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#CritiComics | Il "Beowulf" di Rubin e Garcia tra eroismo ed erotismo

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Beowulf
di David Rubin e Santiago Garcia
Tunué, 2015

Traduzione di Francesca Gnetti

pp. 208
€ 19,99


Per parlare dell'adattamento del "Beowulf" scritto da Santiago Garcia e illustrato da David Rubin, potrei esordire spiegandovi come esso si relaziona con il testo originale oppure elencando differenze e punti in comune con la visione che ne aveva Tolkien. Il problema è che non sono un esperto di letteratura anglosassone e nemmeno un gran conoscitore della produzione saggistica dello scrittore inglese. Sono una persona superficiale e l'unica cosa che so è che - quando lessi per la prima volta il "Beowulf" una decina di anni fa - mi colpirono soprattutto due cose: c'erano i mostri e c'era un eroe il cui unico interesse era ucciderli. Per tutto il poema si respira questa urgenza di sintesi, questo rincorrere continuamente l'azione più che il dialogo o il pensiero. Il narratore anonimo non perde il tempo con le smancerie della politica o il filosofeggiare dell'eroe, si concentra sui fatti e sui movimenti, riportandoceli nella loro crudezza estetica. 

Rubin e Garcia sposano questa visione e imbastiscono una struttura del tutto simile a quella del poema (tre atti, tre lotte, tre bruschi salti temporali), con una narrazione che non perde tempo a introdurre personaggi o a spiegare il contesto, d'altronde non ve n'è il bisogno. Tutto nel "Beowulf" è immediato non perché semplice o abusato, ma perché accade direttamente sotto i nostri occhi. Questo non impedisce però alla coppia di autori di imbastire un discorso profondo sulla figura dell'eroe.

La copertina sintetizza infatti in maniera precisa il rapporto che intercorre tra mostro ed eroe. Allontanandosi dal facile dualismo alla Batman e Joker, Rubin e Garcia ci suggeriscono che sono i paramenti dell'eroe l'unica differenza tra Beowulf e Grendel. È proprio nei combattimenti che questa somiglianza emerge: escluso l'aspetto fisico (mostruoso ma nobile per Grendel, scolpito e brutale per Beowulf) è difficile trovare differenze nei comportamenti dei due personaggi. Le urla che scagliano sono della medesima natura, così come condividono una visione carnale del combattimento, quella violenza per la violenza che appartiene più alle bestie feroci che agli esseri umani (e non a caso molte tavole di Rubin - che immerge nel rosso sangue tutto il suo libro - sono speculari, come i dettagli degli occhi e del feroce sorriso dei due).



Beowulf e Grendel sono la stessa entità e i due autori rafforzano questa loro idea creando un inedita tensione erotica tra i due. Non appena Grendel incontra Beowulf, eiacula sul corpo dell'eroe come a manifestare l'attrazione carnale a cui non può resistere in alcun modo. Così lo scontro ha la brutalità e la sensualità di un combattimento corpo a corpo, in cui i due personaggi nudi lottano sino all'amputazione del braccio del mostro che sembra simboleggiare un'evirazione.
Il secondo capitolo che vede protagonista la vendetta della madre di Grendel, continua questo discorso sulla sessualità. Se Grendel ricordava esteticamente gli yautja - la razza aliena del film "Predator" che vede gli uomini come macchie di calore (mentre lo sguardo del mostro ci scortica e ci lascia solo il muscolo) - il riferimento visivo della Madre è sicuramente l' "Alien" di Giger per come Rubin riesce a coniugare elementi della sessualità maschile e femminile in un'unica creatura.

Il terzo capitolo si concentra invece sulla figura dell'eroe. Ormai invecchiato, Beowulf decide ti tornare a indossare i panni del guerriero e di uccidere un enorme drago, mettendo consciamente a rischio la sua vita. In questo segmento il mostro Beowulf (pronto a divorare la sua ultima cena) deve combattere più contro il suo corpo anziano che contro il drago. Nonostante lo spettacolare combattimento, la sequenza più significativa e profondamente emozionante è la lunga vestizione dell'eroe che - in onore della sua ultima battaglia - decide di indossare l'armatura di quando era giovane. Il suo corpo imbolsito fatica ad adattarsi ai vecchi paramenti ma nonostante questo Beowulf trova la forza per scrivere il finale della sua storia.

Il "Beowulf" di Garcia e Rubin è anche una riflessione sulla narrazione e sull'atto del tramandare una storia. Beowulf capisce sin da subito l'importanza e la bellezza del racconto e infatti dopo la sua morte, l'eroe si reincarna nella storia che racconta la sua vita: il canto delle sue gesta brucia nella notte dei tempi, cola nel porta inchiostro di un monaco amanuense, si imprime sul nastro di una macchina da scrivere, riempie la cartuccia di una stampante e si digitalizza nei pixel di uno schermo prima di arrivare nelle nostre librerie sotto forma di fumetto. Queste tavole conclusive sono le più emozionanti del libro, mettendoci intimamente in comunione con chi, intorno all'Anno Mille, ascoltava questa storia come noi oggi, provando le stesse emozioni di chi come noi la sta leggendo più di mille anni dopo.

Matteo Contin

Tavola riprodotta per autorizzazione della casa editrice