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"L'oscillante ricerca" dei tempi moderni

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L'oscillante ricerca
di Rosario Amenta
Altrimedia Edizioni, Matera 2009


Mi è capitato di chiedermi se nel Duemila si possano ancora scrivere storie pedagogiche, ovvero narrazioni volte a un insegnamento, in cui un giovane protagonista attraverso l'influenza di alcuni (più o meno validi) maestri sperimenta la vita, e cresce. Mi sono anche domandata se, venuta meno la fiducia positivistica ottocentesca, questo genere non si complichi e risulti anacronistico. O, al contrario, se non possa assumere nuove potenzialità. Rosario Amenta, con il suo racconto L'oscillante ricerca (pp. 81), prende proprio l'avvio dall'inquietudine del protagonista, il giovane Raffaele, che si interroga sulla trascendenza e sul senso più profondo della vita. Per quanto cerchi risposte dai "maestri" più o meno occasionali (il padre vedovo, assente ed egoista; ragazzi sbandati; la fidanzatina,...), nessuno sembra capire l'importanza della sua ricerca, né riesce ad aiutarlo. Quindi, il racconto pedagogico risulta destrutturato rispetto alla tradizione: alle tante domande di Raffaele, rispondono stupore e turbamento, quando addirittura non vi sia un desolante silenzio.
Contenutisticamente e narrativamente, il racconto sembrerebbe piegarsi verso un epilogo da "insegnamento mancato". E qui invece subentra la carica creativa di Amenta: il protagonista Raffaele, deluso nella sua ricerca di cui non intravvede un risultato, si ripiega in sé stesso, si chiude in casa e crea al computer una realtà virtuale. Lì, lui solo è creatore e demiurgo, lui solo stabilisce le regole e amministra i suoi abitanti, lui solo può distruggere... Tuttavia, come è presumibile, questa non è che una fuga da una quotidianità che ha tanto deluso Raffaele, e l'anticamera di un'inevitabile follia.

Dunque, un tragitto parabolico che segna il protagonista fisicamente e interiormente: delusione e frustrazione sono i capisaldi di questa ricerca teleologica e teologica, che non può dipanarsi liberamente verso un epilogo (da qui il titolo). Se l'idea è innovativa e molto contemporanea, bisogna notare che la resa stilistica non risulta altrettanto entusiasmante: purtroppo, i paragrafi sono appesantiti da molti cenni intellettualistici, e la matrice filosofica rischia di trasformare in più punti la narrazione in un postulato saggistico. La distanza tra sequenze narrative e altre riflessive risulta spesso molto rilevata, ma credo che il testo, sgravato di questi funambolismi lessicali e periodi "oscillanti", appunto, possa portare a riflettere sulla possibilità continuamente negata di arrivare al senso della vita.

Gloria M. Ghioni