sentire dei suoi personaggi. 
Attraverso la figura dello scrittore Victor Miesel viene condotta anche una significativa riflessione metaletteraria. Perché Victor è l’autore di un romanzo intitolato L’anomalia che scaturisce dal trauma del suo viaggio in aereo sul Parigi-New York (rotta di marzo). Perché da questo libro sono tratte le epigrafi che introducono le diverse sezioni. Perché, soprattutto, nel suo processo creativo, il suo doppio (o è forse l’originale?) descrive l’operazione tentata dallo stesso Hervé Le Tellier nel volume. È nel suo sguardo che, nell’hangar in cui sono tutti tenuti sotto sorveglianza, si coagulano per un attimo le vite degli altri passeggeri, il desiderio di riunirle in un intreccio unitario che restituisca la loro verità:
Attraverso la figura dello scrittore Victor Miesel viene condotta anche una significativa riflessione metaletteraria. Perché Victor è l’autore di un romanzo intitolato L’anomalia che scaturisce dal trauma del suo viaggio in aereo sul Parigi-New York (rotta di marzo). Perché da questo libro sono tratte le epigrafi che introducono le diverse sezioni. Perché, soprattutto, nel suo processo creativo, il suo doppio (o è forse l’originale?) descrive l’operazione tentata dallo stesso Hervé Le Tellier nel volume. È nel suo sguardo che, nell’hangar in cui sono tutti tenuti sotto sorveglianza, si coagulano per un attimo le vite degli altri passeggeri, il desiderio di riunirle in un intreccio unitario che restituisca la loro verità:
Victor osserva tutte quelle esistenze sperse, tutte quelle ansie semoventi nella smisurata capsula di Petri di quell’hangar [...] senza sapere a quale affezionarsi. Si abbandona alla fascinazione per delle vite che non sono la sua. Vorrebbe sceglierne una, trovare le parole giuste per raccontare quella specifica creatura e arrivare a credere di esserle arrivato tanto vicino da non poterla tradire. E poi passare a un’altra. E poi a un’altra ancora. Tre personaggi, sette, venti? Quanti racconti simultanei accetterebbe di seguire un lettore? (p. 187)
Di verità in questo romanzo ce n’è tanta, perché al di sotto dell’espediente da cui scaturisce la trama, già di per sé di grande interesse, si rivela una meditazione profonda sulla contemporaneità che stiamo vivendo, sulla natura dell’essere umano, sul modo in cui, sotto pressione, riesca a dare il meglio o il peggio di sé. E la sfida che nel libro viene lanciata alla collettività rimane aperta anche dopo l’ultima pagina. Che poi questa riflessione sia veicolata da una trama serrata, che tiene avvinto il lettore fino a una conclusione totalmente inaspettata è soltanto una ulteriore conferma del valore dell’opera.


Carolina Pernigo