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Un vocabolario emotivo per superare lo smarrimento di un'apocalisse: le definizioni di tutti gli amori del mondo

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Il libro di tutti gli amori
di Agustín Fernández Mallo
Utopia Editore, novembre 2025

pp. 184
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)

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La scrittrice batte sui tasti, l'abbiamo detto, batte nervosamente, sono giorni che dorme a malapena, la sfera di cristallo sulla sua scrivania continua a traballare, nevica sulla miniatura della città, i cui canali Lord Byron si vantò di aver attraversato a nuoto in inverno, la città che diede i natali al macellaio che secoli dopo avrebbe ispirato Charles Manson, la stessa che vide fuggire dalle sue prigioni Giacomo Casanova e che inghiotti nelle sue acque Richard Wagner, la città dove venne firmato il primo assegno bancario e che inventò il capitalismo, la città dove Goethe raccolse centinaia di conchiglie (sulla spiaggia del Lido), la città che in una biblioteca, la Marciana, cela frasi inedite di Petrarca, la città di cui si innamorò Freya Stark, la più grande esploratrice dell'Oriente, e che Galileo Galilei arrivò a detestare, e la scrittrice digita mentre, in quel labirinto di turisti e acqua e pietra, l'afa di inizio estate porta un temporale, e lei conta le parole digitate tra il lampo e il tuono, sono sempre meno e riguardano l'unico tema che le interessa: l'amore. Interrompe la scrittura e pensa al marito, che dorme nella stanza accanto; sdraiato vicino a una grande sfera di vinili che lui stesso ha posizionato, come se fosse un totem, sul comodino, sopra a un piedistallo di fortuna. (p. 92)

Testo peculiare e ambizioso, un po' come tutti i libri pubblicati da Utopia, questa opera ibrida di Agustín Fernández Mallo - autore galiziano già pubblicato dalla casa editrice nel 2022 con Trilogia della guerra - ci promette fin dal suo titolo di raccontarci tutti gli amori del mondo. Ma che vuol dire? Come si racconta l'amore, e soprattutto come si raccontano tutti gli amori?

Si tratta di un libro che ha la struttura esterna di un romanzo, ma i cui ingranaggi interni spaziano dalla poesia alla linguistica, dal saggio al memoir. Si suddivide in quattro parti, o meglio quattro momenti, perché la storia (sì, c'è una storia) alterna sezioni più discorsive in forma di vocabolario a sezioni di dialogo grazie a cui un uomo e una donna, i nostri protagonisti, esplorano tutte le sfaccettature del loro rapporto. Un esempio:

Il posto migliore per nascondere una cosa è il fuoco. (Amore fuoco) 

Lei gli disse:

Il vento ha intrecciato le corde delle tende da sole nel cortile. L'intreccio ha creato un nodo; ha la forma del tuo sesso.

Lui le disse:

L'ho visto. Anche questa valle che abbiamo sotto i piedi è un calco del fondale del mare che la ricoprì. 

Un altro modo di comprendere le cose è dire che veniamo da un'oscurità e andiamo verso un'altra oscurità. Ciò che c'è in mezzo non è altro che una breve fiamma, un fiammifero che qualcuno accende senza scopo né motivo, nonostante ogni vita finisca per convertirsi nell'anima di un marchio già registrato. (Amore fiammifero) (p. 69)

E poi, alla fine di ogni parte, una terza sezione intitolata Venezia, che sembra disgiunta dalle altre, ma in realtà racconta la storia di questa coppia prima del Grande Blackout, un evento disastroso, apocalittico, che ha ridotto l'umanità ad ammasso di persone cieche, sorde, senza meta (questo filone narrativo mi ha tanto ricordato Cecità di Saramago). Dunque pare che al mondo siano rimasti in pochi ancora padroni di se stessi, forse solo il nostro uomo e la nostra donna senza nome. 
Cosa fanno dunque in una realtà che non ha nulla di certo, non ha più orientamento, punti cardinali? Cercano di raccontare tutti gli amori del mondo, a partire dal proprio, un amore carnale ma anche divino, terreno ed erotico, ma anche ispirato, come di un altro pianeta.

