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Il libro come rifugio, o di un Sant Jordi diverso a Barcellona

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La fiera del libro di Sant Jordi a Barcellona (wikipedia.org) 
Ha piovuto per giorni a Barcellona. 

Una fitta coltre di nubi ha coperto il cielo della città durante il fine settimana e non l'ha abbandonato fino a ieri, 22 aprile. Dalla finestra della mia sala non ho potuto vedere la cima di Montjuic per oltre settantadue ore e la Senyera (la bandiera a bande rosse e gialle vessillo di tutti i territori di lingua catalana, inclusa la città di Alghero), sulla punta orientale della collina, ha sventolato, infradiciata e solitaria, nel prato antistante il famoso castello invisibile ai più. Tutti sapevamo che non se ne sarebbe andata e oggi è tornata a rincuorarci, testimone di un gesto contro la barbarie fascista di oltre ottant'anni fa (venne issata da Lluis Companys in piena Guerra Civile come simbolo di resistenza repubblicana). 

Dicevo: fino a oggi, 23 aprile, il cielo non era tornato neanche parzialmente sereno.

E sembra quasi un dispetto questo della natura che fa tornare un timido raggio di sole proprio a Sant Jordi, giornata unica in cui ogni anno Barcellona si trasforma in una grande, ribollente, vivace e allegra libreria a cielo aperto. La Rambla de Catalunya, il Passeig Sant Joan, il Passeig de Gràcia e le strade di tutti i quartieri che circondano l'Eixample vengono letteralmente invase da migliaia di bancarelle: i librai per un giorno scendono in strada (al carrer!) e i barcellonesi fanno loro visita comprando, leggendo, chiacchierando con gli autori, scherzando con gli amici. Anche se è un giorno lavorativo, si tratta di una festa. È abitudine consolidata riversarsi tra i banchetti ricolmi di libri non appena si esce dall'ufficio; alcune aziende concedono il pomeriggio libero per godere della festa e tra parenti, amici e conoscenti avviene lo scambio di doni: un libro e…una rosa. Già perché in Catalogna la giornata del libro che ricorda universalmente Shakespeare e Cervantes, è anche il giorno di San Giorgio (Sant Jordi), santo protettore della regione. La leggenda vuole che, molti secoli fa, la località di Montblanc fosse assediata da un perfido drago a cui i suoi abitanti iniziarono a sacrificare quanto di più prezioso avevano, inclusi loro stessi. Venne, quindi, il turno di sacrificare la principessa del regno. Tuttavia, l'intervento di un cavaliere di nome Giorgio la salvò, uccidendo il drago alle porte della città. Come per magia, dove morì il perfido mostro iniziò a crescere un roseto, dal quale il cavaliere prese una rosa per donarla alla principessa. E per ricordare quel gesto, la tradizione vuole che gli uomini regalino una rosa a una donna e la donna ricambi con un libro. Ma i ruoli non sono ormai così fissi e, spesso, i due doni vanno accompagnati, indipendentemente dal sesso di chi dà e riceve.
Bernat Martorell - Saint George Killing the Dragon
Google Art Project - wikipedia.org

Dopo i doni, normalmente, viene il momento dell'aperitivo prima del rientro a casa. Le bodegas barcellonesi (una via di mezzo tra enoteche e bar dove si serve il vermut) si popolano, quindi, di lettrici e lettori che tra vermut, olive farcite e croquetas chiudono una giornata spensierata e felice, durante la quale tutti si dimenticano dei piccoli problemi quotidiani e si dedicano al libro: ma non si tratta di chiudersi ciascuno nelle proprie case a leggere. Si riscopre, infatti, la dimensione sociale della lettura, quella condivisione di titoli, sensazioni e inquietudini che animano il vociare rumoroso e discreto delle tertulias dei bar di Barcellona. 

Questo 23 aprile 2020 le strade della capitale catalana saranno deserte. Le librerie e i bar chiusi. Lettrici e lettori confinati. E i roseti intatti. Non ci saranno firmacopie, chiacchiere, scherzi e sarà difficile dimenticare, non pensare a come sarebbe se il Covid-19 non esistesse. Una buona parte del milione e mezzo di barcellonesi oggi si starà chiedendo cosa avrebbe fatto se, con chi si sarebbe dato appuntamento se, in quale bar avrebbe chiuso la giornata se e a chi avrebbe donato un libro, una rosa o un libro e una rosa se. Tanti se che non hanno una risposta e restano sospesi come le nuvole che fino a ieri hanno impedito al sole di asciugare le strade della città. 

Ma esiste una speranza, una luce, perché tra i tanti difetti che hanno catalani e spagnoli in genere, non vi è certo la mancanza di ottimismo, di fiducia nel futuro. L'emergenza sanitaria, infatti, ha, per ora, solo rimandato la festa all'estate: l'associazione dei librai di Barcellona ha deciso di celebrare Sant Jordi il 23 luglio, quando, si spera, avremo recuperato una parte della nostra normalità. Barcellona, forse, avrà anche quest’anno la sua festa del libro, i librai invaderanno le strade della città e tutte le case profumeranno di rose fresche. Sarà, speriamo, tra tre mesi esatti. 

Questa sera, forse, durante il quotidiano applauso delle 20 che dall'inizio dell'emergenza fa vivere i balconi di tutta la Spagna, ci sarà qualcuno che si affaccerà con un libro sotto il braccio o alzando un bicchiere con vermut. Ci sarà chi si donerà simbolicamente un libro tra quelli che ha in casa e chi la rosa cercherà di comprarla invano al supermercato, indossando mascherina, guanti e facendo la coda all'ingresso. Non possiamo scendere in strada, non possiamo inondare viali, piazze e vicoli con la sola curiosità di toccare, sfogliare e parlare di libri, ma forse mai come quest'anno capiremo il valore di questo giorno e del suo protagonista: il libro, appunto. Quel libro che in queste quasi 6 settimane di confinamento ci ha permesso di viaggiare, scoprire, vedere e sognare senza mai uscire dal salotto di casa. Quel libro che ha simbolicamente abbattuto muri, oltrepassato frontiere, solcato oceani portandoci con lui. Quel libro senza il quale, oggi, quaranta giorni dopo la dichiarazione dello stato di allerta in Spagna, saremmo immensamente più tristi e disperati, perché è tra mulini a vento, cavalieri medievali, commissari di polizia, aquiloni, maghi e fate, briganti ed eroi comuni che abbiamo trovato il modo per mantenerci vivi nell'animo e arrivare in fondo a questo incubo che, manco a dirlo, sembra uscito da un romanzo di fantascienza.

Alessio Piras