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#CriticaNera - Un giallo partenopeo dal retrogusto spassoso

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Aglio, olio e assassino
di Pino Imperatore
DeA Planeta, 2018

pp. 368
€ 15 (cartaceo)
€ 8,99 (e-book)



Napoli è una di quelle città che mi riprometto sempre di visitare perché, complici i libri letti e i molteplici film visti, mi affascina tantissimo la sua storia, la sua arte ed il suo modo di vivere.
Purtroppo tra il dire ed fare (come è noto) c'è di mezzo il mare, perciò in attesa dell'occasione propizia che mi conduca in questo luogo magico, mi accontento di continuare a "macinare" pagine di  buona letteratura che possano raccontarmi qualcosa di più sugli usi e sui costumi della capitale partenopea.
Aglio, olio e assassino (DeA Planeta, 2018) mi ha incuriosita fin dal momento in cui l'ho preso in mano e ne ho letto la trama sulla quarta di copertina, così ho deciso di leggerlo sull'isola di Ischia, un luogo abbastanza vicino a Napoli da poterne respirare l'atmosfera, ma ragionevolmente distante per poterla continuare a sognare.

Ambientato nel quartiere di Mergellina, questo giallo dal sapore (è proprio il caso di dirlo) insolito ha per protagonisti l'ispettore Gianni Scapece, affascinante quarantenne amante della buona cucina tradizionale, e i gestori della folcloristica trattoria Parthenope, Francesco e Peppe Vitiello, un padre e un figlio irresistibilmente comici e generosi e assai devoti al loro caratteristico ristorante.
Nelle settimane che precedono il Natale un giovane viene rinvenuto cadavere in casa sua, e il suo corpo è "condito" con aglio, olio e peperoncino: sarà proprio l'ispettore Scapece a cercare di far luce sul macabro omicidio ed a dover interrompere la catena di delitti che rischiano di seguire il primo, supportato dal  valente commissario Carlo Improta e dai consigli dei fidati Vitiello.

Quello di cui parliamo oggi è davvero un giallo atipico, una storia nella quale (a dispetto di omicidi e spargimenti di sangue) si ride moltissimo, si parteggia per questo o quel personaggio, ci si affeziona alle loro storie così vividamente tratteggiate, ma soprattutto ci si innamora follemente e perdutamente della protagonista indiscussa dell'opera: la città di Napoli.

Ogni pagina, infatti, contiene delle accurate descrizioni storiche e artistiche delle sue varie zone, e ci accompagna nei vicoli dei quartieri meno conosciuti, spingendoci a cercare informazioni sui dipinti dei quali si racconta e, più di tutto, facendoci desiderare ardentemente di essere lì, al fianco di Scapece, con una bella tazzulella e cafè tra le mani e un gustoso rococò.
Noi napoletani siamo fatti così: gente pratica, concreta, che però crede anche ai fantasmi, ai malauguri e alla ciorta e parla con le anime dei defunti. Che alla Gaiola siano avvenuti fatti drammatici, è indubbio. Ma se a casaccio andassimo a studiare la storia di qualsiasi altra zona di Napoli, troveremmo pure lì una catena di eventi tragici. O lieti, perché no. E questo vale per ogni luogo geografico abitato. Le maledizioni, le leggende, le paure passano di bocca in bocca e col tempo diventano convinzioni (p. 227).
Aglio, olio e peperoncino però non è soltanto questo: è anche convivialità, generosità, è ode della tradizione enogastronomica partenopea, è abile intreccio di una trama dai decisi contorni gialli con le vicende personali dei personaggi, personaggi che paiono a noi lettori realmente esistenti, mentre in realtà sono bellissime creature di fantasia dell'autore.
A questo proposito, davvero degno di nota è il capitolo tutto incentrato sulla storia delle due cuoche della trattoria Parthenope, le sorelle Giaquinto:
Le sorelle Giaquinto, le due impareggiabili cuoche della Parthenope, avevano imparato a destreggiarsi tra i fornelli per porre rimedio alla loro scarsa avvenenza. Consapevoli di non essere particolarmente attraenti, da ragazze s'erano decise, di comune accordo, a intraprendere le loro conquiste amorose facendo ricorso a piatti succulenti e a squisiti manicaretti, preparati fra le mura domestiche con l'assistenza e l'assenso dei loro genitori Mansueto e Sabina (p. 109).
Da tutto il libro traspare lo studio attento, meticoloso e accurato compiuto dall'autore, Pino Imperatore, nato a Milano da genitori napoletani e residente in Campania fin dall'infanzia, visibile fin dalla scelta dei cognomi dei personaggi di etimologia tipicamente partenopea.
Personalmente ho anche molto apprezzato la scelta di non fare un uso eccessivo ed "ermetico" dell'idioma napoletano, in modo che anche lettori "estranei" riuscissero a fruire senza difficoltà della storia.

Aglio, olio e assassino è consigliato a tutti coloro che cercano una storia che riesca a coniugare le atmosfere del giallo con l'umorismo, il divertimento e le atmosfere scanzonate tipiche della capitale partenopea.
Nella speranza che questo sia soltanto il primo di una lunga serie di libri dedicati all'ispettore Scapece, ai Vitiello e alle loro divertenti peripezie, il mio desiderio di visitare Napoli cresce sempre più: chissà che non colga al volo l'invito di Imperatore contenuto nel capitolo dedicato ai ringraziamenti di visitare la città sotto la sua guida?

Ilaria Pocaforza