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#CritiMusica - "Io, per un giorno, per un momento, corsi a vedere il colore del vento" ("Il sogno di Maria") - un nuovo, prezioso, volume su Fabrizio De André

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Fabrizio De André – Il mio cuore le restò sulle labbra.
A cura di Tommaso Gurrieri
Firenze, Clichy, collana Sorbonne, 2019

pp. 128
€ 7,90 (cartaceo)

Non voglio raccontare De André, spiegare cosa ha fatto e cosa ha dato alla storia della canzone italiana. Altri hanno saputo e sapranno farlo assai meglio. Vorrei semplicemente cercare di capire perché un uomo così fuori dagli schemi, assolutamente inconciliabile con qualsiasi istituzione, con qualsiasi regola, con qualsiasi aspettativa normale, anarchico nell'intimo di se stesso ancor prima che politicamente, abbia potuto essere così presente e in modo così determinante nella vita di così tante persone, oltre che nella mia. (p. 52-53)
pp. 118-119
Queste parole di Tommaso Gurrieri, curatore di Fabrizio De André - il mio cuore le restò sulle labbra, ci fanno entrare nello spirito del libro uscito lo scorso gennaio, per i tipi Clichy. Ancora una volta, la casa editrice fiorentina dà alle stampe una vera e propria chicca, un libretto di dimensioni esigue ma molto prezioso ed estremamente curato. Esso fa parte della collana Sorbonne, costituita da piccoli volumi monografici dedicati ognuno a «persone che hanno immaginato altri mondi e prospettive diverse. Ampliando, innovando, spesso ribaltando, le conoscenze o i punti di vista dei contemporanei e delle generazioni successive.» (p. 4)
Come tutti i libri della serie, anche quello dedicato a De André è diviso in più sezioni: una biografia in cui vengono raccolti, anno per anno, gli eventi più significativi della vita del protagonista, uno scritto del curatore del libro, e una sezione, intitolata Parole e immagini, in cui vengono raccolte citazioni, frasi, brani tratti da canzoni o interviste. In coda, nel caso di cantanti o musicisti, la Discografia completa, e, subito dopo, la Bibliografia essenziale più recente.

Alternate ai testi, diverse fotografie, le quali costituiscono dei reperti unici e preziosi, delle vere e proprie rarità per appassionati. Per quanto riguarda il volume dedicato al cantautore genovese, esse ci rendono le immagini di un De Andrè lontano dai riflettori, concentrato sulla propria chitarra oppure in compagnia dell'amore di una vita, Dori Ghezzi, e servono a dare uno sfondo alle vicissitudini biografiche raccolte nella biografia, completa e ricchissima, posta in apertura.
Date le premesse che stanno alla base della collana Sorbonne, era impossibile non pensare di inserire la figura di De Andrè, uomo libero da convenzioni e preconcetti, cantautore tra i più importanti della storia della musica e poeta – così viene spesso definito – vicino agli ultimi, agli esclusi. Tuttavia, proprio riguardo quest'ultima specifica etichetta, Gurrieri sente il desiderio di fare un'utile precisazione:
Sento però prima il bisogno di fare una parentesi, per chiarire qualcosa che ritengo essenziale quando si parla di lui. Si è detto, si continua a dire, che Fabrizio De André è un poeta, un grande poeta. Non credo che sia vero, ma direi ancora di più: non credo che sia rilevante, né interessante. […] Non è interessante stabilire se Fabrizio De André fosse un vero poeta. Perché le parole «vero» e «poeta» non hanno un unico colore, e quindi dirlo è come definire rosso qualcosa che per altri può essere diverso dal rosso. (pp. 52-43)
D'altronde, lo stesso Fabrizio, in una famosa intervista dichiarò:
Benedetto Croce diceva che fino all'età dei diciotto anni tutti scrivono poesie. Dai diciotto anni in poi, rimangono a scriverle due categorie di persone: i poeti e i cretini. E quindi io precauzionalmente preferirei definirmi un cantautore. In La storia siamo noi, Rai, 1995 (p. 97)
Lo scritto di Gurrieri è profondamente intriso di una dolcezza malinconica, quella che è impossibile non riservare ad un cantautore di tale livello: Fabrizio, come dice giustamente il curatore, è entrato nella storia della musica e nei cuori di tutti coloro ne ascoltano la voce; le sue canzoni, colme di quella malinconica nostalgia che ne accompagna la profondità, sono diventate un patrimonio fondamentale del cantautorato italiano. Ma in cosa consiste la grandezza di Fabrizio, la sua irrinunciabilità? Forse – è legittimo pensare – nella sua unicità, nella sua estrema sensibilità, nella sua volontà – ormai diventata leggendaria – di fare musica per un'esigenza personale di racconto, e non per desiderio di popolarità.
Fabrizio non amava cantare in pubblico e solo nel 1975 l'impresario teatrale Sergio Bernardini riesce a convincerlo ad andare in tournée. La sua arte, quindi, non ricerca spasmodicamente l'approvazione del pubblico ed è proprio questa sincerità del dettato a colpire gli ascoltatori. La sua voce, profonda e malinconica, racconta con autenticità storie di uomini e donne comuni, reali, spesso additati dai benpensanti, oppure marginalizzati.

pp. 78-79
La lista di libri che hanno al centro il lavoro di De André è davvero lunghissima e non si contano le moltissime biografie, autorizzate o meno, che sono usciti sugli scaffali delle librerie. Ogni nuova uscita, quindi, deve per forza fare i conti con tutto ciò che è stato già scritto e chiedersi cosa essa può portare alla bibliografia del cantautore, e perché un lettore, magari già appassionato estimatore, debba comprarla. Il libro di Gurrieri non aggiunge nulla di nuovo a quanto già conosciamo, eppure, nonostante ciò, si configura come un'opera preziosa e delicata: questo agile volumetto è una lettura perfetta per chi si voglia avvicinare per la prima volta a De André, e inoltre costituisce una chicca anche per i fan storici, poiché raccoglie in sé foto e citazioni scelte con cura, oltre che una discografia e una bibliografia ordinate e complete. Gurrieri, quindi, riesce bene nell'impresa di raccontare De André, rivolgendosi al suo ricordo con una dolcezza malinconica che ben si sposa alle canzoni del cantautore genovese, nonché alla sua persona. Poiché, come il curatore dell'opera afferma nel suo scritto, se ancora oggi la sua figura è sempre viva e le sue canzoni risuonano ancora oggi, è perché egli non è mai stato giudice della vita altrui, semmai si è posto sempre accanto ai più deboli:

E allora torniamo alla domanda da cui siamo partiti: come ha potuto Fabrizio De André entrare così profondamente nella vita di alcune persone, come è entrato nella mia? Sono convinto che una possibile risposta stia in quello che ho appena detto: la sua pietà, e quindi la sua umanità. La sua connaturata incapacità di giudicare e mettersi sopra, scegliendo invece di stare sempre accanto. Questo «accanto» è la chiave di tutto. De André è stato accanto agli esseri umani, sempre. Se il suo cuore è restato sulle nostre labbra, di noi tutti, è perché lui è stato davvero accanto a ognuno di noi, e quindi potrà restarci per sempre. (p. 65)
Valentina Zinnà