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La paura della morte della madre fa nascere un personaggio meraviglioso in "Ann D'Inghilterra" di Julia Deck

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Ann d'Inghilterra


Ann d’Inghilterra
di Julia Deck
Adelphi, settembre 2025

Traduzione di Yasmina Mélaouah

pp. 201
€ 19 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)

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Questo libro inizia con una delle paure più comuni che esistano e che ha a che fare con la paura per la morte di una figura cara. È un libro molto intimo e nello stesso tempo si muove sul filo della finzione, perché questo è proprio il proposito della scrittrice, narrarci l’avventurosa storia di sua madre Ann, dal momento in cui, una domenica, la trova riversa sul pavimento della cucina, quasi morente, per colpa di un ictus.


Julia Deck, che è una scrittrice di cui ho già avuto modo di apprezzare la scrittura, riesce in questo intento in una maniera delicata e anche veritiera e ci restituisce la figura di una madre che è anche un favoloso personaggio, sempre in fuga, sempre alla ricerca di avventure, innamorata della vita e che attraversa gli anni al suono di canzoni e di titoli di libri, cercando una nuova identità in quella Francia che amava già dagli studi universitari.


All’improvviso Julia capisce che sua madre Ann sarebbe stata davvero una figura unica da conoscere, ma se ne accorge quando il loro rapporto sembra avere una scadenza. La scrittura diventa, come spesso accade nei libri che sanno toccare una verità profonda, un gesto di recupero e di restituzione: recupero di tutto ciò che è sfuggito mentre accadeva, restituzione di un’immagine che non è più soltanto privata, ma letteraria, simbolica, condivisibile, recupero di un rapporto madre e figlia che ha vissuto momenti di conflittualità. Ann d’Inghilterra si situa esattamente in questo punto di frizione: tra il bisogno di trattenere l’inafferrabile e la consapevolezza che ogni tentativo di ricostruzione è inevitabilmente filtrato dalla memoria, dall’immaginazione, e persino dal desiderio di costruire un mito familiare.


Deck lavora sulla figura materna come su un negativo fotografico. L’ictus che colpisce Ann è un evento reale, brutale, ma la scrittrice lo usa come per scopi narrativi e in un certo senso lo esorcizza e lo cristallizza. Invece di soffermarsi unicamente su quel presente doloroso, allarga lo sguardo a tutto ciò che precede, riannoda frammenti, episodi, a volte dubbi. E così Ann prende forma in quanto personaggio: la ragazza studiosa che sogna Parigi, la giovane donna che compie scelte eccentriche e coraggiose, la madre spesso imprendibile, che sembra sempre sul punto di partire. Persino la sua identità geografica – un’Inghilterra” che la definisce e da cui prende le distanze – diventa un terreno che si sposta mentre lei ci viene raccontata.


Uno degli aspetti più interessanti di questo libro è proprio il rapporto tra verità e finzione. Deck dichiara apertamente che ciò che racconta è filtrato dal suo sguardo, dalla sua necessità di colmare i silenzi, di inventare laddove non può ricordare. Ma è proprio in questa oscillazione che Ann d’Inghilterra trova la sua forza: nella possibilità di usare la letteratura come strumento per dire l’indicibile, per salvare ciò che resta quando la presenza fisica si dissolve. La madre reale e quella immaginata, la madre vissuta e quella desiderata, si sovrappongono e si confondono in un’unica figura luminosa, che esiste perché è raccontata.


E mentre leggiamo, capiamo che questo non è soltanto un libro sulla malattia: è un romanzo sulla distanza tra chi siamo e chi avremmo voluto essere. È il tentativo – struggente, a volte ironico, – di colmare una mancanza che nessuna ricostruzione potrà davvero completare. È anche il tentativo di restituire dignità alla condizione del malato, in tempi in cui spesso questa condizione diventa condanna e più che fare il bene del paziente, si pensa a liberare letti nelle strutture. Un romanzo dolorosamente bello che si sottrae allo spaesamento di un vissuto segnato.


Samantha Viva