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Inseguendo "L'anno della lepre", il romanzo cult di Paasilinna

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L'anno della lepre
di Arto Paasilinna
Iperborea, I edizione 1994

Traduzione di Ernesto Boella

pp. 208
€ 14 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)
gratis con Kindle Unlimited



La prima volta che ho sentito parlare di questo libro è stata anche la scoperta di Iperborea, la casa editrice che si occupa esclusivamente di narrativa del nord Europa. Un titolo curioso, che mi guardava dagli scaffali della libreria. È passato qualche anno, il libro in questione era rimasto su quello scaffale. Nel tempo ho sentito spesso parlare del romanzo cult di Arto Paasilinna, con il crescente pubblico di lettori affezionati, l’ho ritrovato a guardarmi dagli scaffali di tutte le librerie, in diverse vesti grafiche per il numero crescente di edizioni che via via si accumulavano in seguito al successo tra il pubblico. Poi lo scorso anno, poco prima della scomparsa di Paasilinna, me ne parlò una persona del cui parere mi fido molto, nel corso di una delle tante “passeggiate letterarie” che amiamo fare insieme, tra spunti, consigli, scoperte. Cercare L’anno della lepre tra i libri usati diventò una specie di rituale del weekend, con scarsi risultati fino a un paio di mesi fa, quando finalmente l’abbiamo trovato. Tanta ricerca – e aspettative, anche – meritava di essere celebrata aspettando il momento giusto per immergersi adeguatamente nelle atmosfere del libro e così ho rimandato ancora di un po’ la lettura, in attesa dei primi giorni di freddo.
Sono bastate poche righe per capire che la scrittura di Paasilinna è talmente precisa ed evocativa che avrei potuto leggere la storia anche al mare, sotto il sole ligure di ferragosto, riuscendo comunque a dimenticarmi di tutto quanto intorno e ritrovarmi insieme a Vatanen, il protagonista, tra i boschi della Finlandia, conquistata dalle avventure del giornalista in fuga con la sua lepre. Un romanzo – o, per meglio dire, una novella, come la definì il suo autore – velato di leggera malinconia e al contempo ironico, divertente, storia ricchissima di spunti di riflessione, un’avventura on the road che, pubblicata per la prima volta in Finlandia nel 1975, più di quarant’anni fa ormai, è un classico e, come tale, ha superato limiti geografici e cronologici.

Sull’automobile viaggiavano due uomini depressi. […] Erano un giornalista e un fotografo in viaggio di lavoro, due persone ciniche, infelici. Prossimi alla quarantina, erano ormai lontani dalle illusioni e dai sogni della gioventù, che non erano mai riusciti a realizzare. Sposati, delusi, traditi, entrambi con un inizio d’ulcera e una quotidiana razione di problemi di ogni genere con cui fare i conti. (p. 15)
Eccoli, su quella macchina, due uomini come tanti altri, adulti un po’ delusi dalla propria vita, le illusioni perdute: non è andata un granché con il lavoro di giornalista, assai diverso dall’ideale che Vatanen aveva in testa, e a quanto pare non è andata molto meglio neanche sul fronte personale, con una moglie che non solo non ama ma che non trova nemmeno piacevole. Quasi quarant’anni e la sensazione sempre più opprimente che la vita decisamente non sta andando come la si era immaginata.
La svolta arriva per Vatanen inaspettata, nel corso di un lungo, malinconico, viaggio in macchina di ritorno a Helsinki alla fine di un lavoro, e ha le sembianze di un leprotto, che attraversa la strada e i due incidentalmente finiscono per urtare: l’uomo scende dalla macchina e si addentra nella boscaglia per assicurarsi che l’animale sia sopravvissuto e, incurante ai richiami del collega sempre più spazientito per l’attesa, ritrova la lepre ferita ad una zampa; silenzioso, resta con lei, assecondando il proprio desiderio di fuga, dalle responsabilità di un quotidiano sempre più insopportabile, dagli obblighi sociali che sente sempre più estranei alla propria natura. Così, semplicemente, Vatanen segue l’istinto e compie la scelta che cambierà il corso delle cose, dando inizio alle sue mirabolanti avventure per il Paese, in compagnia della lepre, in un viaggio on the road che lo porterà a confrontarsi con la natura, l’uomo, desideri e istinti, nel tentativo di trovare la propria dimensione e idea di felicità.

