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Una scatola di scarpe, una clinica psichiatrica e di come la bella scrittura, anche quando minuscola, trovi sempre il modo di emergere. "Microgrammi" di Robert Walser

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Microgrammi
di Robert Walser
Adelphi, novembre 2025

Traduzione di Giusi Drago

pp. 233
€ 20 (cartaceo)
€ 10.99 (ebook)

Non è stato sicuramente facile leggere questa nuova e completa versione di Microgrammi di Robert Walser, minuziosamente sezionata e tradotta da Giusi Drago per Adelphi. Se da un lato infatti, entrare nella mente e nella genialità dell’autore è stato per me uno stimolo ad approfondire ancora di più i miei studi su Walser, dall’altro la totale assenza di logica e linearità narrativa mi hanno dato inizialmente un forte senso di smarrimento. Questi cosiddetti frammenti di pensieri dell’autore provengono incredibilmente da una… scatola di scarpe. Walser passò infatti gli ultimi sui vent’anni di vita in una clinica psichiatrica e questi scritti riprodotti su cartoline, lettere e ritagli sono il risultato di un attento e impeccabile lavoro di cura e ammirazione da parte di Bernard Echte e Werner Morlang. Non c’è ordine in questi scritti dalla calligrafia minuscola (per ogni componimento viene riportata infatti una riproduzione autentica degli scritti originali). 

Coloro che la abitano e che le danno il nome hanno un che di irsuto, mentre coloro che le stanno intorno e vi guardano dentro presentano una certa indugiante oziosità. Il guardar giù è una specie di festa, perché quelli che si trovano nella fossa si comportano in modo spassoso, buffo, goffo, strampalato, meraviglioso. Sono esemplari magnifici, unici nel loro genere. È impossibile negare la loro originalità. Come si arrampicano bene! (p. 178)

Sembra di ritrovarsi in una dimensione onirica, perché leggendo non si capisce come si sia arrivati a questo passaggio, né si ha idea della direzione che prenderà la lettura né tantomeno si ha un fil rouge di contenuti. Il caos, a un primo sguardo, regna sovrano. Se però non si teme la mancanza di orientamento, addentrarsi in questa lettura significa scoprire un lato prezioso dell’autore svizzero. Questo componimento in prosa si riferisce infatti a degli orsi che nel Cinquecento erano tenuti in custodia nella sua città di Berna, e che solo a metà Ottocento trovarono posto nella fossa presso il ponte di Nydgegg. Grazie a questa preziosa informazione fornita in appendice al libro, a una seconda rilettura del testo, l'intero microgramma appare sotto una nuova e ribaltante luce. Uno dei miei passaggi preferiti è però la poesia La dove un tempo mi vide brava gente:

Là dove un tempo mi vide brava gente

ora verdeggiano gli alberi, e lungo cespugli

canterini e cinguettanti corre silente
la ferrovia. Può darsi che io sia un pressappochista.
Un gallo canta da un paesino poco in vista.
Di pezzo in pezzo io guizzo, di prosa in prosa, 

con la qual cosa metto a tacere quel che un tempo ero,

se mi sfiorano aspetti che non spero. (p. 16) 

Per un certo periodo Walser smise di dedicarsi ai componimenti poetici preferendo di gran lunga occuparsi di prosa. In questo ritrovamento vediamo invece come l'autore faccia riferimento al suo passato, al periodo della giovinezza. Oggi quel luogo è cambiato, perché ci sono alberi e cespugli, un luogo silenzioso e, forse isolato, in cui si sente solo il cinguettio degli uccellini, e sembra che solo una ferrovia lo attraversi. C'è un forte contrasto tra il passato e il presente, perché il poeta torna con la mente indietro e confronta la realtà (anche sua interiore) con i ricordi. C'è anche autoironia, perché si definisce un pressappochista, come ad ammettere di non essere forse un narratore affidabile, dati gli scherzi che la memoria gioca col tempo. Ed è proprio il tempo stesso ad essere centrale qui, poiché dona movimento a tutto il componimento, prima simboleggiato dalla ferrovia e successivamente dal guizzare veloce di prosa in prosa, come a dire: "tutto scorre dunque tutto passa". La sua scrittura però mette anche a tacere il passato, mentre di sfondo si cela una lieve malinconia, un piccolo turbamento che riemerge col riaffiorarsi dei ricordi. Ho scelto di portare come esempio questa poesia perché trovo che riesca a toccare l'animo di chi non la ama particolarmente. Le parole di Walser catturano il sentimento di nostalgia per il tempo che passa e tornano alla mente tra i ricordi, scoprendo che in realtà il primo a essere cambiato è proprio l'autore stesso.

Infine tengo a precisare che l’eroica impresa di restituire al lettore una versione di fonemi italiani in linea con il pensiero ma soprattutto con la scrittura di Walser, non è cosa facile, perché la lingua tedesca è ricca e armoniosa, ma sicuramente poco penetrabile se non la si conosce da vicino. La precisione con cui si indicano determinate parole non trova egual corrispettivo nel nostro idioma. E qui, il lavoro di traduzione ci mostra e, soprattutto, dimostra quanto questa professione sia tanto importante quanto quella della narrazione stessa. Un treno, se ha un solo binario deraglia, per questo il lavoro dell'autore è tanto importante quanto quello del traduttore. In questo caso, senza l'attenta analisi di Giusi Drago, non avremmo potuto apprezzare a dovere questi preziosissimi scritti, riportati alla luce soltanto recentemente e per la prima volta "decodificati" nella lingua italiana. Dopo il ricovero presso la clinica psichiatrica, infatti, si era erroneamente pensato che l'autore avesse abbandonato il suo amore per la scrittura. SI penbsi che Walser è stato davvero apprezzato e diffusamente letto solamente a partire dagli anni Settanta del Novecento, ma grazie ad Adelphi questi ritrovamenti scritti offrono ancora una volta l'incredibile meraviglia e onore di entrare, nel suo mondo, fatto tanto di grottesco, quanto di rigore. Un mondo che nasconde altri mondi, come a non voler mai smettere di stupirci.

Carlotta Lini