Ecco in questa ricerca, la donna inizia a scrivere a macchina mentre il compagno fa strani sogni. Lei scrive dell'unico argomento che le interessa - l'amore - lui la accompagna come una sorta di controcanto, fornendo a entrambi e anche a noi lettori innumerevoli definizioni possibili dell'amore stesso, definizioni (come dicevo) che ricalcano un po' il metodo usato dai vocabolari. Questi tentativi di svelamento abbracciano moltissime discipline: l'amore sarà accostato alle scienze, all'economia, alla politica, alla morte, alla botanica, alle arti, all'urbanistica, alla linguistica, partendo da una specie di aneddoto che riguarda quella disciplina per poi agganciarvi una definizione coerente dell'amore.

Contrariamente a quanto si crede, la vera cifra dell'attore non consiste nell'interpretare personaggi diversi, ma nel saper morire sul palcoscenico. Recitare è l'arte di morire ripetutamente. Nel First Folio, Shakespeare dice «the actor's art is to die and live, and play another part». Un caso particolare di recitazione è costituito dall'amore; gli attori e le attrici si innamorano (anche sullo schermo) tutte le volte che è necessario. Ebbene, nella vita al di fuori del teatro e degli schermi, è noto che l'atto di amare è legato alla morte per un semplice motivo: il fine dell'amore è sempre fondersi, dissolversi - alla fin fine morire - in un corpo che non è il proprio. In effetti, chi ama desidera morire dentro la persona amata e, visto che quel desiderio non si realizza mai, dopo aver amato, resuscita tutte le volte che serve per provarci di nuovo. Questa ripetizione dell'amore nelle nostre vite, a suo modo, è un vero e proprio lavoro, sebbene non sia retribuito. Diciamo di più: questo, e nessun altro, è il lavoro più propriamente umano, ciò che rende uguali l'amore fatto di carne e ossa e l'amore finto degli schermi, dei romanzi, delle poesie o di tutte le storie che ci raccontano fin da bambini. (Amore lavoro) (p. 83)

Allora questi intermezzi linguistici servono a procurare definizioni di tutti i tipi di amore esistenti, i dialoghi ci forniscono la cifra e la portata dell'amore della coppia, dei loro ricordi; e la terza sezione di chiusura - Venezia - ci racconta com'è nato il Grande Blackout e perché proprio a Venezia e perché sono gli unici sopravvissuti. Il testo non svela i loro nomi, ma diventa sempre più chiaro chi siano
In parallelo, un personaggio misterioso - forse un berbero, forse un ambasciatore - entra nella trama, senza chiarire perché o che ci faccia nella storia. Ma solo in apparenza: ci si chiede, è Dio? Un amico? Un nemico? Che ci fa anche lui a Venezia, una città ormai in rovina?

L'uomo fa una pausa, prende fiato e aggiunge:

«Ma accadde qualcos'altro, qualcosa che la riguarda direttamente, ed è proprio qui che volevo arrivare. Dopo aver bevuto l'acqua, dopo aver tremato, ho aperto immediatamente gli occhi, ho guardato verso i tavoli in fondo alla trattoria e lei era li, insieme a suo marito, mangiavate la pizza e lei chiedeva a suo marito come si dice fulmine in latino. Ho realizzato di averla già vista da qualche parte, molti anni prima; la sua dimensione fossile cominciava a mostrarsi ai miei occhi con una forza inarrestabile. A quel punto lei ha bevuto un sorso dal suo bicchiere d'acqua e ha tremato, il suo corpo ha tremato. Mi è bastato vedere quella scena per capire che voi eravate gli eletti. Presto suo marito avrebbe iniziato a fare i miei stessi sogni. Presto lei avrebbe indossato quella camicia. Presto sarebbe iniziato tutto ciò che sta accadendo». (pp. 112-113)

La donna domanda: eletti per cosa? La risposta è nel titolo. 

Per certi versi, questo testo mi ha ricordato un'altra pubblicazione di Utopia che ho letto lo scorso anno, Libro bianco di Piero Scanziani:  l'ampio respiro, un'apocalisse inspiegabile, un processo all'umanità, e un uomo solo, Pablo - avvocato di Adamo - che deve affrontare lo smarrimento

Non è facile categorizzare il libro di Mallo e, in realtà, non ce n'è bisogno: si legge su vari livelli, anche separatamente, per celebrare l'unica cosa che sembra importante: l'amore come forma di vita e morte supreme, come bussola nella nebbia e sentimento che può condurci a una comprensione più alta delle cose, sia quelle del mondo, sia quelle altre

Lo consiglio a chi ama i testi ibridi o, come dicevo prima, a chi ha già letto Saramago e Scanziani.

Deborah D'Addetta