C’è nel racconto di Paasilinna l’eco di Thoreau e del suo Walden, il rifiuto per i “valori” di una società in cui non ci si riconosce, il folklore e la sensibilità narrativa scandinava, l’anticipazione di tematiche e suggestioni che in anni recenti hanno colpito l’immaginario di molti autori contemporanei, anche nostrani, rielaborati e fatti propri ma di cui possiamo in qualche modo riconoscere una matrice comune. I numerosi episodi che compongono l’avventura di Vatanen e della sua amica lepre, raccontano tra ironia e momenti di riflessione profonda, un mondo e una società contraddittoria, talvolta ostile con chi si rifiuta di conformarsi, una natura non sempre benevola, e, soprattutto, raccontano l’uomo: l’affetto sincero per quel piccolo animale di cui si prende cura, il desiderio di essere libero, gli incontri – talvolta divertenti, in alcuni casi complicati e perfino violenti – con una varietà umana sorprendente.

Molte delle persone che incontra lungo il percorso provano diffidenza quando non aperta ostilità di fronte a quello strano personaggio che se ne va in giro con una lepre, spostandosi spesso, senza legami apparenti, né particolari bisogni materiali, non quelli almeno che la società – siamo negli anni ’80 – ci impone. Ecco, in questo, mi ha ricordato un libro diversissimo ma con uno spunto simile, La ragazza del convenience store di Sayaka Murata e la sua protagonista che rifiuta – in modo più passivo, forse, ma per gli altri ugualmente sconvolgente – regole sociali e comportamenti, desideri, comunemente considerati accettabili, per trovare la propria dimensione ideale. Perché in fondo è questo, la ricerca della felicità, nella versione più adatta a noi stessi.

Ogni capitolo de L’anno della lepre e, quindi, ogni episodio, meriterebbe considerazioni e approfondimenti, ma al lettore il piacere di scoprirli avventurandosi insieme a Vatanen nelle terre finlandesi, fra animali cocciuti, strampalate teorie politiche, sbornie, villaggi e solitudine, arresti, fughe. La narrazione di Paasilinna evoca le foreste, il ciclico scorrere delle stagioni, in una commistione di surreale, malinconia, introspezione, la parola sempre misurata, essenziale, specie nei dialoghi. E il paesaggio, lungi dall’essere semplice sfondo della vicenda, si fa protagonista al pari di Vatanen e della sua lepre. È proprio in questa commistione di registri narrativi, nell’intreccio avventuroso e riflessivo insieme, che risiede a mio parere la forza di questa storia, cui si perdonano facilmente alcune debolezze e incongruenze, per cedere all’incanto di Paasilinna.

Forse non troveremo una lepre in senso letterale, forse non ci avventureremo nei paesaggi incantati della Lapponia, né seguiremo Vatanen nella sua caccia all’orso – quasi un moderno Achab che rincorre la sua balena bianca – fino a sconfinare nelle terre dell’ex Unione Sovietica con tutti i guai che ne deriveranno; ci “limitiamo” a vivere le sue avventure sulla pagina ma sperando che la storia, come succede nei migliori casi, possa un pochino cambiarci: mettendo in discussione le nostre certezze, guardando il mondo da una prospettiva nuova, infondendoci coraggio per compiere piccole, grandi avventure. E, alla fine, portando con noi un po’ della bontà di Vatanen:
L’immagine che conservo di lui è quella di un uomo di una rara profondità d’animo e di una grande bontà […]. A mio avviso, le imprese di Vatanen rivelano il suo spirito rivoluzionario, autenticamente sovversivo: qui sta la sua grandezza (p. 198)


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Debora Lambruschini