in

La cronaca di un Paese che sta svanendo: il mondo dei fiori e dei salici di un'autore giapponese tra i più grandi del suo tempo

- -


 

Prima e dopo la stagione delle piogge
di Nagai Kafū
Marsilio, settembre 2025

Traduzione di Alberto Zanonato

pp. 224
€ 16 (cartaceo)

Vedi il libro su Amazon

Se solo quest'ultima si fosse comportata come lui voleva, Kiyo'oka non avrebbe dovuto subire la beffa di farsi scaricare da una geisha. Quel pensiero riattizzava nel suo cuore la sete di vendetta che temporaneamente aveva accantonato. Ciò che più lo faceva imbestialire di Kimie era che conduceva una vita interessante priva di preoccupazioni e che non sembrava particolarmente felice di essere l'amante di un letterato famoso al punto da essere sulla bocca di tutti. Dava l'impressione che se anche Kiyo'oka l'avesse lasciata, non ci sarebbe rimasta poi troppo male. Se invece fosse stata lei a interrompere la frequentazione con lui, senza dubbio ne avrebbe approfittato per trovare subito un altro uomo con cui rimpiazzarlo e avrebbe continuato a trascorrere i suoi giorni serena e senza pensieri. Non c'era nulla di peggio da gestire di una donna che mancasse di vanagloria e di avidità di denaro, interessata soltanto a vivere un'esistenza indolente e lasciva. Per farla soffrire, probabilmente non restava altro da fare se non provocarle del dolore fisico. (p. 154)

Kafū Nagai, pseudonimo di Sōkichi Nagai, pubblica questo romanzo nel 1931 su un mensile giapponese e l'uscita segna il suo ritorno nella scena letteraria del Paese dopo vari anni di silenzio. 
La stagione delle piogge in Giappone, chiamata tsuyu, va da giugno a metà luglio, dunque il titolo suggerisce che la storia di Kimie, la nostra protagonista, si svolga in un periodo relativamente breve.

Siamo a Tokyo, Kimie è una giovane dalle umili origini che si trasferisce in città per trovare la propria strada. Dopo una piccola (e lussuriosa) parentesi a casa di un'amica, Kyoko, che la introduce al mondo delle geisha e della prostituzione, diventa cameriera di un famoso café di Ginza, il Don Juan. Dire "cameriera" significa una cosa ben precisa, come ci spiega nella prefazione il curatore Alberto Zanonato

«All'inizio dell'era Showa (1926-1989), sulla scia del successo riscosso dal Café Printemps aperto nel 1911 dal pittore Matsuyama Shozo, i vivaci "café" all'occidentale, le cui cameriere sono in realtà prostitute di basso rango, godevano di un'impareggiata popolarità come luoghi di divertimento all'ultima moda, e Kafu vi si recava almeno tre o quattro volte al mese insieme a una ristretta cerchia di amici fidati con cui non mancava di ironizzare sulle differenze tra i caffè giapponesi e la loro controparte francese». (p. 13)

Dunque di fatto Kimie si prostituisce: ha svarianti clienti tra cui il vecchio Matsuzaki, l'imprenditore Yata e lo scrittore Kiyo'oka Susumu, il quale si renderà colpevole di varie vendette e ritorsioni nei confronti di Kimie. Perché?
Il romanzo si apre proprio con la giovane che decide di consultare un indovino per interrogarlo circa la cattiva sorte degli ultimi periodi (ignorando che la causa è lo stesso Kiyo'oka). L'uomo, celebre per la sua attività di scrittore (aggiungo, sottolineando l'opinione dell'autore stesso, "da quattro soldi"), è geloso della libertà sessuale della donna: la vede una sera in compagnia di Yata e non può ingoiare lo sdegno di vedersi soppiantato da un altro cliente.

Dovrebbe essere tutto sommato normale per una prostituta intrattenersi con uomini diversi, eppure Kiyo'oka - che rappresenta l'uomo moderno, fatuo, inetto e incapace di gestire le proprie emozioni (qui c'è una critica, e non è la sola, alla modernità e al panorama editoriale del Paese) - si ingegna per creare un sacco di problemi a Kimie, per ripicca e vendetta.

