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Mario Soldati e il suo esordio: "Salmace"

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Salmace
di Mario Soldati
Adelphi, 1993

€ 12
pp. 143




Il 1929 fu per l'Italia un anno saliente, siglato dal Concordato tra Chiesa e Regno. Gli eventi del macrocosmo, simbolicamente sanciti da momenti di portata storica così notevoli, hanno influito necessariamente nella vita dei singoli cittadini, di ognuno dei nostri nonni. Ma questi piccoli grandi fatti personali non possono che restare più o meno privati, forme di narrrazione familiare che contribuiscono a formare la nostra memoria storica di cittadino. Non per tutti fu così.
Per Mario Soldati, che a quel tempo era un giovane ventitreenne consapevole del suo “antifascismo viscerale”, il 1929 fu “l'anno perno” della sua vita. Vinse una borsa di studio che l'avrebbe portato negli Stati Uniti e pubblico il suo libro di esordio: Salmace. Salmace è una raccolta di sei racconti, in ordine: Vittoria, Pierina e l'Aprile, Salmace, Scenario, Mio figlio, Fuga in Francia.
Preme subito indicare che l'ordine che i racconti seguono nella raccolta non coincide con il reale ordine cronologico di stesura. Soldati infatti scrisse questi sei racconti in due momenti distinti, che dividono il gruppo di sei in due terne: Pierina, Salmace, Scenario prima e Vittoria, Mio figlio e Fuga in Francia poi.
Alba Andreini nel saggio introduttivo all'edizione Oscar Mondadori del 2009, nota un'evoluzione, un perfezionamento dello stile di scrittura da parte del giovane Soldati, che pur avendo poco più di vent'anni, mostra una padronanza del mestiere di scrivere da uomo maturo, una “consumata abilità di scrittore”. È simpatico notare che questo divario tra età anagrafica e “intellettuale” fosse visibile anche all'aspetto esteriore.
Moravia racconta di aver riconosciuto nel 1927 “un Soldati giovane atteggiato da anziano”: occhialuto, barba lunga, voce profonda. Moravia. Anche per lui il 1929 fu l'anno di uscita del suo libro di esordio, Gli Indifferenti, così diverso da Salmace innanzitutto per la forma (un romanzo lungo e compatto contro sei racconti brevi), per l'ambientazione (Roma contro il provinciale Piemonte) e per il successivo seguito delle due opere (successo di pubblico quasi immediato e longevo contro una riscoperta molto recente).
Ma di cosa parla Salmace? Per capire l'opera bisogna sicuramente passare, almeno rapidamente, dalle trame dei singoli racconti: lo ha fatto anche Garboli, amico intellettuale dell'autore, nella postfazione all'edizione Adelphi del 1993. Quindi... Vittoria: storia di un marito che, rientrando in anticipo dal lavoro, scopre che la moglie lo tradisce, e ciò riaccende in lui il desiderio. Pierina e l'Aprile: tra tutti i mestieri del mondo Pierina sceglie quello di prostituta, perchè più vicino alla libertà. Samace: storia di un cambiamento di sesso graduale ma allo stesso modo scioccante per cui il protagonista ritrova la sua vera identità nel corpo di una donna. Scenario: un amore omosessuale vissuto tra le calli di Venezia. Mio figlio: un padre tradisce il figlio intrattenendo una relazione amorosa con la nuora. Fuga in Francia: il protagonista aiuta una sua vecchia amica a far evadere dal paese il marito bancarottiere e il suo socio, tra camminate notturne in mezzo alla neve.
Se questi miseri riassunti non hanno la pretesa di rendere nemmeno lontanamente l'intensità delle vicende narrate, almeno possono darci un'idea su alcune delle caratteristiche salienti della raccolta. Anzitutto i personaggi, una “umanità eslege per attività” (prostitute, bancarottieri), per infrazione del ruolo svolto nelle relazioni affettive convenzionalmente intese di marito e padre o per scelta sessuale. I personaggi che Soldati mette in scena sono extra-ordinari, escono dagli schemi consueti, per comportamento o per scelte di vita.
Fil rouge della narrazione è la trasgressione, sempre presente nei singoli racconti, anche se in modo diverso. La trasgressione però non diventa mai bestialità, non sprofonda in basso e nemmeno genera autopunitivi sensi di colpa; la trasgressione è la spinta che rende “voluttuoso il vivere”, che assicura alla vita il suo dinamismo primordiale, permettendo ai protagonisti di uscire e di sfuggire a una vita noiosa, abitudinaria, deprimente, indifferente. Ecco tornare quella parola: l'indifferenza, che ci collega ancora una volta a Moravia. Qui però l'indifferenza è altro, coincide con la condizione di stanchezza, routine logorante nella quale il protagonista si trova prima che l'evento trasgressivo rompa le maglie di una vita troppo stretta. Una via d'uscita che permette di ritrovare la felicità superando imposizioni esterne, regole sociali. In questo libro l'impulsivita, anche sessuale, viene vissuta come naturale, anzi, solo accettando l'irrazionale, si può pensare di vivere la propria vita liberi da “maschere della menzogna”.
Un'opera dinamica, una forma duttile (quella del racconto), uno stile elegante, trame irriverenti e di una modernità sorprendente. Un libro di carnevali, di primavere, di rinascite. Così ben simboleggiate dal titolo: Salmace era una ninfa che, innamoratasi di Ermafrodito, ottiene di cingerlo in un abbraccio eterno dal quale i due corpi escono per sempre uniti.

Elena Sizana