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Il Salotto - Intervista a Marie-Lorna Vaconsin

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a cura di Alfonso Maria Petrosino


D: Sei nelle sale cinematografiche con il film La fille du 14 Juillet, presentato a Cannes, e il tuo libro Le monde des possibles è appena uscito: scegliere tra cinema e letteratura non pone un dilemma?
R: In realtà non devo fare davvero una scelta, perché recito solo occasionalmente. Recitare mi occupa per un periodo di tempo ben definito - circa cinque settimane per La fille du 14 Juillet – e posso continuare a scrivere la sera, al mattino, durante le pause.


D: La protagonista del romanzo è un'attrice: in che misura si tratta di autobiografia?
R: Non c'è nessuna scena autobiografica nel romanzo, ma molti sentimenti o prese di coscienza lo sono. Ho avuto a lungo l'impressione di essere fuori luogo, di essere un impostore, di viaggiare nelle vite degli altri, di essere bloccata dentro immagini che non avevo veramente scelto, di giocare e poi di subire il mio stesso gioco, di bluffare e di pagarne le conseguenze, di amare per finta - credendo invece che fosse per davvero - giusto per curiosità, per vedere... fino al giorno in cui ho incontrato chi mi ha dato voglia di vivere per davvero. 


D: Uno dei temi è la scoperta dell'omosessualità (soprattutto attraverso i personaggi di Martha e Ben): nel paese che ha appena approvato la legge sul matrimonio per tutti, e che ha visto le conseguenti manifestazioni di protesta, qual è la tua posizione?
R: Non sono mai stata una fan del matrimonio tout court, ma naturalmente sono favorevole a che tutti ne abbiano diritto. Per me il matrimonio per sempre significa la morte di qualcosa, la fine di un inizio, la fine della felicità, la fine dell'improvvisazione, la fine dell'infinito delle possibilità. Se dovessi sposarmi, sarebbe a sessant'anni, per coronare una vita in comune, non per cominciare una vita a due.


D: Chi sono i tuoi autori fondamentali?

R: Tra i classici, Proust e Balzac, perché hanno creato dei veri universi paralleli: anche se so che è impossibile da credere, ho l’impressione che il loro mondo esista per davvero. Genet, perché è riuscito a spingere il suo immaginario nel mezzo della realtà più bruta. La sua scrittura è talmente forte che riesce a convincerci che la poesia viva tranquillamente negli angoli delle strade più sporche, nelle prigioni, negli hotel squallidi, e così via. In tutt'altro genere, ammetto di avere un debole "fondamentale" per la saga di Harry Potter, per quella di Queste Oscure Materie e quella di Narnia per lo stesso motivo: perché ci credo davvero. Infine, in un altro genere, ancora più diverso, non mi stanco di rileggere Superstars di Ann Scott. Non è un libro fondamentale della letteratura, ma mi colpisce sempre, ad ogni rigo, anche quando racconta delle cose banali con parole banali, mi dà voglia di vivere mille volte più intensamente.


D: Il romanzo si svolge a Parigi, Los Angeles, Buenos Aires. Per quest'ultime città è stato necessario inserire nei dialoghi frasi in inglese e spagnolo: questo gioco (la comunicazione tra persone che parlano lingue diverse) è stato difficile o piuttosto divertente?
R: Piuttosto divertente. Non mi piace quando nei romanzi i personaggi di nazionalità diverse parlano magicamente la stessa lingua. Volevo che la comunicazione fosse spezzata e simpatica, come nella vita quando l'irruzione di lingue straniere ispessisce la realtà. Lavoro tutto il giorno con italiani, argentini, maliani, srilankesi, vietnamiti, thailandesi, francesi e affinché tutti si capiscano utilizziamo una lingua tutta nostra, completamente mescolata; passiamo il tempo a tradurre dei pezzi di frase in tutti i sensi, ad imitarci, a prendere gli accenti gli uni degli altri, a utilizzare delle espressioni idiomatiche trasformate e reinventate.


D: Il romanzo comincia con una lettera di carta (tratti di penna per cancellare compresi) e finisce su una pagina Facebook; in un mondo sempre più digitale, perché pubblicare un libro piuttosto che, per esempio, un ebook?

R: Gli ebook non mi dispiacciono, anzi, mi sarebbe piaciuto molto che il romanzo uscisse in ebook per facilitarne la diffusione e l'accesso. Tuttavia, un romanzo è per me innanzitutto un oggetto; cioè un blocco che pesa piacevolmente nella borsa, un ammasso di fogli con delle pagine da piegare, dei margini bianchi sui quali mi piace scrivere e disegnare, una copertina che invecchia man mano che il libro lo si presti o lo si rilegga. Se il libro fosse uscito solo in ebook, credo che avrei avuto l'impressione che non sarebbe esistito per davvero.


D: Ci puoi suggerire un passaggio del libro?
Ben e l'altra ragazza sono arrivate un'ora più tardi. Le ho sentite bisbigliare nel salone, ma era quella specie di bisbiglio prolungato che hanno le persone che si stanno sbellicando dalle risate e che è più forte delle voci. Non distinguevo bene quello che si dicevano, ma avevo l'impressione che il loro respiro, le loro risate, i loro "shhhht" mi arrivassero direttamente nell'orecchio. Mi sono offesa un po' al pensiero di essere quella che non bisognava svegliare e mi sono alzata per socchiudere la porta della mia camera; erano mezze inginocchiate sul divano, e alcuni dei loro vestiti erano già sparpagliati a terra. Avevo visto Ben baciare un sacco di ragazze, un sacco di volte, ma sempre in pubblico. Quello a cui stavo assistendo era una cosa molto diversa; l'aria intorno ai loro visi aveva una consistenza intima e segreta che non sembrava appartenere che a loro due, come la manifestazione fisica dei loro baci. Le mani di Ben percorrevano il corpo dell'altra e il corpo dell'altra si abbandonava alle ombre e le ombre invadevano lo sguardo di Ben e lo sguardo di Ben affondava col peso della testa e la testa dell'altra si inclinava lentamente in avanti, poi indietro, man mano che il suo respiro fluisse e rifluisse come delle onde. A volte Ben prendeva la ragazza alla radice dei capelli, giusto sotto la nuca, là dove il cranio si arrotonda; tirava leggermente indietro per baciare il collo che così si offriva; la ragazza si lasciava manipolare così bene che le loro silhouette come ombre cinesi sembravano allo stesso tempo dolci e violente. Ben baciava la ragazza sul viso, sotto l'orecchio, e poi un po' più giù, alla giunzione delle clavicole; percorreva il suo busto con le labbra, lasciava scorrere le mani dappertutto sul suo corpo, lo impugnava e lo accarezzava allo stesso tempo; ho avuto l'impressione di sentire le sue labbra sulla mia, di pelle, di sentire le sue mani sulla mia nuca, le mie spalle, i miei fianchi - le mani di Ben, le labbra di Ben. Avevo la nausea, il loro respiro, i loro gesti, l'eco dei loro mormorii mi facevano tremare, sono stata sul punto di sbattere la porta per farle smettere, ma le ho guardate fino alla fine. Quando hanno finito, sono crollata sul letto; il cuore batteva all'impazzata e i capelli mi si erano drizzati per l'indignazione. 
Cazzo.