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Ciò che emerge dalla laguna: "L'insalvabile" di Fulvio Ervas

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L'insalvabile

di Fulvio Ervas
Marsilio, 2025

pp. 336
€ 19 (cartaceo)
€ 10,99 (e-book)

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In una notte di superluna, una squadra di canottieri scivola silenziosamente sulle acque della laguna di Venezia. Quella che dovrebbe essere un’avventura, un po’ mistica un po’ goliardica, finisce nel dramma nel momento in cui i remi si incastrano in un corpo. Si tratta di un giovane uomo; indossa collant e una parrucca rossa, e i segni di un teaser fanno pensare a una morte diversa dall’apparente annegamento. A occuparsi dell’indagine è la squadra di Mestre, guidata dal commissario Finzi, un uomo integro e di poche parole, che riesce a vedere più in profondità di quanto non lasci sospettare con i suoi modi bruschi e le sue indicazioni perentorie. Tra i suoi collaboratori, la più coinvolta nel caso è l’ispettrice Luana Bertelli, che mette al servizio della causa un’ottima capacità di osservazione e un forte senso della giustizia.

Arrivano l'auto e gli addetti per caricare il corpo. Solo in quel momento, con l'adrenalina che cala, la Bertelli si emoziona: un buco pieno di vuoto le si apre tra i pensieri, un'amarezza, una rabbia. Ecco, quel vuoto va riempito. È questo ciò che sa fare bene. (p. 22)

In capitoli molto brevi, che si susseguono a ritmo sostenuto, Fulvio Ervas propone una rappresentazione realistica, che coglie la natura e il linguaggio ruvido di un certo Veneto, l’immaginario a tratti ristretto e politicamente scorretto, le beghe e le piccole inimicizie di un commissariato di provincia. Non ci vuole molto a comprendere (tanto per gli investigatori quanto per i lettori) che l’insalvabile è Venezia, soffocata dallo smog, snaturata dai turisti, dimentica di storia e tradizioni (“è l'orda turistica che la snerva, la consuma, le fa venire la demenza senile”, p. 68). Il morto, Tommaso Vianello, era un ricercatore ma anche un attivista ambientale, impegnato insieme agli amici a denunciare sul web, su un sito dal nome evocativo e non certo lusinghiero di “Pantegania”, le brutture della sua città. Nella ricostruzione progressiva che ne viene data, la sua visione appare idealistica, donchisciottesca. La sua irruenza senza scrupoli, il suo non aver paura dei potenti, potrebbero averlo portato a calpestare i piedi sbagliati. Questo, almeno, è ciò che pensano i suoi amici, ugualmente innamorati di una Venezia che forse non c’è già più.

«Capisci? Venezia sprofonderà, fra cinquant'anni, come una sorta di Atlantide diroccata. Lo sanno tutti quelli che la studiano. Ma nessuno si sta preparando. Tutti s'affrettano a mangiarla. E noi dovremmo lasciare che l'esempio di quanto si possa galleggiare aiutati dalla bellezza venga sbriciolato? Noi no!» (p. 210)

Luana è brusca, ma sensibile, e dà il meglio di sé quando può evadere dalle maglie strette della burocrazia investigativa. Da qui il suo modo particolare di procedere, che si muove tra le maglie del sistema, cercando di avvicinare in maniera informale chi ha conosciuto bene la vittima e creando un rapporto personale con la madre, che contatta tramite messaggi sul telefono, incontra da sola all’insaputa dei superiori, e a cui anticipa dettagli dell’indagine. Se l’intento è quello di avere informazioni più facilmente che in un colloquio in questura, il metodo non risulta però veramente efficace (Tommaso “s’era costruito un mondo a più piani, nemmeno la madre riesce ad aiutarci”, p. 103). Il compito di Bertelli si fa anzi più complesso perché inizia a lambire da vicino una delle famiglie più in vista di Venezia, costringendola a una prudenza che va stretta al suo carattere impulsivo.

Quando un delitto colpisce qualche disgraziato per mano di pari disgraziati, la giustizia può avanzare con il sole in fronte, fiera e persino tracotante; ma quando attorno a un corpo freddo s'addensano ombre proiettate dalle vette sociali o sotto le unghie della vittima sono rimaste non cellule epiteliali ma conti correnti o partite iva, la giustizia si fa più timorosa, agisce con calcolata circospezione e, quasi sempre, sussurra più che fare lo spelling a voce alta. (p. 118)

Questo la spinge a dar vita a un gruppo di lavoro collaterale e improbabile, con la collega-rivale Pellegrini e l’agente semplice Marchiori, che davanti a un’insalata e a un bicchiere di buon vino condividono le idee e cercano di dare una scossa a un caso che pare impanato tra le acque e i fanghi della laguna. Nel frattempo, la narrazione si diluisce in episodi collaterali che aiutano a comprendere il contesto esistenziale dei personaggi, ma non risultano davvero necessari (le visite di Luana al poligono, la notte a casa della madre di Marchiori, la sua amicizia con la vecchia maestra elementare, Dora…).

Solo quando la laguna restituisce un secondo corpo e la stampa inizia a gridare al serial killer, i dettagli della morte di Vianello iniziano a chiarirsi e Luana si rende conto di non aver lavorato nel modo corretto, di essersi affidata troppo alle intuizioni, e poco allo scavo (forse anche perché la vita la trascina in direzioni diverse e la spinge, anche in alcuni momenti salienti, ad assentarsi dalle indagini):

Non aveva allargato per bene il foro attorno alla vita recisa di Tommaso per scoprirne le radici, i lombrichi, la rete. Aveva seguito la vita che appare in superficie, dove abbondano bugie e recite, di Natale e di Pasqua. […] Sente che deve migliorarsi. (p. 239)

La storia si snoda, fino all’ultima pagina, attraverso una scrittura molto segmentata, a volte spiazzante per le scelte e gli accostamenti lessicali.

Il mister di famiglia, oltre alle attività che le aveva già indicato, pareva avere importanti relazioni nel mondo delle compagnie aeree e della ristorazione, prima e dopo il check-in, insomma un gaudente dei flussi turistici. (p. 53)

La Bertelli pensa a quanto dev'essere stata bella da giovane; lo è ancora, ma quel corpo slanciato, le gambe lunghe, due bambù, e il torace aperto, confidente, dita per flauti o ossa per pinne di delfino, sono doti non comuni che resistono al tempo. (p. 101)

Alla fine, senza voler svelare troppo della trama, per risolvere il caso aiuta più il lavoro di squadra - sostenuto da qualche utile colpo di fortuna - che lo sforzo di un singolo uomo (o, in questo caso, di una singola donna). Questo, del resto, sembra coerente con una vicenda che non vuole scimmiottare in nulla il genere hard-boiled, ma rivendica in maniera ferma la propria appartenenza regionale. Resta anche in sospeso qualche aspetto relativo alla vita privata e professionale dell’investigatrice Bertelli, che fa pensare che Ervas possa avere, in futuro, ancora qualche avventura in serbo per lei.

Carolina Pernigo