in

#CriticArte: fragilità e resilienza nella scultura di Alberto Giacometti

- -
Alberto Giacometti – Beyond Bronze. Masterworks in Plaster and Other Material
Kunsthaus Zürich
28 ottobre 2016 – 15 gennaio 2017

Biglietti: CHF 22 (intero)/17 (ridotto; i prezzi includono l'audioguida e la possibilità di visitare la collezione permanente).

Pareti grigie, nicchie che creano giochi di luci e ombre, spigoli che segmentano lo spazio aprendosi all'improvviso in varchi inaspettati, percorsi non obbligati e sempre nuovi in cui l'individuo può muoversi liberamente, scegliendo di volta in volta di assecondare o meno la sequenza delle sale suggerita, su base tematica e cronologica, dai curatori. La mostre monografica dedicata dal Kunsthaus di Zurigo ad Alberto Giacometti (1901-1966) nel cinquantenario della morte è ricca e articolata. L'audioguida, compresa nel prezzo del biglietto, integra e non si sovrappone alle informazioni contenute nello spesso depliant che accompagna il visitatore, descrivendo i contenuti delle singole sale e ricollegandoli alla biografia dell'autore. 

A partire dai primi esperimenti con la plastilina fino alle opere bronzee dell'età avanzata, Giacometti rimane artista poliedrico, versatile e curioso per quanto concerne forme e materiali, sempre in bilico fra la propria stessa tradizione e una continua ansia di novità. Si nota fin da subito l'ossessione figurativa per i volti delle persone a lui care: il fratello Diego, la madre, il padre, la moglie Annette, soggetti che ricorrono sempre uguali e sempre diversi, catturati in presa diretta nell’ineluttabile mutare della loro esistenza. Si avverte in Giacometti la ricerca insistita di qualcosa che sfugge, di una forma imperfetta eppure sempre bilanciata e a suo modo armoniosa.

Lo sperimentalismo inesausto lo spinge ad attraversare lo spazio, ad esplorarne le molteplici dimensioni, a sondarne le potenzialità espressive. L'influsso del cubismo, così come quello del surrealismo, lo portano a manipolare l'immagine del reale e a disgregare corpi e oggetti in una serie di direttrici e superfici inconsuete, a ripensare l'intero come una somma di frammenti parziali. La crisi della

seconda guerra mondiale lo induce a ridurre le dimensioni fino all'impercettibile, che pare unica verità possibile per l'uomo nella tragedia dilagante. Così si passa dal minuscolo alla suprema esilità, simbolo di fragilità e resilienza al tempo stesso: le opere della piena maturità esibiscono figurine slanciate e sottili, che parrebbero librarsi nell'aria fino a scomparire, se non fossero ancorate al suolo da pesanti basamenti, o da piedi che si allungano e si dilatano, a indicare una solidità persistente delle radici, un rifiuto di lasciarsi smuovere nonostante tutto. 

C’è qualcosa di involontariamente, ma profondamente toccante nell’opera di Giacometti, che induce a riflettere sul tempo e sui mutamenti storici, sulla capacità dell’individuo di resistere e di non lasciarsi piegare: la dignità dei corpi allungati, degli sguardi frontali, delle labbra socchiuse a svelare talvolta una fatica, dei passi inesorabilmente orientati in avanti, fa scattare il riconoscimento, l’empatia, la compassione nel senso etimologico del termine. Sono fotogeniche, le sculture dell’artista svizzero, non solo perché si lasciano meravigliosamente fotografare, ma perché si imprimono nella coscienza, rivelano qualcosa di inaspettato sull’esistenza umana.
Carolina Pernigo


{foto di Carolina Pernigo}