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Un "Agostino" ribaltato: dove finisce l'innocenza?

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Elogio della matrigna
di Mario Vargas Llosa
Einaudi,1999

Traduzione di Glauco Felici

pp. 167
€ 12



Eravamo una donna e un uomo e ora siamo eiaculazione, orgasmo e un'idea fissa. Siamo divenuti sacri e ossessivi. (p. 129)

Quanta innocenza e quanta malizia celano i riccioli d'oro degli amorini nella tradizione pittorica? E quanta perversione si riflette nel visino perfetto, al limite dell'androginia, del piccolo Alfonso? Il ragazzino, con la gracilità della prima adolescenza e il corpo ancora duro, scomposto nella crescita frettolosa, tradisce tutta l'ambiguità tipica dell'età. Così gli abbracci che lo legano alla sua matrigna, la conturbante e perfetta donna Lucrecia, hanno un retroscena sensuale o manifestano l'affetto spontaneo e vivace da figliastro? 
Donna Lucrecia, amareggiata quanto eccitata dalle attenzioni del tutto insperate di Fonchito, si lascia cullare dall'utopia di un rapporto familiare perfetto e cerca di non interpretare forzatamente le carezze del figliastro. Tuttavia non resta indifferente: è il suo corpo ad accendersi, suo malgrado, e poi a cercare il corpo del marito, come ogni notte. Sì, perché con Don Rigoberto, marito di Lucrecia e padre di Alfonso, la donna ha stabilito un legame fortissimo, di chiara dipendenza sessuale ed estatica passione, che porta a sperimentare quotidianamente una forma nuova di felicità:
Perché la felicità era temporanea, individuale, eccezionalmente duale, molto di rado tripartita e mai collettiva, comune. (p. 32)
Don Rigoberto, dal canto suo, trascorre il giorno in attesa del rientro a casa, per i suoi riti e le abluzioni serali, che Vargas Llosa descrive con la metodica nevrosi di chi ha ossessivamente organizzato una conoscenza quotidiana del proprio corpo. E del corpo della consorte. Rigoberto, infatti, desidera studiare ogni angolo, ogni protuberanza, ogni anfratto del corpo di Lucrecia: dalla sua leggendaria "groppa" (leggasi: fondoschiena) al candore della pelle, ma anche i rumori della sua peristalsi hanno qualcosa di affascinante per il marito perennemente in osservazione e in ascolto. 
Insomma, un amore totalizzante ma anche atomico, che fa subito venire in mente Dalì e la parcellizzazione della sua "Galatea delle sfere". Non a caso s'è fatto riferimento all'arte: Vargas Llosa ricorre a quadri della tradizione per illustrare passaggi della sinossi principale. Si aprono qui e là veri e propri capitoli che danno voce ai protagonisti di tele famosissime (riprodotte nell'edizione tascabile), con io-narranti che improvvisamente si infilano e sembrano interrompere la narrazione principale. In realtà, tutto concorre a dimostrare la beffarda pluralità di situazioni che vorrebbero sembrare uniche e, al tempo stesso, rimarcare quanto il desiderio di conoscersi nella reciproca interezza e a livello molecolare sia la maggiore utopia.
Milla Nespola, compagna di lettura

Eppure, l'illusione di questa compenetrazione totale perdura:
Sono i nostri occhi, la contemplazione che pratichiamo con tanta ansia - come tu ora -, il denudamento essenziale che ciascuno esige dall'altro nella festa dell'amore e quella fusione che solo può esprimersi adeguatamente traumatizzando la sintassi: io ti mi offro, mi ti masturbi, succhiatimici. (p. 130)
Certo, Rigoberto ignora che Fonchito spii dal tetto la lussuriosa matrigna ogni volta che lei fa il bagno. E, a maggior ragione, non immagina neanche che Lucrecia possa indulgere nuda davanti al ragazzino... Ma questa è soltanto uno dei retroscena febbrili che conducono il lettore a chiedersi perversamente quando e come finisca l'età dell'innocenza. 

GMGhioni