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Tra Vecchio e Nuovo Continente, "Cosa pensano gli americani"

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Cosa pensano gli americani
(e perché sono così diversi da noi)
di Francesco Antinucci

Laterza, 2012



Vista la prossimità della chiamata alle urne negli Usa, vale la pena spendere due parole per una produzione editoriale Laterza, che pur non occupandosi direttamente di tematiche politico-economiche o di sedie vuote o di video fatti di nascosto a carpire qualche frase scomoda, ci aiuta a comprendere meglio gli Stati Uniti. Sembrerebbe inutile, o almeno superfluo si potrebbe pensare, visto che non ci si sente così distanti da una realtà che almeno dal secondo dopoguerra è stata sempre più presente nella quotidianità di ognuno. Piuttosto più utile sarebbe conoscere stili di vita totalmente a noi lontani. In verità, come ci spiega Francesco Antinucci nel suo Cosa pensano gli americani (e perché sono così diversi da noi) il nostro (italiano e anche europeo) approccio alla realtà è molto diverso da quello americano, e ciò ha radici profonde nella storia del paese.

Prima di tutto però vale la pena di parlare del prodotto editoriale in questione che non si presenta al pubblico dei lettori solamente come un libro tradizionale. Si tratta infatti di un “book_int”, come gli ideatori hanno deciso di chiamarlo. Ovvero, come si può leggere dal sito della casa editrice, un «libro d'autore interattivo è una forma partecipata di pubblicazione che mantiene la centralità dell’autore e valorizza la dimensione sociale e interattiva del libro […]». Nel caso in particolare, durante il mese di giugno scorso fino a luglio, il libro è stato pubblicato sul sito della casa editrice in 4 capitoli (1. Noi, il popolo degli Stati Uniti. Dialogo sulla cittadinanza; 2. “Nato-per-essere-il-primo-del-mondo”. Dialogo sull’uguaglianza; 3. La dura vita degli ereditieri. Dialogo sulla filantropia; 4. Non dire falsa testimonianza. Dialogo sulla menzogna (ma anche sul futuro e la tecnologia) uno per ogni settimana. Ogni volta, ogni capitolo è accompagnato da una breve presentazione video dello stesso Antinucci. La versione tradizionale, di carta, del libro è stata messa in commercio in un momento successivo, a partire dal 6 settembre. Intanto per chi avesse voluto – lettori on-line e lettori del libro cartaceo – avrebbero potuto commentare ogni capitolo sul sito della casa editrice instaurando un dialogo con altri lettori (molti dei quali illustri) e con l’autore stesso. Da questo “esperimento” è nato poi un e-book ovvero la versione elettronica del libro stesso con l’aggiunta dei video dell’autore e dei migliori commenti dei lettori. Da notare quindi come la dimensione social entri a far parte del prodotto pubblicato, anche se come prevedibile in questi casi, i libro è andato arricchendosi soprattutto di commenti da parte di importanti studiosi offrendo così un’opera più “completa”, viste le varie precisazioni e approfondimenti a seconda delle proprie esperienze e specializzazione e professioni.

Quello che un po’ fa sorridere è che questi studiosi abbiano commentato in modo sempre elogiativo l’opera di Antinucci (che merita, ovviamente), ma secondo modalità che sono più quelle della recensione “amichevole”, e dell’invito all’acquisto, che non del commento in rete. Senza considerare che quella non è un intervento sul corpo di una recensione, ma il testo (il prodotto vero e proprio). L’impressione che il lettore medio abituato a navigare e partecipare (per quanto gli è concesso) può ricavare è di un ambiente nel quale è già stato tutto preparato, ma non per chiunque, e nel quale quindi si può essere restii ad entrare. Eppure così non dovrebbe essere proprio per le modalità in cui l’opera è stata pensata e si presenta. Infatti i 4 capitoli riportano il lungo dialogo tra A e B, ovvero Antinucci – che espone le proprie tesi – e B – una sorta di alter ego di Antinucci stesso, un po’ più sprovveduto, ma che come ognuno dei lettori, ha (e come ogni lettore dovrebbe avere altrimenti non starebbe leggendo il libro) desiderio di comprendere meglio, e quindi di intervenire, controbattere e chiedere spiegazioni.

Antinucci – che ha trascorso lunga parte della sua vita negli Usa come ricercatore a Berkely e alla PARC della Xerox – si sofferma su molti aspetti della vita negli Usa usando sia la storia che l’aneddotica personale che la quotidianità dei cittadini. Vale la pena soffermarsi almeno su una tematica, al fine di riassumere le modalità di discussione dei dialoghi.
Il messaggio inviato dalla banca on-line allo stesso Antinucci, è utile ad innestare una riflessione sull’ossessione – o meglio ancora la fiducia – americana verso la classificazione. La banca infatti, orgogliosamente, comunicava al proprio cliente di essere la prima banca on-line e, volendo, il cliente avrebbe potuto informarsi sui criteri di misurazione e valutazione. Negli Usa, come nota Antinucci, in ogni campo si tende a misurare e valutare secondo criteri oggettivi al fine di identificare il prodotto o il servizio offerto: uno strumento utile per tutti per capire ciò che funziona o meno. Anche perché fiducia nella valutazione e oggettività dei criteri, portano al desiderio di primeggiare e migliorarsi. In questo è una grande differenza tra il Vecchio e il Nuovo continente (e soprattutto mi permetto di dire, rispetto all’Italia): il fatto che misurare sia visto di qua dall’oceano come un criterio di differenziazione e che quindi vada a discapito di qualcuno che è svantaggiato (per un qualche motivo), mentre negli Usa, misurare vuol dire dare a tutti le stesse opportunità di competere. Non a caso il SAT (Scholastic Assessment Test, una sorta di test d’accesso all’Università) non è strutturato per constatare chi sa di più, proprio perché questa conoscenza potrebbe non derivare dalle proprie capacità ma dall’ambiente culturale (familiare) nel quale si è cresciuti e quindi tende a misurare le proprie capacità di ragionamento e quindi le possibilità di riuscire in ambito accademico. Questo significa mettere tutti allo stesso piano più di ogni erogazione di denaro! Questo test ormai fa parte della cultura americana da tempo e non ci si stupisce se la fiducia nella misurazione sia entrata a far parte del DNA di un popolo e di tutti quelli che credono nella “teocrazia laica” (come la chiama Antinucci) dell’America: il diventare cittadino americano (altra tesi importante del libro che si può trovare soprattutto nel primo capitolo), l’aderire, più che esserlo per sangue e nascita.
Non a caso, verrebbe da aggiungere, è proprio negli Usa che è stato sviluppato il criterio oggettivo di valutazione tra i più diffusi oggi al mondo: il PageRank di Google, l’algoritmo che permette di ottenere risultati ottimali alle nostre ricerche quotidiane di ogni genere.

Altre riflessioni completano questo “insolito” saggio. Sulla cittadinanza, come già accennato (il divenire americano per consapevolezza di valori condivisi e non per sangue), sul valore economico e civile delle enormi donazioni dei multimiliardari americani a università e istituti (cosa che in Italia è pressoché inesistente), sulla menzogna e il furto (anche pubblico) come azioni riprovevoli e sulla fiducia nel futuro e nell’innovazione (anche la stessa diffidenza – anche se qui Antinucci segue una valutazione poco scientifica ma molto empirica: comportamenti che ha avuto modo di osservare – in Italia verso l’aggiornamento di un software).
Leggere una “chiacchierata” può essere stimolante, in più se arricchita da interventi notevoli. Da fruire come si preferisce.