in

#LectorInFabula - Judy non ha nessuno che guidarla potrà: "Papà Gambalunga" di Jean Webster

- -
Papà Gambalunga
di Jen Webster
Caravaggio Editore, 2019

Traduzione di Enrico De Luca e Miriam Chiaromonte

pp. 264
€ 15,50 (cartaceo)
€ 4,99 (ebook)

 
Papà, papà, Gambalunga, Gambalunga,
tu per Judy sei davvero importante. 
Papà, papà, Gambalunga, Gambalunga,
lei ti pensa e ti ripensa ogni istante


I bambini tra gli anni Settanta e Novanta hanno fatto colazione e merenda con i "meisaku". Con questo nome si definiscono gli anime tratti da romanzi della letteratura occidentale. Heidi, Anna dai capelli rossi, Lupin, Il mistero della pietra azzurra e molti altri che il nostro io bambino non ha ancora dimenticato, nonostante gli occhi enorme e tremuli, poggiano la loro base narrativa su romanzi e opere occidentali. 
Il loro grande pregio è stato quello di introdurre i bambini di ogni emisfero alla conoscenza di grandi classici e di storie meno note di autori europei e americani. Papà Gambalunga dell'autrice americana Jean Webster, recentemente ripubblicato in versione integrale da Caravaggio Editore, rientra in questo filone. Tutti ricordiamo la vivace orfana Judy Abbot e i suoi codini rossi e il suo misterioso benefattore. La ricordiamo così bene che la citazione tratta dalla sigla di Alessandra Valeri Manera e Cristina D'Avena l'abbiamo probabilmente letta cantando. E se da bambini non avevamo appieno la percezione delle tematiche adulte che si nascondevano dietro l'animazione, con la lettura del romanzo non possiamo più fingere di non riconoscere la profonda solitudine che si annida nell'animo di Jerusha Abbot.

