di Viola Ardone
Einaudi, settembre 2025
€ 19 (cartaceo)
€ 12,99 (ebook)
Ognuno ha un fardello pesante da portare, all'inizio di Tanta ancora Vita, nuovo romanzo di Viola Ardone: nonostante i suoi dieci anni, Kostya ha già imparato a vivere sotto le bombe, ma anche ad accettare di essere continuamente abbandonato. Lo ha fatto sua madre quando era piccolissimo, e adesso è il turno di suo padre, Roman, che si è arruolato in guerra per l'Ucraina e decide di mandare Kostya in Italia, dove sua nonna Irina lavora.
Dire addio e partire non è semplice, anche se Roman assicura a Kostya che si tratta di un arrivederci e che presto lui raggiungerà figlio e madre in Italia. Ci sono però un viaggio lungo da affrontare, pieno di imprevisti, nuovi stati da attraversare, cibo da conservare gelosamente, telefono da tenere spento per non sprecare la batteria. E ci sono anche paure, quelle che Kostya fa più fatica ad ammettere tra sé e sé.
A cominciare dalla paura di essere abbandonato un'altra volta, anche da sua nonna Irina, che – d'altra parte – non sa nemmeno della partenza del nipotino. Lei ha lasciato anni prima l'Ucraina per procurare denaro per la sua famiglia, e ancora manda soldi a quel figlio un po' scapestrato, con la promessa che servano a crescere Kostya e non solo a pagare alcol in qualche bettola. Tutto questo pesa a Irina, così come il suo vivere nascostamente, lei che ha studiato Filosofia all'università e che in Italia è invece ritenuta semplicemente una donna delle pulizie.
Talvolta la sua datrice di lavoro, Vita, la prende bonariamente in giro per l'abitudine di Irina di citare "padre Dante" in qualsiasi contesto, perché la Commedia è stata il testo su cui ha imparato l'italiano. Una strada non semplice, ma in effetti Irina non è una donna che si perde d'animo, né che perde tempo se si rende conto che la signora Vita ha ingerito troppi sonniferi. E allora la salva, ma è abbastanza ruvida da non volerle dimostrare il suo affetto e giustificare il gesto con il fatto che, se la signora fosse morta, lei avrebbe perso il lavoro.
Perché Vita, in effetti, ci ha pensato tante volte: dopo che suo marito Massimo l'ha lasciata e si è trasferito a vivere nella loro vecchia casa a Roma, lei è caduta in una depressione che le serra la gola e domina le sue giornate. Neanche l'insegnamento le serve più di tanto, né il pappagallo che ha chiamato come suo marito (e che sarà ribattezzato da Irina Massimo-uccello per distinguerlo da Massimo-marito) sono d'aiuto.
Poi, un giorno sente suonare il campanello e trova un bambino: è il nipote di Irina. Ospitarlo finché non arriva la nonna pare il minimo, ma Vita non vuole un bambino per casa, perché tutto le ricorda suo figlio, Cicú, a cui indirizza ancora spesso lettere mai spedite.
Alternando i punti di vista di questi tre protagonisti, Viola Ardone ci racconta una storia contemporanea che parla di seconde possibilità. Sono cammini tortuosi, quelli che riguardano i tre protagonisti, perché ognuno ha almeno una perdita e una paura con cui fare i conti, ma questo non giustifica di rinunciare a priori a essere felici. Un percorso pericoloso – tanto concreto quanto interiore, di cui non possiamo dire altro – porterà Vita a combattere contro Orietta (il nome che attribuisce alla sua depressione), Irina a fare i conti con i suoi sensi di colpa per aver a lungo abbandonato Roman, Kostya a comprendere meglio il mondo degli adulti, che ai suoi occhi appare fin da subito complicato senza ragione.
Senza mai cadere nel retorico e stemperando di tanto in tanto il tono della narrazione con episodi ironici, Viola Ardone, già maestra nel mostrarci il mondo attraverso gli occhi di un bambino e attenta al tema della salute mentale, racconta tre storie del nostro presente profondamente umane, piene di sentimenti verosimili. Un tocco di speranza qui e là allevia le angosce dei protagonisti e li porta, nuovamente, a voler bene.
GMGhioni
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