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Le nebbie di Avalon. Parte seconda - Le donne divengono per la prima volta protagoniste del ciclo arturiano

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Le nebbie di Avalon. Parte seconda (titolo originale: The Mists of Avalon)
di Marion Zimmer Bradley (traduttore: Flavio Santi)
HarperCollins, 2019
(prima edizione in lingua originale: Baen, 1983;
prima edizione in lingua italiana: Longanesi &C., 1986)

pp. 554
€ 22 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



In quella stagione, a Lothian, sembrava quasi che il sole non tramontasse mai. La regina Morgause si svegliò quando la luce cominciò a insinuarsi tra i tendaggi (p. 13).
Tornare a leggere le avventure di Morgaine, Arthur, Gwenhwyfar, Lancelet e tutti gli altri numerosi personaggi che popolano i regni di Avalon e Camelot, è un po' come avviarsi nuovamente lungo la via di casa.

Le nebbie di Avalon. Parte seconda possiede quel linguaggio tanto discorsivo e lineare che già avevamo trovato nella prima parte dell'opera e si avvale della nuova e moderna traduzione di Flavio Santi, che non fa percepire ai lettori i quasi quarant'anni trascorsi dalla prima apparizione di questo romanzo.
La vicenda riprende dal punto in cui era terminato il primo libro, ovvero con Morgaine che, scoperti i complotti della Dama del Lago, Viviane, fugge da Avalon e si reca a Camelot, presso la corte del fratello e re Arthur: ciò che nessuno dei due immagina è che il figlio che i due hanno generato senza essere a conoscenza delle rispettive identità sarà la causa dell'annientamento del padre e del suo regno.

Descrivere ulteriormente la trama non intaccherebbe la scoperta della storia per il lettore che volesse confrontarsi con Avalon e le sue leggende, poiché la vicenda di Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda è universalmente nota, però nuocerebbe sicuramente al ritmo narrativo, il quale è intessuto dall'autrice come un prezioso ricamo in grado di svelarsi man mano che si procede nella lettura.
E mentre lo abbracciava piangendo di gratitudine, per un momento Gwenhwyfar venne assalita da un dubbio angoscioso, e si ricordò di quanto era successo al castello di Meleagrant: tutte le sue preghiere non sarebbero bastate a salvarla. Dio non l'aveva premiata per la sua castità e, quando Lancelet era andato da lei, aveva giurato che non si sarebbe più nascosta né pentita, visto che un Dio che non premiava la sua virtù non l'avrebbe di certo punita per il suo peccato. Semplicemente Dio non si curava di lei... (p. 142).
Le nebbie di Avalon. Parte seconda si riconferma un ottimo fantasy storico che rivisita il ciclo arturiano con una modernità stilistica e contenutistica rara da trovare nel panorama letterario attuale.
Anche nel corso di questa secondo volume la Zimmer Bradley pone al centro della narrazione tutto l'universo femminile che per la prima volta non ruota attorno ai cavalieri della Tavola Rotonda, ma che finalmente ne diviene protagonista.
In numerose pagine viene dato spazio al pensiero di Morgaine (i cui interventi sono riportati in corsivo), e al suo modo di osservare le vicende degli altri personaggi: in particolare, più volte ella esprime un giudizio assai tagliente nei confronti di Gwenhwyfar e della sua relazione con Lancelet, e il suo modo di agire riflette in maniera abbastanza speculare quei complotti che a suo tempo già Viviane aveva messo in atto e che in questo libro farà solo una breve comparsa.
«La mia vita e la mia fede religiosa sono una cosa sola, Gwenhwyfar» replicò Arthur altrettanto stizzito. «Ma le Tribù mi sono fedeli perché porto questa!» Batté la mano su Excalibur che gli pendeva dal fianco nel fodero scarlatto. «Sono sopravvissuto in guerra grazie a questa lama prodigiosa...». «Sei sopravvissuto in guerra perché Dio voleva che rendessi cristiana questa terra». «Un giorno, forse, lo sarà. Ma non è ancora giunto quel momento, mia regina. A Lothian i sudditi sono contenti di essere governati da Morgause, e  Morgane è regina della Cornovaglia e del Galles del Nord. Se i tempi fossero maturi per il regno di Cristo, la gente chiederebbe un re, non una regina. Io governo questa terra per come è, e non per come la vorrebbero i vescovi!» (p. 206).
L'aspetto che ho più apprezzato in questo continuum del ciclo arturiano è lo scontro costante tra i valori dell'antica religione celtica e l'avvento del cristianesimo nelle terre di Bretagna: se già nel primo volume si dava spazio agli antichi riti, in questo viene attribuito ancora più risalto alle differenze che intercorrono tra Morgaine, le altre sacerdotesse di Avalon e Merlin da una parte, e il potere dei primi vescovi della religione cristiana dall'altra, questi ultimi sempre ansiosi di giudicare le vite degli altri ma ben lontani dal comprendere quali siano i reali sentimenti che muovono l'animo delle persone.

Le nebbie di Avalon rappresenta un bellissimo inno letterario al potere del femminile, alla vitalità, alla forza e all'intelligenza delle donne, ma anche alla loro limpida fragilità.
Non ci sono personaggi femminili interamente malvagi in questa storia, ma tutte le protagoniste sono mosse da un'energia buona che a volte può condurle a compiere la scelta sbagliata, ma il loro talento consiste nel persistere nella lotta per diventare (forse per la prima volta nella Storia) le vere artefici del loro destino, rinnegando quella sottomissione al potere maschile conosciuta sin dall'alba dei tempi.

Le gesta di Morgaine, Viviane e delle altre donne che si muovono all'interno del regno di Avalon risuonano di una modernità senza eguali, tanto da farci percepire i loro sogni, le loro aspirazioni e le loro gesta come incredibilmente attuali.
Ci sarebbe ancora bisogno (e probabilmente ce ne sarà sempre) di una buona letteratura in grado di trasmettere valori importanti come la lealtà, il senso della famiglia e del dovere, e Le nebbie di Avalon costituisce un ottimo esempio al quale ispirarsi.

Ilaria Pocaforza