Vorrei che la signora Lippet usasse un po' più di inventiva nello scegliere i nomi dei bambini. Trae i cognomi dall'elenco telefonico - troverete Abbot sulla prima pagina - e ricava i nomi di battesimo da qualunque cosa; ha trovato Jerusha su una lapide. (p.38)
L'anime ha lavorato in maniera abbastanza fedele al testo originale. La storia è nota: Jerusha (Judy) Abbot, orfana dell'istituto John Grier, riceve la possibilità di continuare gli studi grazie a un misterioso benefattore di cui lei intravede solo l'ombra. Proprio per via delle gambe lunghissime proiettate sul muro, lei lo ribattezza con l'appellativo di papà Gambalunga, prendendo il nome dal ragno daddy long legs. Da quel momento Judy potrà andare al college (nel romanzo) e al liceo (nell'anime) e intratterrà una corrispondenza con papà Gambalunga senza mai poterlo incontrare o ricevere la benché minima risposta.
Da bambini, la questione dell'essere orfani è percepita come una grande avventura. Pippi Calzelunghe, Peter Pan, Judy Abbot ci hanno presentato un mondo ricco di avventure e, a parte qualche rara malinconia, non hanno mai mostrato lo sconfortante senso di solitudine che questa situazione porta con sé. Judy, con l'eccezione dei balli di società in cui non può dichiarare di essere orfana, ha sempre vissuto con grande coraggio e allegria la sua situazione. Nella lettura del romanzo però, il modo scanzonato con il quale affronta la vita e le vivaci lettere punteggiate da disegni che invia al suo tutore rivelano un disperato bisogno di appartenenza e svelano la crudele realtà della vita in orfanotrofio.
Racconta Judy al suo papà Gambalunga nella lettera del 20 gennaio:
Quando si mette una bambina affamata di nove anni nella dispensa a pulire i coltelli, con un vasetto di biscotti vicino al gomito, e ci si allontana e la si lascia sola; e poi improvvisamente si ritorna, non ci si aspetta di trovarla un po' coperta di briciole? E poi quando la si strattona per il braccio e le si tirano le orecchie, e la si fa allontanare dal tavolo quando arriva il pudding, e si dice agli altri bambini che è una ladra, come non aspettarsi che scappi? Mi sono allontanata solo di quattro miglia. Mi hanno presa e riportata indietro, e ogni giorno per una settimana venivo legata, come un cucciolo disobbediente, a un palo nel cortile retrostante mentre gli altri bambini erano fuori durante la ricreazione. (p.118)
Se nell'anime questo episodio viene fatto passare come un racconto di fantasia di Judy nei suoi primi tentativi come scrittrice, qui emerge con tutta la sua crudezza. Lungi dall'essere un luogo di risate, l'orfanotrofio è un luogo con poco amore: persino il nome che Jerusha porta viene da una lapide e non per un richiamo ai nomi familiari, ma perché la rettrice dell'istituto non aveva voluto cercare nulla di meglio.
Nessuna sorpresa che Judy si affezioni così tanto a questo misterioso benefattore. Uomo che, a leggerlo descritto dalle lettere di Judy, risulta un manipolatore oppressivo che spera di tenere alla catena la ragazza solo in virtù del suo esborso di denaro. Per il nostro ricordo di bambini, questa scoperta è un notevole shock. È papà Gambalunga che le proibisce di andare in vacanza con le amiche se c'è rischio di conoscere o passare del tempo con dei giovanotti; lui che si oppone strenuamente al fatto che lei accetti una borsa di studio che la renderebbe indipendente; lui che, nei panni di Jervis, durante un litigio in cui lei non accetta di fare un viaggio in Europa la insulta; lui che la spinge a dibattersi tra  la riconoscenza, l'amore, il senso del dovere e il bisogno di avere "qualcuno", sentimenti che sfoceranno in una relazione nata da presupposti sbagliati. Anche se il matrimonio, nell'anime, viene presentato come un'occasione di gioia, per gli occhi del lettore odierno non c'è al mondo relazione più insana di quella tra Judy e Jervis/papà Gambalunga.
Judy, tra queste righe, emerge come un personaggio molto stratificato: consapevole del suo inestinguibile debito di riconoscenza, affamata di affetto, testarda, dalle idee politiche definite e con un desiderio di indipendenza ben fisso non si accorge di essere avviluppata nella sottile ragnatela del suo daddy long legs. 
Papà Gambalunga non è un romanzo per ragazzini. Togliendo le allegre musichette, andando oltre i disegni e lo stile scanzonato di Judy si arriva a una storia sul desiderio di appartenenza, non importa a quale costo. Il romanzo di Jean Webster toglie le nostre illusioni infantili sulla dolcezza dei cartoni che ci accompagnavano prima  o dopo la scuola e ci fa desiderare ardentemente che Judy, una volta scoperto l'inganno, lasci papà Gambalunga al suo destino e non caschi nell'insidiosa trappola dell'amore. 
Giulia Pretta






Papà Gambalunga. C'è il caso che questo titolo lo stiate canticchiando e non leggendo normalmente. Se siete stati bambini negli anni Novanta, ricorderete bene le avventure di Judy Abbot, orfana dai codini rossi, che si vede finanziare gli studi da un misterioso benefattore dalle gambe lunghissime (o, almeno, così sembra dall'ombra da lui proiettata, l'unica cosa che Judy ha visto di lui): papà Gambalunga. C'è stato un periodo in cui l'animazione giapponese ha attinto a piene mani dalla letteratura occidentale: Heidi, Belle e Sébastien, Lovely Sara sono solo alcuni dei titoli. Giulia @books_details è stata una gran consumatrice di cartoni ai suoi tempi e lo testimonia il cd con i nuovi duetti di Cristina D'Avena che ha preso appena uscito 😁Non conosceva però il romanzo di Jean Webster edito da @caravaggio_editore e adesso si sta divertendo a riscoprire la storia di Judy. Sta anche riguardando il cartone animato: ovviamente per motivi di studio e di accuratezza filologica 😁 Voi guardavate questo cartone da bambini? #inlettura #recensioni #criticaletteraria #papagambalunga #jeanwebster #cartonianimati #judyabbott #cristinadavena #icartonidellanostrainfanzia #leggerechepassione
Un post condiviso da CriticaLetteraria.org (@criticaletteraria) in data: