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#UnLibroPerLAvvento - Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare

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«Non si vola mai al primo tentativo…» miagolò Zorba. (p. 101)

Era il 31 maggio 1998, giorno della mia prima comunione.
Come molti di voi, collezionai una lunga serie di regali improbabili/inutili. Ciondoli doppioni, edizioni illustrate di testi sacri (!), set di asciugamani e lenzuola «per il corredo!».
Ma tra i doni di parenti e amici, ne ricordo uno con vivida emozione, sia per quello che rappresentava allora che per ciò che ha significato poi.
Una cugina, allora ventottenne come, strano caso, me oggi, mi regalò “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” di Luis Sepúlveda.
Rammento con tenerezza il momento in cui ho aperto il regalo: fu l’unica, tra tutti gli invitati, a cogliere nella bambina timida e riservata che ero, quell’amore per la letteratura che, appena nato, già rappresentava così tanto per me.
Stefania mi scrisse anche un dolcissimo messaggio, sulla prima pagina del romanzo: 
A Barbara, sperando che questo libro susciti in te le stesse emozioni che ha dato a me.

Quel libro ha segnato un inizio. L’inizio di un legame impalpabile tra me e quella cugina, più grande, poco conosciuta. L’inizio di sentimento di vicinanza, perfino di somiglianza. Un riconoscimento, intellettivo ed emozionale, tra due anime.
L’inizio, anche, di uno scambio di letture che, per quanto sporadico, ha significato moltissimo: non dimenticherò mai quando, tramite mio padre, mi fece giungere a casa una copia di “Se ti abbraccio non aver paura” di Fulvio Ervas, romanzo-diario di un padre che, con coraggio, determinazione e tanta ironia, affronta il mostro dell’autismo nel giovane figlio Andrea.
Il secondo libro che ha significato tanto, per entrambe.

Letto con gli occhi di bambina, prima, con quelli di giovane adulta poi, “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” è una favola forte e meravigliosa, di quelle in grado di insegnare a vivere.
Il gattone grande e grosso Zorba vive, coccolato e circondato di amici, ad Amburgo. Un giorno d’estate, mentre sonnecchia sul davanzale, viene colpito dall’atterraggio rocambolesco di una sofferente gabbiana. Il volatile è completamente ricoperto di petrolio, essendo stato investito da un’onda nera mentre cercava di mangiare i pesci del mare. Kengah ha poche ore di vita. Desidera deporre un uovo e chiede a Zorba di farle tre promesse: non dovrà mangiare l’uovo; dovrà prendersi cura del piccolo e, cosa più importante, dovrà insegnare a lui/lei a volare.
Ad aiutarlo nel mantenere queste tre promesse, Zorba avrà al suo fianco i simpatici gatti del porto e un umano davvero speciale: uno scrittore.

È stato rileggendo questa fiaba qualche giorno fa che ho deciso che sarebbe diventata il mio libro per questo Avvento. Ciò che mi ha fatto scegliere in questo senso è stato ritrovare dentro questo romanzo senza tempo, tutti gli insegnamenti che, più di dieci anni dopo quel lontano 1998, avrebbero costituito i fari necessari a guidare Stefania lungo la durissima messa alla prova che la vita le ha riservato.
«Ti vogliamo tutti bene, Fortunata. E ti vogliamo bene perché sei una gabbiana, una bella gabbiana. Non ti abbiamo contraddetto quando ti abbiamo sentito stridere che eri un gatto, perché ci lusinga che tu voglia essere come noi, ma sei diversa e ci piace che tu sia diversa. (…) Ti abbiamo dato tutto il nostro affetto senza alcuna intenzione di fare di te un gatto. Ti vogliamo gabbiana. Sentiamo che anche tu ci vuoi bene, che siamo tuoi amici, la tua famiglia, ed è bene che tu sappia che con te abbiamo imparato qualcosa che ci riempie di orgoglio: abbiamo imparato ad apprezzare, a rispettare e ad amare un essere diverso. È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutato a farlo.» (p. 92-93)
Il rispetto, l’amore senza condizioni, la capacità di insegnare a un altro essere vivente, irrimediabilmente diverso, a vivere seguendo il proprio destino e non il cammino da noi proiettato e da sempre immaginato; avere il coraggio e la serenità di abbandonare certi sogni e certe fantasie per abbracciare la realtà, accettarla e imparare a godere delle piccole felicità che può riservarci, anche se non sono ciò avevamo sempre pensato di volere… Tutto questo e molto di più insegna la fiaba del gatto Zorba e della gabbianella Fortunata; e tutto questo (e molto di più) mi ha insegnato Stefania.

Tra i saggi consigli del gattone Zorba, uno possa illuminare questo nostro Natale e l’anno nuovo che si avvicina:
«Sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante» miagolò Zorba.
«Ah, sì? E cosa ha capito?» chiese l’umano.
«Che vola solo chi osa farlo.»
Buon Natale!
Barbara Merendoni


Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare
di Luis Sepúlveda
Traduzione di Ilde Carmignani
Salani Editore, Firenze, 1998
pp. 127