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CriticaLibera - A Pietroburgo in compagnia di Gogol'

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A chi avrà la fortuna di visitare la splendida San Pietroburgo, consiglio di mettere in valigia Racconti di Pietroburgo di Gogol’ una raccolta che comprende celebri opere quali “La prospettiva Nevskij”, “Il naso”, “Il ritratto”, “Il cappotto” e “Le memorie di un pazzo”. Faccio riferimento alla mia edizione Oscar Mondadori, altre includono più racconti.
Gogol’ è tra gli esponenti più brillanti del realismo russo che sa fondere la lezione del realismo, quello di tradizione francese, per intenderci, con elementi grotteschi e stranianti che anticipano il realismo magico. Il risultato è un racconto singolare, perturbante, divertente, ma che al tempo stesso sottende uno sfondo tragico, quello che caratterizza le vite normali e ugualmente mediocri dei protagonisti.
Le tendenze della narrativa russa della prima metà dell’Ottocento giocano un ruolo fondamentale nella produzione letteraria dello scrittore, tuttavia la vita di Gogol’ costituisce uno spunto per le sue opere: un’esistenza complicata, riflesso di una personalità altrettanto contorta. Intraprende la professione del burocrate, ottiene una cattedra di storia generale all’università di Pietroburgo, e sogna di scrivere grandi opere sulla storia della propria terra, l’Ucraina, ma entrambi i tentativi si rivelano un fallimento. I suoi successi letterari si confondono ad un innato senso di inferiorità, spirito autodistruttivo, disagio psichico e forte ipocondria che lo porta ad adottare pratiche mistiche. Si convince, infatti, di essere tentato dal diavolo che, a suo dire, lo avrebbe costretto a bruciare il manoscritto della seconda parte de Le anime morte, il suo capolavoro.
La breve introduzione sulla vita di Gogol’ rafforza le posizioni di un’opera di Vladimir Nabokov dal titolo Nicolaj Gogol’, dove, tra i vari aspetti, si concentra sull’arrivo dello scrittore nel dicembre del 1828 a San Pietroburgo, città che ispira i Racconti e che contribuisce a definire la stranezza dei personaggi gogoliani. Come spiega Nabokov, Pietroburgo, la capitale dell’impero zarista fondata da Pietro il Grande nel 1703, nasconde un passato tragico in quanto venne costruita sopra una palude sfruttando il duro lavoro dei servi della gleba. Pietroburgo convive con questo “peccato orginale”, come lo chiama Nabokov che prende forma nei racconti di Gogol’ che, data la sua strana personalità, non poteva trasferirsi che in una città così strana: “Passando per così dire attraverso il temperamento di Gogol’, Pietroburgo acquistò una fama di stranezza che conservò per quasi un secolo, perdendola quando cessò di essere la capitale dell’impero […] Quella stranezza, tuttavia, fu provata e messa in mostra veramente quando un uomo come Gogol’ discese la prospettiva Nevskij”.

La prospettiva Nevskij in una foto ottocentesca


Allora accade che a Pietroburgo il barbiere di un maggiore trovi il naso di quest’ultimo in una pagnotta di pane e il naso prenda vita andando in giro in alta uniforme fino ad essere braccato mentre tentava di fuggire a Riga oppure che ad un triste impiegato statale venga rubato il cappotto appena acquistato e dopo essere morto di freddo torni come fantasma a strappare i cappotti ai pietroburghesi Sulla prospettiva Nevskij un giovane rincorre una fanciulla senza sapere se si tratti di sogno o realtà, mentre un misero funzionario ridotto a temperare penne d’oca si innamora della figlia del suo superiore ed impazzisce perché non potrà mai averla. Ma a Pietroburgo incombe anche la maledizione di un misterioso quadro raffigurante un usuraio che fa asservire i pittori alle regole del mercato anziché dell’arte.
La magia di Pietroburgo investe i personaggi dei Racconti di Gogol’, rendendoli protagonisti di improbabili grottesche avventure che sfuggono persino al loro autore. Ecco come Gogol’ commenta il finale de “Il naso”: “Lo ammetto ciò è proprio inconcepibile, questo decisamente…no no, non lo comprendo affatto. In primo luogo, non ne viene assolutamente alcun utile alla patria; in secondo luogo…ma anche in secondo luogo non c’è nessun utile. Semplicemente io non so che cosa voglia dire tutto questo…”.
E questa è solo finzione…chissà che cosa avrebbe concepito Gogol’ dall’assurdità di certi eventi contemporanei…


Martina Pagano