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Inconsueta analisi del Futurismo russo

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Pancetta
di Paolo Nori
Milano, Feltrinelli, 2004

Ho scoperto questo libro curiosando nella sezione di letteratura italiana di una libreria di Oxford. Mi sono subito chiesta per quale motivo, senza nulla togliere a Paolo Nori, questo libro potesse trovarsi nel piccolo scaffale italiano in compagnia di Dante, Petrarca, Calvino, e non molti altri nomi della nostra letteratura. Mi incuriosiva soprattutto il titolo, stridente con la cartolina della serie “Ordini e medaglie dell'Urss” che occupa lo sfondo rosso della copertina, e che in un primo momento ho collegato alle tradizioni e al cibo italiano che tanto mi mancano in Inghilterra.
Il titolo non deve però trarre in inganno, dato che il libro di Nori presenta una trattazione, a tratti saggistica, dei movimenti letterari che ruotano intorno al Futurismo russo negli anni Dieci. Nel prologo, l'autore informa il lettore che il libro si è sviluppato a partire da alcuni viaggi in Russia per condurre delle ricerche sul poeta Velimir Chlebnikov (argomento di tesi di Nori). I capitoli che ricostruiscono il percorso della ricerca e le relative considerazioni e analisi sulla poesia russa del primo Novecento sono alternati a capitoli del diario fittizio di uno dei protagonisti di questa stagione poetica, Pavel Filosofov, che ripercorre il proprie (dis)avventure poetiche dalla campagna russa a San Pietroburgo in compagnia dell'amico Saša. Data la pretesa scientificità dell'opera (Nori dichiara esplicitamente il suo essere uno slavista, e cita spesso dati, fonti bibliografiche, progetti di ricerca e analisi di letteratura russa) in un primo momento il lettore può essere tratto in inganno sulla veridicità del diario. Riferimenti a personaggi italiani, modi di dire italiani che si ritrovano nel testo di Filosofov, l' “Ital'janskaya” e lo stesso nome del protagonista svelano però presto l'identità dell'autore del diario. Nonostante l'espediente narrativo possa considerarsi un'idea intelligente per smorzare i toni saggistici dell'opera attraverso la ricostruzione di una verosimile 'carriera' poetica, la struttura complessiva dell'opera non convince. Le parti saggistiche presentano infatti considerazioni troppo specialistiche e dettagliate per un lettore poco interessato alla letteratura russa, e sebbene Nori, ironicamente, inviti spesso il lettore a tralasciare la lettura se interessato ad una biografia di Majakovskij, sarebbe bene riconoscere che la maggioranza dei lettori, anche specialisti, possa non essere interessata a una ricostruzione dettagliata della vita e della carriera poetica di Chlebnikov. Lo stesso poeta, poi, viene quasi martirizzato alla fine del romanzo attraverso una potente descrizione della sua morte, enfatizzata da un lessico crudo e da una narrazione rotta, scandita da brevi paragrafi isolati fra loro. Non convince nemmeno il diario, che non apre nuove prospettive sulla considerazione della vita dei giovani poeti russi tra fine Ottocento e inizio Novecento alle prese con la ricerca di un'identità originale in rottura con le tradizioni passate (i due protagonisti conoscono infatti varie fasi: egofuturista, pigrista, tabarinista, burljukista, antifuturista, cubofuturista, ecc.). Al contrario, un lettore che conosce i romanzi russi dell'Ottocento e Novecento può essere quasi annoiato da questa ricostruzione.
Sebbene possa risultare noioso e poco avvincente (la storia dei due protagonisti è inoltre lasciata in sospeso, e le prolessi inserite precedentemente non trovano compimento nella narrazione), il diario mima lo stile narrativo russo in modo attendibile. Tuttavia, le competenze slavistiche di Nori risultano a tratti quasi pedanti, soprattutto per le notazioni filologiche sulla denominazione dei vari gruppi poetici e per il frequente inserimento di termini russi, indice certo di preparazione e accurata ricostruzione, ma anche di un certo sfoggio di cultura. Lo stesso titolo, la cui connessione al testo rimane oscura fino alle ultime pagine, è la traduzione del termine russo “grudinka”, soprannome dato, nella vita reale, ad uno dei personaggi del diario di Paša. Sempre per lo stile, le parti scritte in prima persona dall'autore presentano una lingua sintatticamente aderente al parlato basso, con frequenti ellissi, 'che' polivalenti, dislocazioni e interi costrutti grammaticalmente sconnessi. Questo tipo di lingua, forse consapevolmente scelta in contrasto allo stile lineare e grammaticalmente corretto del diario, appare però un po' forzata, e forse anche datata, dato che oggigiorno lo sperimentalismo linguistico può facilmente cadere nel manierismo.
Non mancano però anche note positive, che forse avrebbero potuto essere sviluppate in modo più approfondito. Mi riferisco soprattutto alla riflessione sul ruolo della letteratura e della poesia nell'esperienza privata. Il soggiorno pietroburghese porta infatti Saša e Paša a riflettere sul significato dell'essere poeta a San Pietroburgo nel 1912. I due ragazzi si trovano a fronteggiare strani personaggi che avanzano la pretesa di essere artisti, sedicenti gruppi poetici e altre stravaganze che spesso riscontriamo in chi crede che fare arte significhi solo infrangere una regola. Tutte queste esperienze e le riflessioni che da esse scaturiscono, portano Nori a mettere in discussione il significato della letteratura, introducendo la parte più significativa del libro, quando Paša considera che «se dovessi dire qual è l'effetto della letteratura, non troverei che una parola forse non troppo bella, non troppo profonda né specifica, vivificanza».
L'altro aspetto interessante riguarda il progetto di un documentario sulle case di San Pietroburgo che Nori realizza durante uno dei suoi viaggi di ricerca in Russia. Accenni al documentario e ad alcuni episodi si trovano nelle prime parti del romanzo. Sebbene questo soffermarsi sulla descrizioni di case (e relativi abitanti) pietroburghesi sposti il centro della narrazione, ho trovato interessante l'idea di combinare la ricerca sociologica alla storia architettonica della città. L'idea che ha dato vita a Pancetta, quindi, presenta degli spunti sicuramente notevoli e degni di interesse, ma non riesce a trovare uno sviluppo avvincente nel laboratorio narrativo.