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La libertà viaggia in treno: quando viaggiare è qualcosa di più

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La libertà viaggia in treno
di Federico Pace
Laterza, 2016

pp. 196
€ 15

Li odiamo quando ci portano tutti i giorni a fare la spola tra dove viviamo e dove lavoriamo. Sono spesso in ritardo, sovraffollati, troppo caldi o troppo freddi. Ma quando ci portano altrove, e possiamo abbandonarci al solo pensiero del viaggio, senza fretta e frenesia, allora rivelano tutto il loro fascino di mezzo di trasporto antico. I treni: macinano chilometri, avanti e indietro tra le stazioni di tutto il mondo. Anche i fratelli Lumière, alla fine dell’Ottocento, quando facevano le prove con quel potente strumento che era il Cinema, non furono immuni alla magia del treno, e lo ripresero in tutta la sua potenza all’arrivo in una stazione francese. Veloce e turbolento, ha da sempre ispirato, impaurito, attirato persone comuni e artisti.

Federico Pace, giornalista e scrittore, in questo suo “elogio al treno” incarna le vesti di un viaggiatore, lui che davvero ha percorso le tratte di cui parla, e ha attraversato l’Europa sulle rotaie. Ha scoperto che ci sono treni che girano sulla loro orbita, che attraversano intere regioni, che congiungono due città. L’autore ha cercato di creare delle categorie, di accomunare alcuni percorsi sulla base di alcune caratteristiche comuni, che possano rappresentare le miriadi di percorsi possibili.

Ci sono treni che mettono in contatto città contrapposte da tutto ma che non possono fare  a meno l’una dell’altra. La meta e la partenza, nel caso di questi convogli così speciali, sono l’una lo specchio dell’altra. L’una il completamento dell’altra. Atene-Salonicco, Londra-Parigi, Lisbona-Porto, Barcellona-Madrid, Monaco-Berlino: sono città opposte, diverse, per abitudini, costumi, architetture, stile di vita. Si trovano spesso agli antipodi di una regione, ma hanno bisogno di restare unite e si mettono in contatto via terra, tramite rotaie che attraversano spesso uno stato intero, o una striscia di mare.

Ci sono treni che stanno tutto il giorno a girare intorno a se stessi, a ritornare in continuazione sui passi che hanno appena percorso. Il pianeta che li tiene in orbita può essere una città, un monte, le acque di un arcipelago o un’intera isola. La Berliner Ringbahn, che gira attorno alla capitale tedesca, la Circumvesuviana che dal 1904 percorre la sua orbita attorno al Vesuvio. In questo caso partire significa contemporaneamente tornare, e la meta è anche punto di partenza, in un percorso che è in grado di portare lontano, pur tornando sempre sui propri passi.  
Ci sono treni che non riescono a stare lontani dal mare per un solo minuto, che vanno sul filo di quel confine tra terra e distese d’acqua. La tratta Sapri-Messina, che il mare lo attraversa.  Amburgo-Copenaghen, che è un ponte sul Mar Baltico e unisce il Contintente alla Scandinavia. Nizza-Marsiglia, che costeggia il Mediterraneo e unisce le due città della Costa Azzurra, lungo il mare.

Ci sono treni che oltrepassano i monti e arrivano verso il mare, salgono dalla pianura fino alle vette più alte. Ragusa-Siracusa, Verona-Innsbruck, Cuneo-Ventimiglia, Bari-Matera. Sono treni che sfidano la forza di gravità, si arrampicano sui pendii, sulle Alpi, tagliano a metà gli Appennini. Il viaggiatore che dovesse salire su uno di questi treni, sa che toccherà vette altissime per poi dolcemente scendere verso la pianura. In un movimento che ricorda quello del viaggio di Dante.

Ci sono viaggi in treno che dialogano in maniera particolare con il tempo, con la partenza e con l’arrivo, e danno l’idea, più di altri, di stare andando verso una sorta di compimento, per quella sorta di impegno, implicito, di arrivare fino in fondo. Bergen-Oslo, Venezia-Atene che attraversava la Jugoslavia e ci riporta indietro a pochi decenni fa e a quella guerra che non abbiamo voluto vedere. Cagliari-Olbia, che unisce il nord e il sud di una unica, magnifica, isola.

Queste le categorie identificate dall’autore. Queste, e non solo, le tratte che ha percorso in questo suo viaggio alla scoperta non solo del punto di arrivo, ma di un modo di viaggiare che, come dice nel titolo, è sinonimo di libertà. Il viaggio in treno non è mai solo il viaggio che si sta compiendo. È anche osservare paesaggi, scrutare i propri compagni di vagone. Si dice che il treno stimoli di più allo scambio comunicativo, e in effetti è così: sul treno si parla più volentieri, ci si apre all’altro e si racconta qualcosa di sé, di dove si è diretti, da cosa ci si allontana. Si offre del cibo, un giornale da leggere. È riflettere sugli spostamenti dei popoli, come accade all’autore quando attraversa il Brennero.

Viaggiare in treno significa avere il tempo di pensare, di riflettere, di abbandonarsi ai propri pensieri e ai propri ricordi. D’altronde, i viaggi in treno hanno una relazione speciale con la memoria. Nel momento in cui vengono vissuti, non conta neppure se ne siamo consapevoli, non conta neppure se sono sembrati durare a lungo o sono passati in pochi istanti. Essi danno l’idea di conoscere la strada per arrivare al centro segreto che mette in ordine e sistema quel che si è vissuto.

Così, ora, a chi legge viene voglia di percorre almeno qualcuno dei viaggi raccontati dall’autore, di acquistare un biglietto Interrail, di salire e scendere lasciandosi guidare dall’istinto, badando solo a qualche coincidenza, assumendo uno spirito di viaggio rilassato, ma attento e pronto a cogliere la ricchezza del percorso stesso.