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«Quando, con le sue due figlie, varcò il cancello rosso, alzò la testa verso casa sua, e le fece paura. Ma dove poteva andare?»: "Questo giorno che incombe", l'atteso ritorno di Antonella Lattanzi

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Antonella Lattanzi Questo giorno che incombe



Questo giorno che incombe
di Antonella Lattanzi
HarperCollins, gennaio 2021


pp. 456
€ 19,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Sorvolando il Giardino di Roma, vedreste cinque palazzi uniti da un unico grande cortile, circondato da un cancello rosso e controllato dagli sguardi attenti di chi abita lì. Vedreste un casotto per le bici dei bambini, a cui non è neanche necessario mettere il lucchetto. Vedreste un gattino che è sfamato e coccolato da tutti. Vedreste tanti bambini correre e giocare nel cortile, sotto gli sguardi vigili dei condomini, che si conoscono tra loro e che non mettono nemmeno le tende alle loro finestre: non ci sono segreti. O almeno questo è ciò che i presenti vogliono ostentare.

Quando Francesca arriva lì con le sue due figlie, Angela, di quattro anni, e la piccola Emma, ha tanti sogni: suo marito Massimo ha appena vinto un posto come professore associato alla facoltà di Biologia e il trasferimento da Milano a Roma dovrebbe aiutare Francesca a realizzare il libro illustrato che ha sempre desiderato disegnare. Eppure. Eppure le prime crepe si vedono subito e in troppo bene, avvertiti forse dal fatto che nel prologo si allude a un evento drammatico etichettato sbrigativamente come "incidente", ma che riflette risvolti ben più inquietanti; e, dunque, fin da subito andiamo in cerca di ciò che romperà l'equilibrio iniziale.

Tanto per cominciare, niente si rivela essere il quadro tinto a colori pastello che tanto Francesca si prospettava: la donna prova una profonda solitudine nella ripetitività delle sue giornate («Da quando sono qui è tutto sempre come al solito», p. 61), mentre Massimo è fuori per molte ore, spesso è distratto e non bada alle richieste e di aiuto che la moglie non riesce a formulare a parole, ma che sarebbero palesi, se solo l'uomo prestasse più attenzione. Infatti, Francesca sta subendo episodi di amnesia sempre più angoscianti, che minacciano il suo equilibrio psicofisico e segnano una crescente distanza tra ciò che dovrebbe essere (una madre amorevole) e ciò che in realtà è (distante e con accessi di ira preoccupanti):

Perché Francesca era una madre. E le madri - glielo aveva insegnato sua madre, ne era certa - le madri amano. Le madri fanno sacrifici. Le madri sanno cosa è giusto e cosa è sbagliato. Le madri ci sono momenti che essere madri gli prende tutto il corpo, e il tempo. Ma sono momenti, solo momenti, Francesca, fidati di me. (Quanto spesso parlava tra sé, sempre più spesso ad alta voce? Quanto spesso non ricordava cos'aveva fatto solo un momento prima, o in tutta la giornata? Quanto spesso aveva dei vuoti di memoria, e si ritrovava di colpo in un posto senza ricordare com'era arrivata fin lì?). Le madri sono felici di essere madri. 
E tu? 
(p. 69)

Spesso la casa, personificata, diventa un'interlocutrice privilegiata, una sorta di super-Io che suggerisce o talvolta impone a Francesca come reagire nelle più diverse situazioni. Grazie a questo escamotage, così come a tanti corsivi che riportano i pensieri più reconditi (e scomodi) di Francesca, entriamo facilmente in empatia con questa giovane madre che vorrebbe tornare anche a essere una donna desiderata e con ambizioni personali, e che invece si scontra con la propria oggettualizzazione («Io sono solo una funzione, una cosa che serve a qualcuno, come un mestolo», p. 91). Grazie alla focalizzazione interna, avvertiamo insieme alla protagonista le inquietudini che via via si trasformano in paure: il quartiere prima e i palazzi poi diventano sempre meno sicuri. Fino al dramma: la sparizione di una bambina del palazzo. 
Ecco che allora gli sguardi degli inquilini si fanno sempre meno innocui: tutti sembrano voler puntare il dito e i muri delle case non difendono più la privacy di nessuno. Compaiono le prime tende, di pari passo con il trasformarsi della casa in una prigione, che non è neanche più dorata di promesse. 


In un crescendo di pathos e di turbamento, anche in questo Antonella Lattanzi si occupa di denunciare il forte divario tra realtà e finzione, tra desideri e loro realizzabilità, tra paure e ossessioni, tra passioni lecite e illecite, fino a far pensare a Francesca che «la realtà non esiste. Esiste solo quello che succede ora» (p. 337). Esiste la verità? E, soprattutto, verrà a galla? 
Basta quanto appuntato finora per far capire che sarebbe riduttivo definire Questo giorno che incombe, ispirato almeno in parte da un fatto di cronaca nera, come un "thriller psicologico", anche se certamente il mistero, il forte coinvolgimento del soggetto e il rischio sotteso fanno proprio pensare a questo genere. C'è molto di più: troviamo accanto al tema fortissimo della maternità (mai idealizzata, anzi, calata nelle gioie tanto quanto nelle difficoltà quotidiane) quello della femminilità negata, frustrata dagli impegni di una madre lasciata troppo spesso senza aiuto. Intrecciato a questi aspetti, il tema dello squilibrio psichico rappresenta la minaccia incombente che Francesca porta con sé fin dai primi giorni nella casa nuova. E poi non va dimenticato il tema del desiderio, che si affaccia con forza in pagine profondamente intrise di erotismo. Tali argomenti aggiungono complessità al romanzo, mentre il mistero e il turbamento crescente ci portano nel gorgo di pensieri e di paure della protagonista, travolgendoci dalla prima all'ultima pagina.

GMGhioni