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Tutti i numeri degli angeli caduti: i destini intrecciati di Domenico Dara

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Appunti di meccanica celeste
di Domenico Dara
Nutrimenti, 2016

pp. 368
€ 19

In Appunti di meccanica celeste tutto si svolge tra il 9 e il 24 agosto di un imprecisato anno dei Novanta del secolo scorso: dalla vigilia di San Lorenzo alla conclusione della festa patronale di San Rocco. Tutto, senza mai uscire da Girifalco, paesino calabrese tra i monti che dividono Ionio e Tirreno nell’istmo di Catanzaro. Un periodo e un luogo che diviene decisivo per le esistenze di otto paesani che dovranno fare i conti con il proprio destino che sembra immutabile.
Il romanzo si apre con sette ritratti che ricordano quelli delle narrazioni ottocentesche in cui esperienze e rapporti interpersonali delineano un’identità che serve da prologo all’intreccio. Eppure questo escamotage è assolutamente centrale, non solo allo svolgimento seguente ma al movente romanzesco di Domenico Dara: la ricerca delle leggi di quel meccanismo che, attraverso un mix di azioni passate e caso, conforma le scelte e gli accadimenti successivi. Le vicende infatti sono piuttosto comuni: vite banali di uomini e donne di un paesino con le loro gioie e tragedie, difetti e virtù, descritte con compassione e un gusto per il dettaglio che fanno subito affezionare. Ciò che dà sapore e una grazia con pochi fronzoli all’opera è proprio la cornice di ricerca di senso, una domanda costante sul perché capitino alcuni eventi piuttosto che altri, ingiustizie e sperequazioni della fortuna; con le risposte che spaziano dalla Provvidenza alla cosmologia, dalla biologia alla superstizione.

Questa armonia dipende dalla fattura stilistica che Dara riesce a imbastire, capace di reggere una narrazione complessa e intrecciata – mai davvero corale – grazie ad una voce in terza persona che si adatta ai diversi soggetti pur mantenendo un suo tono distintivo. Passando da regionalismi usati con prudenza – ma alle volte in modo estremo quanto inessenziale, se non per un colore quasi da folklore – ad un registro alto e speculativo chi racconta non cessa mai di interrogarsi, di curiosare nelle pieghe delle esistenze per scovare un numero, un pensiero, una coincidenza utili a far dei conti che non si sa mai se quadreranno. Anche perché ogni minimo gesto influisce sull’equilibrio globale:
Ogni giorno spingiamo il mondo da una parte o dall’altra; ogni giorno qualunque uomo, anche chi sembra non pesare affatto sui destini universali, si sveglia e può scegliere con la sua condotta se porre una pietruzza di un grammo sul piatto del bene o sul piatto del male. Sembrerà niente, ma talvolta sono i grammi, gli insignificanti frammenti delle pietruzze, a decidere la sospensione o l’affossamento dei piatti.
In una bilancia così sensibile anche la differenza tra l’arrivo di un circo invece del solito luna park itinerante può trasformare festività e desideri annuali in speranze o condanne. I circensi saranno, infatti, i catalizzatori di fermenti che i personaggi intimamente covavano da tempo: la loro alterità, la loro libertà esistenziale saranno matrice di una possibilità latente. Ed è questo alla fin fine ciò che cercano i poveri angeli sventurati di Girifalco: una speranza di rompere le sbarre di pensieri, sentimenti e gesti irrigiditi dall’abitudine.
In un ritratto che risulterebbe positivo, però, ci sono elementi che stonano in maniera significativa. Tra i maggiori la sensazione netta e costante di non trovarsi alla fine del Novecento, ma un secolo prima: società, mentalità e cultura individuale sembrano lontani dalla realtà di solo venticinque anni fa. Inoltre, la dimensione di finzione sembra allargarsi verso toni favolistici con l’avvicinarsi del finale – un po’ deludente – facendo perdere la tridimensionalità che invece le ombre iniziali gli donavano: la conseguenza è, purtroppo, il lento offuscamento di alcuni possibili spunti di riflessione.
La seconda opera di Domenico Dara è stata selezionata allo Strega, ma non è arrivata in finale e – al netto di polemiche su poteri editoriali o simili – non stupisce: la sua indole è poco adatta ad una giostra di quel tipo. Non parlo di qualità, ma dell’identikit del tipico libro vincitore del premio, piuttosto distante da quello di Appunti di meccanica celeste. Niente di grave per uno scrittore che, oltre a farsi spazio per le sue qualità, può contare su una coraggiosa e raffinata casa editrice.

Gabriele Tanda