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Poesie e riflessioni in onore di «questi strani campioni di vita»

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Sui gatti
di Charles Bukowski
Guanda, 2016

Traduzione di Simona Viciani (con testo originale in calce)
pp. 146
€ 14

Il gatto codamozza, strabico, un giorno è venuto alla porta e l'abbiamo fatto entrare. Vecchi occhi rosa. Che fenomeno quel ragazzo. Gli animali sono davvero illuminanti. Non sono capaci di dire bugie. Sono foze della natura. La televisione può farmi stare male in cinque minuti, ma posso restare a guardare un animale per ore e ritrovo solamente grazia e gloria. La vita come dovrebbe essere.
Il grande ed eversivo Bukowski non ha mai nascosto la sua ammirazione e totale dedizione ai gatti, considerati «strani campioni di vita», che hanno capito la semplicità della vita e dei bisogni primari («loro sanno che tutto è/ semplicemente com'è»). 
Privi di sovrastrutture e di filtri, i gatti riescono a rasserenare un Bukowski che li osserva, muto spettatore che registra in versi le azioni più comuni, il movimento felino, la caccia («un gatto è semplicemente SE STESSO. Ecco perché, quando cattura il povero uccello, non lo molla più. Questo rappresenta le possenti forze della VITA che non si arrendono mai. Il gatto è la bellezza del diavolo») e le offese in presa-diretta, senza filtri, come in singolari poesie-cronache. 

Ma soprattutto colpiscono i confronti impliciti tra sé e i propri gatti («tutti e due siamo barboni sopravvissuti alla strada»), o tra la donna amata e i felini di casa, come in chi porta il collare in casa
vivo con una signora e quattro gatti
e certi giorni andiamo tutti
d'accordo.

certi giorni ho qualche problema con
uno dei
gatti.

altri giorni ho qualche problema con
due dei
gatti.

altri giorni,
con tre.

certi giorni ho problemi con
tutti e quattro i 
gatti

e con la 
signora:

dieci occhi che mi guardano
come fossi un cane.
Si stabiliscono raffronti e, più spesso, antitesi violente che ribaltano le prospettive («stai facendo molto rumore per nulla, guarda noi/ e impara il distacco: coraggio è bello, siamo tutti/ insieme nel nulla ed è splendido»). In fondo, non è tutto un gioco di prospettive?, pare suggerire Bukowski. E sarebbe altamente pretenzioso da parte degli umani pretendere di avere la prospettiva migliore.
Allora largo spazio ai gatti, che si impongono a casa Bukowski con una decisione a cui è impossibile opporsi. Ed ecco che si trasformano in numi tutelari della poesia e di segreti che il poeta, da solo, non potrebbe mai penetrare:
solo
stasera
in questa casa,
solo con
6 gatti
che mi dicono
senza 
sforzo
tutto quello che c'è
da 
sapere.
La loro irriverenza non è molto diversa da quella dello stesso autore, che si trova a sbeffeggiare la critica letteraria e ringraziando il piccolo amico peloso che ha defecato sulle poesie, già conservate in una umilissima cassetta d'arance:
il mio gatto cagava nei miei archivi
si arrampicava sopra alla mia scatola di arance
Golden State Sunkist
e cagava sulle mie poesie
le mie poesie originali
conservate per gli archivi dell'università.

quel critico grasso nero mono-orecchio
le ha siglate per me.
E questo non è un segno di deprezzamento della poesia, ma di sue estrema connivenza col presente, che è ormai senza alcuna aura. Semplici, scarne e quasi prive di aggettivazione, le poesie, fortemente enjambanti, si distinguono per quell'insieme di formalmente franto e pur tuttavia coeso (nella mente del lettore). Accanto alle (s)composizioni, che sono comunque nettamente maggioritarie, alcune riflessioni di Bukowski, forse pagine di taccuini, di certo spesso inedite. 
E il risultato è una passeggiata, ora sinuosa, ora piena di agguati e scatti, come quella di un gatto.

GMGhioni