Kimie era estremamente disordinata, non sistemava mai e non aveva senso dell'economia, ma nonostante Kiyo'oka fosse ben consapevole che non amava indossare il kimono, non credeva che potesse curarsi così poco dei suoi vestiti. L'uomo aveva allora provato a chiudere il cadavere di un gattino nel suo armadio a muro mentre non era in casa, ma neppure questo sembrava essere bastato per intimorirla, e così, pur temendo di farsi smascherare, aveva intimato a Muraoka di scrivere una lettera a «La voce dei vicoli» riferendo del neo sull'interno coscia di Kimie. Questa mossa era sembrata destare finalmente una profonda inquietudine nel cuore della ragazza, e Kiyo'oka si era sentito intimamente ringalluzzito per essere riuscito a fargliela. Tuttavia, una volta aperti gli occhi su Kimie, più investigava riguardo alla sua vita e più cresceva la sua rabbia, tanto che era giunto a convincersi che il suo desiderio di vendetta non si sarebbe placato con qualche scherzo occasionale. In attesa dell'occasione perfetta per infliggere un dolore lacerante al corpo e allo spirito della ragazza, Kiyo'oka progettava di indurla ad abbassare la guardia mostrandosi ancora più innamorato di lei che in precedenza per non farle indovinare ciò che serbava nel cuore, ma per riuscirvi era costretto a frenare con tutte le proprie forze il risentimento che covava sotto al suo stato di calma che di quando in quando rischiava di trapelare inconsciamente dalle sue parole. (p. 121)

Kimie è una prostituta, è vero, ma non sembra turbata dalla sua professione: le piace andare a letto con uomini diversi, si diverte nei café, ama i regali dei suoi clienti, si compiace della sua bellezza. Più volte, nel testo, indugerà nel contemplare la sua giovinezza e il fatto che gli uomini la vedono come una femme fatale, dalla pelle candida e dal profumo irresistibile.  

Interessante è notare che, alla figura sfaccettata di Kimie - che rappresenta la donna "libera", ribelle e lasciva - si contrappone quella di un'altra donna, ovvero Tsuruko, la moglie di Kiyo'oka. Consorte perfetta, umile, silenziosa, gentile e istruita, sposa Kiyo'oka per amore, salvo rendersi conto poi di quanto poco valga come uomo e come marito. Eppure resta al suo posto. In questo contrasto tra lei e Kimie vediamo la costruzione di due topoi letterari: la prostituta e la santa. 
Ma le apparenze non devono ingannare, perché, nonostante le differenze fisiche e caratteriali palesi, le due donne hanno in comune molto più di quello che si pensi: entrambe lotteranno per la propria indipendenza, per la propria autoaffermazione, in una spinta quasi femminista che il testo assegna a tutte e due.

Le vite delle due donne sono scandite dalla stagione delle piogge: ogni volta che c'è un passaggio, un cambio, un'azione degna di nota, in città piove. 

Il romanzo – apprendiamo sempre nella prefazione – è in parte autobiografico, non solo perché Kafū era un assiduo frequentatore dei café e dei quartieri dei piaceri, ma anche la sua critica alla modernità, all'assunzione dei caratteri e delle mode occidentali da parte del Giappone senza rispetto per la tradizione, si traduce nei suoi testi nella preferenza per determinati tipi di argomenti e di soggetti che, secondo lui, rappresentavano lo spirito ancora vivo e pulsante del Paese: il karyukai, il mondo dei quartieri di piacere, con i suoi fiori (le prostitute) e i suoi salici (le geisha).

Quasi tutte le opere di Kafū sono appunto concentrate su questo tema e hanno per protagoniste o prostitute o geisha. Nella sua volontà di affermare che queste donne e il mondo in cui si muovono sono gli ultimi vessilli di un Giappone che sta scomparendo sotto l'omologazione ai modelli occidentali, Kafū è molto vicino alle istanze di Tanizaki, suo grande sostenitore. 
Kawabata, per contro, altro grande autore giapponese, gli andrà sempre contro.

Prima e dopo la stagione delle piogge è un romanzo a più livelli di lettura, ricco di dettagli, di descrizioni urbane e naturalistiche (e qui si avvicina a Zola, come testimonianza dell'amore per l'autore francese nei suoi primi anni da autore), di minuziose caratterizzazioni degli abiti, delle acconciature, delle espressioni delle protagoniste. La cronaca di un Paese che sta scomparendo, ed è forse questo il merito maggiore dei testi di Kafū, registrare il passaggio sottilissimo della trasformazione avvenuta in seguito alla restaurazione Meiji.

Deborah D'Addetta