Tutto ciò che amo ha dentro il mare: questo il titolo che Eva Laudace ha scelto per la sua
ultima raccolta di poesie, edita da La Vita felice, vincitrice del primo premio della sezione Poesia di InediTo-PRemio Colline di Torino 2013 presentata ieri 4 gennaio presso la Libreria
Mondadori di Vasto (CH).
Per introdurre i temi
della raccolta in un contesto culturale ampio, senza tuttavia dimenticare di
stabilire attraverso essi uno spontaneo contatto con i lettori, Federica
D’Amato (coetanea scrittrice e poetessa originaria di Vasto, come Eva) ha scelto di riferirsi al celebre film di Wim Wanders, Il cielo sopra Berlino (1987) citando il discorso iniziale,
quando il protagonista scrive e recita l'inizio della poesia Song of Childhood (tema ricorrente del
film), scritta da Peter Handke.
Quando il bambino era bambino, | se ne andava a braccia appese, | voleva che il ruscello fosse un fiume, | il fiume un torrente, | e questa pozza, il mare. || Quando il bambino era bambino, | non sapeva di essere un bambino, | per lui tutto aveva un'anima | e tutte le anime erano un tutt'uno. || Quando il bambino era bambino, | su niente aveva un'opinione, | non aveva abitudini, | sedeva spesso a gambe incrociate, | e di colpo sgusciava via, | aveva una vortice tra i capelli | e non faceva facce da fotografo […]
In parallelo con queste
frasi, note introduttive di un film ispirato, tra l’altro, alle poesie di R. M
Rilke, i versi di Tutto ciò che amo ha
dentro il mare hanno assunto, nel corso della presentazione, i toni, i
profumi, gli odori e i ricordi di un’infanzia, quella di Eva, trascorsa proprio
in riva al mare.
Il paesaggio marino in Tutto ciò che amo… non è solo un
riferimento geografico o un affascinante sfondo su cui prendono forma le
immagini; il mare si insinua fra i versi
di Eva per farsi presente sotto forma di ricordo, di radice; si pone come punto
di partenza, come origine. E così il mare prende forma negli oggetti, nell'interiorità, nella mente del bambino come forma prima, da vedere con gli
occhi, toccare con mano e far vivere nel cuore.
Ed è quindi il rapporto
constante con un mare, più o meno vicino, ma comunque presente, ad innescare il
fuoco vivo di una poesia capace di toccare l’immaginazione, la fantasia e la
spensieratezza di un’infanzia cui si guarda con nostalgia ma, al tempo stesso,
con gratitudine.
Da sinistra Eva Laudace e Federica D'Amato durante la presentazione |
"Innocente, statica ed
esente da qualsiasi tipo di rumore o di sussurro", come ha ben sottolineato Federica D’Amato, l’autrice
riflette sulle domande esistenziali, ma inconsapevolmente semplici, banali e
tipiche, della bambina che scopre il mondo proprio come ci si domanda sempre in
apertura nel film di Wanders:
Quando il bambino era bambino,| era l'epoca di queste domande:| "Perché io sono io e perché non sei tu?| Perché sono qui e perché non sono li?| Quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio?| La vita sotto il sole è forse solo un sogno?| Non è solo l'apparenza di un mondo davanti al mondo quello che vedo, sento e odoro?| C'è veramente il male e gente veramente cattiva?| Come può essere che io che sono io non c'ero prima di diventare?| E che una volta io che sono io non sarò più quello che sono?
Così, nasce
il presentimento della poesia in quanto "mondo che resta fedele alla domanda
“chi sono io?”, della poesia come amore, quindi come possibilità di domandarsi
queste stesse cose insieme a qualcuno che non ci somiglia". Così nasce la poesia che dà il titolo all'intera raccolta e di cui qui riportiamo parte del testo:
Tutto ciò che amo ha dentro
il mare
La mia mamma ha dentro il mare
i miei silenzi hanno dentro il mare
il porto di mare
il lungomare
le radici degli alberi hanno dentro il mare
l’odore del mare ha dentro il mare
l’aria
la brezza
la nostalgia del mare
ha dentro gli scogli ha dentro gli argini ha dentro i
limiti ha dentro il mare […]
Il libro -ha spiegato Eva Laudace in chiusura - arriva come consuntivo di questi ultimi 5 – 6 anni nel corso dei quali la mia attenzione per la poesia è cresciuta, facendo diventare la poesia stessa più matura, più ricca, più riflessiva.
Oggi avverto la responsabilità di quello che scrivo nei confronti del lettore, il mio approccio è meno spontaneo, meno ingenuo, “costruito” sì ma come si conviene e secondo le regole di una retorica che “deve” avvicinare il verso a quella primaria ingenuità. Non ho più l’ingenuità del passato ma a contaminare la mia poesia è prima di tutto la mia vita.
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