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Pillole d'autore: Tomas Tranströmer

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Perchè attraverso le sue immagini condensate e translucide ha offerto un nuovo accesso alla realtà.
Ecco la motivazione per il conferimento del Premio Nobel per la letteratura 2011 a Tomas Tranströmer. Da diciassette anni il noto premio svedese non toccava il mondo della poesia: l'ultimo Nobel a un poeta risale al 1996, l'anno di Wisława Szymborska. In più, quest'anno la Svezia gioca in casa: Tranströmer è considerato il più grande poeta svedese in vita. Quasi sconosciuto in Italia (il suo principale editore è Crocetti, che nel 2011 ha pubblicato Poesie dal silenzio, la silloge da cui abbiamo estratto i pezzi che seguono), all'estero ha una certa notorietà. Quel che è certo, Tranströmer intinge la propria penna in un calamaio di ghiaccio: le sue immagini sono essenziali, la sua sintassi paratattica sino a lambire un certo ermetismo. Psicologo di mestiere, nella sua poesia si intuisce un'evoluzione verso uno stile sempre più rarefatto: nei suoi ultimi haiku, che usciranno a giorni sempre per Crocetti col titolo Il grande mistero, si respira l'attonita aria di una rêverie invernale. Per un ottimo invito alla lettura delle sue opere, rimando a un articolo di Claudio Magris uscito sul Corriere della Sera nel 2004: i migliori giudizi sono espressi prima che si accendano le luci della ribalta.

 

I ricordi mi vedono

Un mattino di giugno,
troppo presto per svegliarsi,
troppo tardi per riprendere sonno.

Devo uscire nel verde gremito di ricordi,
e mi seguono con lo sguardo.

Non si vedono,
si fondono totalmente
con lo sfondo, camaleonti perfetti.

Così vicini che li sento respirare
benché il canto degli uccelli
sia assordante.

Pagina di libro notturno

Sbarcai una notte di maggio
in un gelido chiaro di luna
dove erba e fiori erano grigi
ma il profumo verde.

Salii piano un pendìo
nella daltonica notte
mentre pietre bianche
segnalavano alla luna.

Uno spazio di tempo
lungo qualche minuto
largo cinquantotto anni.

E dietro di me
oltre le plumbee acque luccicanti
c’era l’altra costa
e i dominatori.

Uomini con futuro
invece di volti.

Storia fantastica

Ci sono giorni d’inverno senza neve quando il mare s’imparenta
con i tratti montuosi, accucciandosi in grigie vesti di piume,
un breve attimo blu, lunghe ore con onde che invano
come pallide linci cercano appiglio sulla riva ghiaiosa.

In giorni come questo esce il relitto dal mare in cerca dei
suoi armatori, seduti al chiasso delle cittá, e gli equipaggi
annegati soffiano verso terra, più sottili del fumo di pipa.

(Nel nord vagano le vere linci, con artigli affilati
e occhi sognanti. Nel nord dove il giorno
vive in una caverna giorno e notte.

Dove il solo sopravvissuto può sedere
alla fornace dell’aurora boreale e ascoltare
la musica dei morti assiderati.)

Insicurezza nazionale

Il sottosegretario si piega in avanti e disegna una X
e i suoi orecchini tintinnano come spade di Damocle.

Come una farfalla screziata è invisibile al suolo
così il demonio si mescola con il giornale spalancato.

Un casco che nessuno porta ha preso il potere.
La tartaruga-madre fugge volando sotto l’acqua.

Le pietre

Sento cadere le pietre che abbiamo gettato,
cristalline negli anni. Nella valle
volano le azioni confuse dell’attimo
gridando da cima a cima degli alberi, tacciono
nell’aria più leggera del presente, planano
come rondini da cima
a cima dei monti finché
raggiungono l’altopiano più remoto
lungo la frontiera con l’aldilà.
Là cadono
le nostre azioni cristalline
su nessun fondo,
tranne noi stessi.