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"Ciao, io mi chiamo Antonio" di Angelo Petrosino

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Ciao, io mi chiamo Antonio
di Angelo Petrosino
Edizioni Sonda, 2013

pp. 206

Antonio ha dieci anni e abita a Torino. Suo padre scrive libri per ragazzi, mentre la mamma ha scelto di occuparsi a tempo pieno della famiglia, seppur - forse - con qualche velato rimpianto per aver chiuso in un cassetto il diploma di maestra elementare e interrotto l'università. E comunque i suoi rimpianti, ammesso che si possano realmente definire tali, sono troppo flebili per trasformarsi in frustrazione. Forse anche per questo la famiglia di Antonio è molto unita benché le schermaglie siano all'ordine del giorno, soprattutto fra Antonio e sua sorella Erica, che ha tredici anni ed è un po' (troppo?) saccente e assai poco incline alla pazienza nei confronti del fratellino, il quale non riesce a capacitarsi del brusco cambiamento del suo carattere: solo due anni prima non era ancora diventata cattiva. In realtà, Erica vorrebbe tanto che i loro genitori acquistassero un appartamento più grande per poter avere una stanza tutta per sé e godere di una sana solitudine. Scalpita in nome di quella privacy che le viene preclusa dalla vicinanza di un fratello a suo dire troppo immaturo ma anche troppo incline a frugare nei suoi cassetti. In realtà, Erica non ha nulla contro di lui bensì, come ripete spesso la loro madre, sta semplicemente crescendo.
Antonio è un bambino del nostro tempo, rassicurante nella sua pacata normalità. E' sveglio e intelligente ma soffre di dislessia pur senza farsene un cruccio. Ha guizzi di intuizione talora profondi seppur mai avulsi da un candore che rasenta l'ingenuità. Cerca di guadagnarsi il rispetto dei compagni di classe e della maestra Claudia senza cedere alle facili lusinghe dell'aggressività e della prepotenza. Predilige il confronto pacato e ragionato allo scontro; in nome di tale principio, non esita a fare un passo indietro dove riconosce l'altrui superiorità o se comprende che la discussione rischia di degenerare in una rissa inutilmente fine a se stessa. Ciò non gli impedisce di affrontare eventuali situazioni difficili poiché
io le avventure non me le vado a cercare, ma se proprio mi ci trovo in mezzo cerco di cavarmela, con l'aiuto del mio amico Riccardo.
Antonio ha stretto una solida amicizia con Riccardo, compagno di classe ma anche di scorribande; ogni tanto finiscono nei guai, come quando decidono di intervistare un lavavetri egiziano che decide di farli cimentare direttamente nel mestiere che è solito svolgere all'incrocio di una strada molto trafficata. Armati di spazzola e detersivo, i due ragazzi vanno all'assalto dei parabrezza dai quali fanno irrimediabilmente capolino i volti minacciosi di automobilisti pronti a riversare su di loro insulti e minacce, finendo per attirare l'attenzione di un poliziotto che condurrà i due malcapitati al commissariato, mentre il lavavetri egiziano - l'unico che potrebbe testimoniare a favore della loro innocenza - si è dileguato senza lasciar traccia.
In un'altra occasione, Antonio ci dimostra in modo assolutamente credibile che scegliere la via dell'onestà e del candore non è affatto sinonimo di scarsa arguzia bensì di saggezza e prudenza, come quando convince Riccardo a portare al commissariato un portafoglio che contiene 500 euro benché privo di documenti, in quanto:
mettiamo che questi cinquecento euro facciano parte del pagamento di un riscatto. In tal caso i soldi saranno segnati. [...] Questo vuol dire che quando andiamo a spenderli se ne accorgono e ci bloccano. E voglio proprio vedere come facciamo a difenderci dicendo che noi non c'entriamo niente.

Dovranno rinunciare a spartirsi il lauto bottino, che si scoprirà appartenere ad un anziano signore (che li ricompenserà "solo" con 20 euro), ma saranno liberi da ansie e patimenti.
A dispetto della sua indole posata e riflessiva, Antonio non è certo diverso dagli altri bambini della sua età: come loro, indulge a marachelle e leggerezze di vario genere ma, ciò che forse fa davvero la differenza, è riconducibile a un ambiente familiare che privilegia il dialogo e il confronto pacato (fra gli appuntamenti irrinunciabili, spiccano le riunioni del giovedì in cui Erica e Antonio vengono coinvolti nelle discussioni e nei "processi decisionali" dei grandi) agli atteggiamenti aspri e punitivi figli di quella violenza più o meno strisciante che promana dalle mura domestiche per poi tracimare  nelle varie realtà dell'esistenza quotidiana.
I confronti dialettici, soprattutto fra Antonio e sua sorella, delineano a tratti una rilettura "post-moderna" di Lessico famigliare di N. Ginzburg (dove Torino funge sempre da ideale "toile de fond"), mentre alcuni "fotogrammi" di Ricordi di scuola (di Giovanni Mosca) aleggiano idealmente nei corridoi e nelle aule di una scuola del terzo millennio che prende le distanze da certi approcci violenti e sguaiati.
Antonio è dunque il compagno di scuola (ma anche il fratello, il figlio o il nipote) che tutti vorrebbero, poiché infonde fiducia e speranza in un mondo migliore, senza incarnare un modello inarrivabile o anacronistico. Un libro che tutti (grandi e piccini) dovrebbero leggere.
Ciascuno dei dodici capitoli è preceduto da una sintesi degli eventi che lo caratterizzano. Tale sintesi è costituita da due o tre pagine di fumetti in bianco e nero (davvero splendidi) realizzati da Laura Stroppi. Ricordo inoltre che è stato scelto un font ad alta leggibilità per favorire coloro che soffrono di dislessia, proprio come Antonio.
Cristina Luisa Coronelli