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#PagineCritiche - Come parlare in modo semplice di qualcosa di complesso. Stefano Jossa, "La più bella del mondo. Perché amare la lingua italiana"

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La più bella del mondo.
Perché amare la lingua italiana
di Stefano Jossa
Einaudi, 2018

pp. 194
€ 17 (cartaceo)
€ 8,99 (e-book)





Italiani popolo di santi, poeti e navigatori, Italiani brava gente, amanti del bel canto e grandi esperti di calcio, che hanno la cucina migliore al mondo, che vivono in un paradiso traboccante di arte e storia, che parlano una lingua dalla dolcezza e dalla musicalità impareggiabile.
L’avrete capito, siamo nel campo degli stereotipi, delle definizioni preconfezionate e prive di senso proprio perché frutto di generalizzazioni sciocche e acritiche, generate da un non ben definito sentimento di orgoglio nazionale.
Definire quindi la lingua italiana “la più bella del mondo” sarebbe quindi una leggerezza, un’affermazione superficiale e vacua, al pari delle frasi elencate in apertura o delle enunciazioni retoriche che vedono protagonista qualsivoglia categoria che possa rappresentarci come nazione, dagli Alpini alla pizza, dalla Serie A alle scarpe eleganti. insomma, il trionfo dell’autocelebrazione.

A meno che.

A meno che un’asserzione importante, come quella che definisce la lingua italiana “la più bella del mondo” non sia suffragata da una serie di argomentazioni chiarificatrici e di elementi storici e letterari di eccellente livello, come quelli disseminati all’interno di questo interessantissimo testo di Stefano Jossa.

Jossa parla (anzi, scrive) con assoluta cognizione di causa. Docente di cultura italiana alla Holloway University di Londra, critico letterario e teatrale, studioso del Rinascimento e molto altro, è già apparso sulle pagine di Critica Letteraria per il suo precedente lavoro Un Paese senza eroi. L’Italia da Jacopo Ortis a Montalbano e per una conferenza tenuta a Domodossola nell’ambito delle celebrazioni per il settantesimo anniversario della Repubblica Partigiana dell’Ossola.

La lingua italiana, dunque: ma perché definirla proprio “la più bella del mondo”? Non certo, sostiene Jossa, per la sua musicalità o per altre caratteristiche soggettive, piuttosto per una particolarità che la rende unica: l’italiano, infatti, è una lingua costruita nel corso dei secoli partendo dalla letteratura e dalla poesia, mentre la maggior parte degli altri idiomi si sono sviluppati attraverso le relazioni commerciali e giuridiche fra i diversi popoli.
Questa letterarietà, con cui gli italiani interagiscono fin dai tempi della scuola, rende l’italiano una lingua particolare, anche perché la sua base letteraria è arricchita dagli innumerevoli innesti prodotti dall’uso e dalle varianti locali che provengono dai dialetti.

Attraverso la conoscenza e la padronanza della propria lingua nazionale si sviluppano capacità argomentativa, coscienza critica e consapevolezza di sé come cittadini responsabili, che permettono l'apertura al mondo e sconfiggono la paura di ciò che non conosciamo:
le lingue sono strutture mobili, che possono tranquillamente accogliere il diverso, lo straniero come il dialetto, proprio perché, come stiamo vedendo, la loro caratteristica principale è l'apertura piuttosto che la censura. La lingua, ciascuna lingua, è plurilinguistica per sua stessa natura.
Nessuno pensi, tuttavia, di trovarsi davanti a un noiosissimo trattato accademico: la capacità divulgativa dell’autore gli permette di affrontare un tema complesso come quello della storia della nostra lingua nazionale in termini assolutamente comprensibili, con esempi e citazioni che vanno dai poeti del Trecento a Battiato, dalle canzoni “balneari” degli anni Sessanta al cinema contemporaneo.
Non è cosa da tutti saper spiegare in modo piacevole e coinvolgente il processo di creazione della lingua italiana attraverso il lavoro di Dante, Bembo e Manzoni e i contributi dei maggiori poeti e scrittori del nostro Paese (due fra tutti, Gadda e Pasolini). L’aspetto sorprendente di questo libro è proprio la sua grandissima accessibilità, data dall’assenza di inutile gergo settoriale e dal registro colloquiale sapientemente mantenuto da Jossa nonostante la complessità dell’argomento. Una modalità espressiva che, davvero, potrebbe fare scuola circa la leggibilità dei testi formativi.

Stefano Crivelli